“L’amore è tutto”
“Che l’amore sia tutto è tutto quello che sappiamo dell’amore”, declamava la poetessa americana Emily Dickinson. "E questo perché l’amore è un mistero, il più fitto dei misteri, il più conturbante e chimerico. Quando meno te lo aspetti l’arcano squarcia la routine della tua esistenza e quasi si materializza.
Vedi un altro o un’altra e la scintilla, la divina, la segreta scintilla scocca e si sprigionano le fiamme, l’incendio divampa. Io non vedo che lei, che vede solo me. Un fluido magnetico emana dal nostro cuore palpitante, ansioso di assistere all’ineffabile prodigio.
Stavamo lontano e non ci eravamo mai visti. Ma ora, ora che ci siamo conosciuti, la vicinanza è il nostro ossigeno, il nostro balsamo. Ci parliamo con gli sguardi e i nostri occhi sono tutti per noi, solo per noi. Non vediamo gli altri e non c’interessa vederli. Un sovrano egoismo a due, indissolubilmente ci lega, o ce ne dà l’illusione.
Invadiamo, e ci invade, la sua anima. Quello che prima del fatale approccio non suscitava in noi alcuna curiosità, al fianco di una donna che ci era indifferente, che desideravamo senza amare, ora ci desta un interesse morboso. Soli in mezzo alla folla eravamo ancora più soli. Ora, soli, mano nella mano, lontano dalla folla, assaporiamo finalmente la compagnia. La più completa, la più coinvolgente.
Siamo felici di essere felici senza sapere perché. Ci promettiamo l’impossibile e reciprocamente ci giuriamo che mai tradiremo le reciproche promesse. Si dissolvono i mezzi toni, sopraffatti dai più imperiosi “mai” e “sempre”. Il telefono squilla e il cuore accelera i battiti. Il campanello suona e noi ci precipitiamo ad aprire, con le coronarie in subbuglio. E’ lei. La vediamo, le buttiamo le braccia al collo, ma lei ci ha già preceduto. Affondiamo nella squisita voluttà del sentimento e ne godiamo i brividi più forti. I nostri corpi si fondono e le nostre fantasie si confondono e ci confondono. Ma i protagonisti siamo sempre noi. Noi due soli. Soli con l’immensità di cui ci sentiamo faville creatrici.
Questo stato di grazia dura, ma non si perpetua in eterno. A un certo punto, per le stesse imperscrutabili ragioni che l’hanno fatto nascere, l’amore comincia ad affievolirsi.
Impercettibilmente, senza traumi. Ma fremiti intimi lo scuotono, inesorabilmente ne stemperano il vigore. Il sogno non è più tale e le prime ombre lo avvolgono nelle loro implacabili spire, inoculandoci il pestifero virus, prima della ritrosia, poi dell’indifferenza. Finché un giorno, un giorno funesto (la coppia non è più all’unisono: uno è saturo, l’altro o l’altra non si rassegna) il colpo di cenere, la consapevolezza che l’incanto si è spezzato e nulla può rianimarlo, restituirgli la potenza e la fragranza.
Ci si vede e non ci si vorrebbe più vedere: o per risentimento e rancore o perché nulla più fermenta in noi. La beatitudine reciproca è svanita. Non resta più nulla. In lei o in lui solo sconforto e odio. In lui o in lei, sospiri di liberazione, non scevri nei più sensibili, di transeunti rimorsi; nei più aridi e cinici, nessun senso di colpa, di cui l’amore successivo, propizierà l’oblio”.
Aforisma: “L’amore non tollera nemmeno i fantasmi immaginari e infondati del tradimento”.
(Roberto Gervaso, riproposizione del testo dal quotidiano “Il Messaggero”, 7 agosto 2022, pag. 18)