Laura
Quarta corsia
Fui sincero da subito. “Mi hanno colpito i tuoi occhi azzurri e la tua presenza. Non passi inosservata, signora o signorina che tu sia.” “Signora, mamma e moglie.” Replicò diretta Laura, non sorprendendosi delle mie ammissioni sul suo aspetto. “Anche tu hai una discreta figura.” Ammise Laura, aggiungendo “E il tuo nome?”. Mi presentai velocemente, aggiungendo di essere marito e padre anch’io. “Non mi vergogno però con questo nel volerti conoscere.” Laura con una di quelle risposte secche e dirette, che imparai ben presto a conoscere, rispose: “Mica è un peccato. Ci è forse proibito o impedito? "Il dialogo era oramai più che amichevole tra noi. Non mi pareva vero, senza troppi sforzi, voluto e condiviso da entrambi. Laura continuò: “Dario, lo sai che sei di una sfacciataggine unica e altrettanto imbranato con le donne? Di solito non mi fido di nessuno al primo impatto, anche se mi lavora accanto o meglio di fronte.” Questa sua sottile ironia mi dette al momento di che pensare. Indirizzai però il discorso su altro, il motivo per cui ero arrivato alla filiale del centro commerciale, accettando la riorganizzazione interna alla mia banca, l’imposto trasferimento nonostante la minor comodità e orari più lunghi. Espressi la mia contrarietà al tutto, ma il lavoro mi era necessario. “Io invece sono tornata al lavoro dopo che i figli sono cresciuti. Ho sempre fatto la commessa ma in piccole realtà. Ho ripreso e accettato attraverso un’agenzia interinale, poi mi hanno proposto di passare fissa. Qui è tutto molto più complesso, pianificato spesso incongruente nei compiti. I miei turni non sono mai regolari, spezzati o interi che siano.” Un suo disappunto sulla flessibilità richiesta era evidente. Successivamente parlammo delle nostre famiglie, di figli e in parte, dei rispettivi partner. Intuii però che qualcosa non funzionava al meglio per Lei come per me sull’ultimo aspetto. Non approfondimmo l’argomento, visto che Laura aveva iniziato a osservare più volte l’orologio sul telefonino. Immaginavo al pari mio, avesse anche altro da fare o impegni in attesa. Notai che come me non portava la fede al dito. Mi proposi così di accompagnarla alla sua auto, dopo aver pagato le consumazioni. Continuando i nostri discorsi lungo il tragitto tra i vari negozi e corridoi, ci ritrovammo davanti alla sua utilitaria nel parcheggio dipendenti, salutandoci come due vecchi amici. La guardai partire per uscire sulla statale, non senza notare ancora il suo sguardo verso di me attraverso il specchietto retrovisore. Raggiunsi la mia auto, ora mi accompagnava una sorta di soddisfazione ed emozione, sconosciuta da tempo.