Autore Topic: Bartholomaĩos  (Letto 818 volte)

Doxa

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Bartholomaĩos
« il: Agosto 10, 2020, 18:59:05 »
Bartholomaĩos è il nome in ebraico di Bartolomeo, uno dei 12 apostoli. Con questo nome è denominato nei Vangeli sinottici. In Italia lo conosciamo come San Bartolomeo; la Chiesa cattolica lo commemora il 24 agosto.
 
La leggendaria tradizione narra che fu ucciso e poi gli fu tolta la pelle dal corpo.

Nei dipinti viene di solito raffigurato mentre subisce il supplizio o con un coltello in mano.

Michelangelo Buonarroti nel “Giudizio Universale” che affrescò nella Cappella Sistina, in Vaticano, raffigura san Bartolomeo con la propria pelle in mano.



Michelangelo Buonarroti, Cappella Sistina, “Giudizio Universale”:  San Bartolomeo con la mano destra sorregge un coltello, con la mano sinistra mostra l’afflosciata pelle che avvolgeva il proprio corpo prima dello “scorticamento”. Il volto sulla pelle forse è l’autoritratto di Michelangelo.


 

Nell’ambito scultoreo è nota la statua dedicata a “San Bartolomeo scorticato”, realizzata  nel 1562 da Marco d’Agrate (allievo di  Leonardo da Vinci) ed esposta all'interno del  duomo di Milano.



Il santo è rappresentato scorticato vivo con la Bibbia in mano. L'opera è caratterizzata dalla precisione anatomica con cui viene reso il corpo umano privo della pelle, che è scolpita drappeggiata attorno al corpo. La pelle della testa penzolante è sulla schiena.
 
Ai piedi della statua c'è incisa questa breve scritta: “Non me Praxiteles, sed Marcus finxit Agrates”. Lo scultore lombardo, con ironia, presumeva che la statua da lui realizzata potesse essere attribuita per stile e maestria a Prassitele, uno dei più abili e famosi scultori ateniesi, vissuto dal 400 a. C. circa al 326 a. C. circa.

Fino al XIII-XIV secolo l’apostolo Bartolomeo veniva rappresentato vestito,  con libro e coltello nelle mani, in allusione al Vangelo  e al presunto martirio patito.

Dal Rinascimento si accentuò la raffigurazione del  suo supplizio, mentre l’iconografia del santo con la propria pelle staccata dalla carne comincio con Michelangelo, che, come suddetto, così lo rappresentò nel Giudizio Universale della Cappella Sistina in Vaticano.

Una precedente versione del supplizio di San Bartolomeo fu eseguita da Marco d'Agrate nel 1556. La statua è collocata sulla facciata della Certosa di Pavia, dove l’artista lavorò a lungo realizzando molte statue.
« Ultima modifica: Settembre 09, 2020, 11:12:51 da Doxa »

Doxa

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Re:Bartholomaĩos
« Risposta #1 il: Agosto 10, 2020, 21:36:19 »
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“La pelle” è anche il titolo del romanzo elaborato dallo scrittore Curzio Malaparte,  pubblicato nel 1949. E’ ambientato in gran parte a Napoli negli anni dal 1943 al 1945. Pone in risalto l’ingenuità dei soldati americani nella città e la corruzione, la disperazione degli italiani sconfitti.

Nel 1950 il libro venne condannato dal  Vaticano e messo all’Indice dei libri proibiti (Index Librorum Prohibitorum).
 
Da questo romanzo nel 1981 la regista Liliana Cavani trasse la sceneggiatura per l’omonimo film: “La pelle”, che è  anche l’organo più esteso del nostro corpo: ci protegge dagli urti, cicatrizza le ferite, elimina alcune sostanze tossiche attraverso i pori, regola l’idratazione e la temperatura del corpo. E’ una carta geografica emotiva: impallidisce, arrossisce; è vulnerabile (lividi); si ammala (psoriasi e altro).

La pelle custodisce i peli, le ghiandole sebacee e sudoripare, le unghie. Nei polpastrelli le impronte digitali nascondono e rivelano la nostra unicità.

