Nell'antichità il corvo imperiale veniva venerato come essere superiore da alcune popolazioni del Nord Europa. Fu scelto come emblema tutelare delle tribù e dei clan.
Quelle germaniche e scandinave gli attribuivano un’intelligenza superiore e il dono della divinazione.
Dagli Scandinavi fu considerato consigliere di Odino: il re degli dei della mitologia norrena e principio dell’universo.
Odino era denominato Wotan dai Germani.
Il “corvo imperiale” fu scelto come protettore dei marinai e dei guerrieri: prima della battaglia alcuni di loro ne mangiavano la carne o ne bevevano il sangue, pur di ricevere il suo aiuto durante la mischia nel combattimento.
Il corvo imperiale può raggiungere la lunghezza di circa 80 cm, il peso superiore ai 2 chili e l’apertura alare di circa 2 metri.
Il piumaggio nero, il suo gracchiare, le credenze e i riti, a volte associati all’idolatria, finirono nel “mirino” della Chiesa che lo ostracizzò.
Per eliminare i corvidi, prelati, teologi e autorità usarono due strategie, utilizzate assieme o separatamente.
La
prima strategia consistette nel Nord Europa nell’uccisione dei corvi imperiali perché venerati.
Per eradicare i culti pagani vennero eliminati anche altri tipi di corvidi.
Ovunque la religione cristiana tentò di sopprimere i culti antichi, o almeno di sovrapporsi ad essi.
Oltre ai corvi vennero abbattuti migliaia di orsi.
La
seconda strategia della guerra al corvo era basata sulla Bibbia e sugli scritti di alcuni Padri della Chiesa.
A quest'animale venivano attribuiti alcuni vizi.
Agostino, vescovo d’Ippona, nel gracchiare del corvo credeva di udire le parole latine “cras, cras” (= domani, domani). Considerava questo uccello nero l’immagine del vizioso che rimanda sempre a domani il pentimento, la confessione e la penitenza. Questa interpretazione fu ripresa poi dagli autori dei Bestiari medievali. In questi testi il corvo è considerato necrofago; quando si dedica a un cadavere, comincia sempre dagli occhi, per raggiungere facilmente il cervello, sede del pensiero e dell’anima. Così facendo agisce come il diavolo, che ci abbaglia con le sue tentazioni per catturare agevolmente la nostra anima.
Richard de Fournival (1201 circa – 1260 circa) fu il solo autore di Bestiari a non considerare il corvo che cava gli occhi l’incarnazione del diavolo ma un’immagine dell’amore, che è altrettanto perfido e crudele come Satana.
De Fournival scrisse: “
Il corvo ha una tendenza naturale che evoca l’Amore. E’ l’unico animale ad essere dotato di tale proprietà. Questa natura fa sì che quando trova un uomo morto, la prima cosa che divora sono gli occhi. Da lì estrae il cervello; e più ce n’è, più ne prende. Così succede anche per l’Amore: fin dal primo incontro l’uomo è catturato dagli occhi, perché l’Amore non si sarebbe mai impadronito di lui, se non avesse guardato la donna. Sono stati i suoi occhi a catturarlo”. Le Chiesa demonizzò il corvo e nel contempo diffuse l’aquila come simbolo cristologico.
Il Vangelo secondo Giovanni è simboleggiato da un’aquila. Questo testo ha una visione spirituale e teologica di Dio; famoso è il prologo, costituito dai primi 18 versetti. 1, 1: "In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio …”.
Il biblista, traduttore e teologo cristiano Girolamo (meglio conosciuto come san Girolamo, 347 – 420), Padre e dottore della Chiesa, considerava il tetramorfo la sintesi del mistero cristiano e l’aquila il simbolo dell’Ascensione di Gesù Cristo.