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In ambito religioso cristiano “Il glòria” è la forma abbreviata che indica la preghiera del “Gloria Patri”: “Gloria in excelsis Deo” (= Gloria a Dio nell’alto dei cieli) è l’inizio dell’inno liturgico. E’ anche detto “inno angelico”, si recita o canta nella prima parte della messa.
Modi di dire
"tutti i salmi finiscono in gloria", per significare che la conclusione è sempre la stessa (o anche chi parla dello stesso argomento);
"non tutti i salmi finiscono in gloria" metafora per dire che non tutte le imprese vanno a buon fine;
"alla fine del salmo si canta il gloria".
La gloria umana, a differenza della gloria divina, è effimera. Nel Salmo 49 (17 e seg.) si legge: “… Non temere se un uomo arricchisce, / se aumenta la gloria della sua casa. / Quando muore, infatti, con sé non porta nulla / né scende con lui la sua gloria”. (…)
La frase in lingua latina “Sic transit gloria mundi” (= così passa la gloria del mondo) la ripete per tre volte il cerimoniere davanti al pontefice neo-eletto, mentre fa bruciare un batuffolo di stoppa sopra una canna d’argento; la frase viene detta talora in tono scherzoso, con riferimento alla caducità delle cose umane.
Glorificare: questo verbo latino tardo è composto dal lemma “gloria” + tema di “facĕre (= fare). Rendere gloriosa una persona o un evento degno di gloria.
Nel linguaggio religioso: Dio glorifica i giusti; glorificare il nome di Dio, della Madonna, dei santi.
Nell’Antico Testamento il termine ebraico per indicare la “gloria” è “kabòd”, presente 200 volte.
Kabòd non allude alla fama ma al valore di un individuo o di una cosa.
kabōd, riferito a Dio, non ne indica l'essenza, ma il suo modo di manifestarsi: è lui che si fa conoscere nella sua gloria. È significativa in tal senso la frequenza con cui kabōd accompagna termini che indicano il vedere (Es 16,7; 33,18; Is 40,5) o l'apparire (Es 16,10; Dt 5,24; Is 60,1).
“…mentre Aronne parlava a tutta la comunità degli Israeliti, essi si voltarono verso il deserto: ed ecco la Gloria del Signore apparve nella nube” (Esodo 16, 10).
“La Gloria del Signore appariva agli occhi degli Israeliti come fuoco sulla cima del monte” (Esodo 24, 17).
Mosé disse a Dio: “Mostrami la tua gloria”. Dio gli rispose: “Tu non potrai vedere il mio volto, perché nessun uomo può vedermi e restare vivo” (Esodo 33, 18 – 20).
Questo dialogo tra Dio e Mosé è illuminante per comprendere il valore biblico del termine “gloria”: essa viene identificata col volto divino, con Dio e il suo svelarsi. Si fa riferimento al mistero divino, che può manifestarsi o rimanere celato, essendo trascendente.
Cantare la gloria del Signore significa confessare la fede nel suo mistero e riconoscerne la presenza efficace e salvatrice: “Date al Signore, figli di Dio, date al Signore gloria e potenza…Nel suo tempio tutti dicono: Gloria !” (Salmo 29, 1 – 9).
La gloria può provenire anche dalla ricchezza: infatti Abramo è detto "molto glorioso", perché possiede "bestiame, argento e oro” (Gen 13,2).
La gloria designa pure la posizione sociale occupata da una persona e l'autorità che essa le conferisce; così Giuseppe dice ai suoi fratelli: "Raccontate al padre mio tutta la gloria che io ho in Egitto" (Gen 45,13).
Nello stesso senso Giobbe, rovinato ed umiliato, può esclamare: "Egli mi ha spogliato della mia gloria!" (Gb 19,9; 29,1-20).