L’epidermide può essere violentata con il “self cutting”, l’autolesionismo, diffuso nell’anamnesi di personalità “borderline”: tagliarsi o bruciarsi le braccia o altre parti del corpo, nel tentativo di alleviare la sofferenza mentale col dolore fisico.

La pelle riceve brividi, carezze, baci. Infatti “Furono baci e furono sorrisi / poi furono soltanto fiordalisi / che videro con gli occhi delle stelle / fremere al vento e ai baci la tua pelle”: dal testo della “Canzone  di Marinella”, cantata da Fabrizio De André. Questo cantautore in un'intervista con il giornalista Vincenzo Mollica, raccontò l'episodio a cui è ispirata la “Canzone di Marinella”:

“É nata da una specie di romanzo familiare applicato ad una ragazza che a 16 anni si era trovata a fare la prostituta ed era stata scaraventata nel Tanaro o nella Bormida da un delinquente. Un fatto di cronaca nera che avevo letto a quindici anni su un giornale di provincia. La storia di quella ragazza mi aveva talmente emozionato che ho cercato di reinventarle una vita e di addolcirle la morte.

Sono legato a questa canzone perché, indipendentemente dal suo valore, trovo che ci sia un perfetto equilibrio tra testo e musica, diciamo che sembra quasi una canzone napoletana scritta da un genovese.
Nel momento in cui Mina negli Anni Sessanta cantò 'La canzone di Marinella' determinò anche la mia vita. Scrivevo canzoni da sette anni, ma non avevo risultati pratici e quindi avevo quasi deciso di finire gli studi in legge. A truccare le carte è intervenuta lei cantando questo brano; con i proventi SIAE decisi di continuare a fare lo scrittore di canzoni e credo sia stato un bene soprattutto per i miei virtuali assistiti. Ci vuole proprio un bel coraggio a cantare con Mina 'La canzone di Marinella' perché la sua voce è un miracolo”.

“Canzone di Marinella”

Questa di Marinella è la storia vera
Che scivolò nel fiume a primavera
Ma il vento che la vide così bella
Dal fiume la portò sopra a una stella

Sola e senza il ricordo di un dolore
Vivevi senza il sogno d'un amore
Ma un re senza corona e senza scorta
Bussò tre volte un giorno alla tua porta

Bianco come la luna il suo cappello
Come l'amore rosso il suo mantello
Tu lo seguisti senza una ragione
Come un ragazzo segue l'aquilone

E c'era il sole e avevi gli occhi belli
Lui ti baciò le labbra ed i capelli
C'era la luna e avevi gli occhi stanchi
Lui pose le sue mani sui tuoi fianchi

Furono baci e furono sorrisi
Poi furono soltanto i fiordalisi
Che videro con gli occhi delle stelle
Fremere al vento e ai baci la tua pelle

Dicono poi che mentre ritornavi
Nel fiume chissà come scivolavi
E lui che non ti volle creder morta
Bussò cent'anni ancora alla tua porta

Questa è la tua canzone, Marinella
Che sei volata in cielo su una stella
E come tutte le più belle cose
Vivesti solo un giorno, come le rose
E come tutte le più belle cose
Vivesti solo un giorno come le rose.
« Ultima modifica: Agosto 10, 2020, 21:38:42 da Doxa »

mr.blue

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Re:Bartholomaĩos
« Risposta #2 il: Ottobre 09, 2020, 16:53:15 »
Grazie per la condivisione Doxa, scarico un estratto del romanzo di "Curzio Malaparte" per una lettura.

Il primo capitolo è molto profondo e dà uno spaccato dell'immediato dopo guerra. Riporto una frase:
"[...]era proprio finita bene per noi, quella stupida guerra. Non poteva certo finir meglio. Il nostro amor proprio di soldati vinti era salvo: ormai combattevamo al fianco degli alleati, per vincere insieme con loro la loro guerra dopo aver perduto la nostra, ed era perciò naturale che fossimo vestiti con le uniformi dei soldati alleati ammazzati da noi."

In una frase si racchiude il succo di una Guerra che abbiamo perso e dove abbiamo fatto appena in tempo a svicolare al lato dei vincitori.
« Ultima modifica: Ottobre 09, 2020, 17:01:55 da mr.blue »