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L’amor cortese, capace di elevare spiritualmente l’uomo e renderlo … “schiavo” della donna.
L’amor cortese aveva le sue regole. Veniva espresso dai “trovatori”, poeti provenzali, autori e compositori, da non confondere con i giullari che erano gli esecutori, due funzioni nettamente distinte e stimate anche in modo differente. Comunque anche i compositori potevano declamare i loro versi.
Tra di essi, c’erano pure le donne, poetesse e compositrici di melodie, donne colte, appartenenti all’aristocrazia, altamente considerate, abili nella conversazione arguta, padrone delle regole della poesia, della musica e della danza.
Immaginate dunque queste corti: ogni castello ha la sua signora che domina sulla schiera di cavalieri, scudieri, vassalli; su di lei si polarizzano i sogni, gli omaggi fervidi ma sempre deferenti, a volte sono in codice.
Nell’amor cortese c’è erotismo e concezione spirituale della donna amata.
Il culto della donna, vista dall'amante come un essere sublime. Il poeta con i suoi versi ne esalta la dolcezza del viso e della voce, ne loda le virtù, osserva ogni atteggiamento e comportamento che diviene simbolo di grazia, eleganza, superiorità.
La femminilità è esaltata come forza morale, spirituale e nobilitante.
Rispetto alla donna amata l’uomo si sente inferiore, e a lei si sottomette come umile servitore
(queste parole sono musica soave per le donne del nostro tempo). Il rapporto fra i due sessi è definito "servizio d'amore" e si attua con l’obbedienza ai voleri della donna.
Si tratta dunque di un amore in cui il rapporto tra l'uomo e la donna è simile a quello intercorrente tra il vassallo e il suo signore. I valori di lealtà, fedeltà, onore, merito, valore, debbono esserci anche nel rapporto tra il cavaliere e la dama.
Il desiderio che tiene viva la fiamma dell’amor cortese è un desiderio inestinguibile, persino la gelosia viene lodata come “nutrice dell’amore”.
Il desiderio di unione fisica con l’amata non è soltanto desiderio di piacere voluttuoso, anche se nelle poesie trobadoriche ci sono quelle sensuali, a volte oscene, e altre spirituali.
Anche se non soddisfatto, il desiderio sessuale è sempre piacevole perché esso si nutre di sé stesso. L’erotismo è presente nel gioco degli sguardi o nello sfiorarsi le mani.
La mente del poeta, come quella di alcuni dei protagonisti dei romanzi cavallereschi, è sempre occupata dall’immagine di lei, il cuore è palpitante di gioia all’idea del prossimo incontro, o è invaso dal timore di non rivederla.
Gli studiosi hanno individuato un susseguirsi di fasi che scandiscono il ritmo delle emozioni e dei sentimenti: si comincia con l’attrazione che colpisce come un dardo; il tramite privilegiato sono gli occhi e il loro sguardo; il poeta-amante adora la donna, ma cela la sua infatuazione, fin quando non trova il coraggio di dichiarare la sua devozione all’amata. Lei inizialmente rifiuta sdegnosa, ma lui non si scoraggia e continua a corteggiarla giurandole eterna fedeltà, così finalmente lei, colpita dalla sua tenacia, si degna d’ascoltarlo. E’ un inizio, lui desidera possederla, ma il suo desiderio rimane insoddisfatto, si lamenta, soffre fisicamente le pene del suo mal d’amore, si "distrae" compiendo gesta eroiche e di valore, vincendo così la ritrosia dell’amata che in alcuni casi ricambia l’amante, e allora iniziano avventure e sotterfugi per evitare di essere scoperti.