Il filosofo Friedrich Nietzsche nel suo libro titolato “La genealogia della morale”, pubblicato nel 1887, contrappone la “morale dei signori e la morale del gregge o degli schiavi” (Hegel distingue tra la morale del signore e quella dei servi; Marx, invece, tra oppressori e oppressi) e indaga sull’origine della morale per criticarne il valore oggettivo.
In questo testo Nietzsche disserta su “Buono e malvagio, buono e cattivo”, “Colpa, cattiva coscienza e simili”, “Che significano gli ideali ascetici”.
Nell’incipit scrisse: “Siamo ignoti a noi medesimi, noi uomini della conoscenza, noi stessi a noi stessi: è questo un fatto che ha le sue buone ragioni. Non abbiamo mai cercato noi stessi - come potrebbe mai accadere, un bel giorno, di trovarsi ?” (Nietzsche, Prefazione, I).
Penso che ogni individuo adulto si chieda il “senso della vita” nell’immensità del cosmo, nel susseguirsi dei giorni, degli anni.
Cosa sono io, minuscolo essere nello spazio siderale ? Anche se la scienza spiega molte cose, c’è sempre un “oltre”, che non si cela solo nell’universo ma anche nel “mikròs kòsmos”, così venne definito l’individuo dal filosofo Democrito nel V – IV sec. a. C.. Era la medesima sapienza classica che coniava allora il noto appello “gnòthi seautòn” (= “conosci te stesso”), inciso - si narra - sul frontone del tempio dedicato ad Apollo, a Delfi.