Racconto. Tra sogno, realtà e molta fantasia. 2a parte.
Anche il secondo e il terzo giorno continuò la tempesta e noi restammo chiusi nella capanna a coccolarci e fare l’amore. Mi aveva detto che aveva la spirale e quindi non essendoci rischio di gravidanza abbiamo dato ampio sfogo alla nostra passione. Sono stati tre giorni di luna di miele tutto sesso e coccole.
È vero che avevamo fame in quanto non c’era nulla da mangiare né dentro, né fuori e per bere raccoglievamo l’acqua piovana in un recipiente che avevamo trovato. Ma per tutto il tempo non abbiamo smesso di fare sesso peggio di due conigli.
Il quarto giorno la pioggia aveva smesso di cadere e anche il vento si era parzialmente calmato. Uscimmo nudi, in quanto dentro la capanna eravamo rimasti nudi per tutto il tempo. Quando fummo fuori ce ne rendemmo contro e ci mettemmo a ridere. Rientrammo e indossammo gli slip dei costumi, il suo reggiseno non era utilizzabile.
Esplorammo il terreno attorno alla capanna. Non c’erano alberi da frutta e il viottolo che avevamo preso al nostro arrivo portava solo alla capanna, non andava oltre. Sicuramente i pescatori che usavano la capanna venivano dal mare.
Ci dirigemmo verso il mare e arrivammo alla spiaggia che era molto lunga e poco larga. A ridosso della sabbia c’erano le rocce e dietro queste il terreno incolto con alberi sparsi e macchie di rovi ed erbacce. Nessuna traccia di vita umana o animale.
Dissi a Daniela che i soccorsi potevano arrivare solo dal mare o dal cielo e quindi era necessario fermarsi tutto il giorno sulla spiaggia, al calar del sole saremmo tornati alla capanna. Il sole non era ancora alto e quindi ci mettemmo ad esplorare la spiaggia. Alla nostra sinistra era poco estesa, un costone di roccia la delimitava e impediva di vedere oltre. Al largo di questo promontorio si vedevano gli scogli contro i quali la nostra barca aveva fatto naufragio. Decidemmo di esplorare l’altro lato della spiaggia che era più esteso.
Camminavamo tenendoci per mano ed ogni tanto ci abbracciavamo e ci baciavamo. La striscia di sabbia finiva dove un altro promontorio di roccia si inoltrava nel mare e impediva di vedere oltre. Cercammo di esplorarlo e ne tentammo la scalata. Ma ci rendemmo conto che sarebbe stata un’impresa ardua e la roccia dava la sensazione che si estendesse parecchio e non ci fosse spiaggia oltre.
Ridiscendemmo e tornammo indietro lungo la spiaggia dopo aver fatto ancora una volta l’amore, questa volta in piedi, in un anfratto tra le rocce per ripararci dal sole.
Anche se la tempesta era passata il mare era molto agitato, erano le onde residue che andavano smorzandosi.
Mentre tornavamo indietro ad un tratto in lontananza notai un punto nero al largo degli scogli del naufragio. Mi fermai e osservai con attenzione. Forse era una barca di pescatori. Lo indicai a Daniela e ci mettemmo a correre per avvicinarci il più possibile e farci notare.
Era una barca che veniva nella nostra direzione costeggiando la riva. Noi le correvamo incontro e contemporaneamente agitavamo le braccia per inviare dei segnali. La barca continuava a venire nella nostra direzione costeggiando la riva. Ad un certo punto notammo che una persona a bordo si mise ad agitare le braccia. Ci avevano notato e venivano verso di noi.
A questo punto ci fermammo e ci abbracciammo … ci avevano visto … eravamo salvi!
La barca si avvicinava, a bordo c’erano tre uomini, uno stava a prua e guardava chiaramente nella nostra direzione, ogni tanto faceva cenni con le braccia. Lo identificai anche se erano ancora lontani: era Michele. Lo dissi a Daniela. Ebbe un sussulto di gioia. Avevamo corso ed eravamo stanchi, ci fermammo ad attenderli mentre la barca, che andava a motore si avvicinava rapidamente.
Ci guardammo in faccia e solo in quel momento ci rendemmo conto che Daniela aveva il seno tutto nudo.
Giunta alla nostra altezza la barca si diresse perpendicolarmente verso la riva e si arenò con la prua sulla spiaggia. Michele saltò giù, mentre gli altri due tiravano a riva la barca per non farla travolgere dalle onde.
Padre e figlia si abbracciarono. Mentre si distaccavano Daniela disse a suo padre “Lui mi ha salvato la vita …” Io e Michele ci abbracciammo.
“Siete tutti salvi?” chiesi io. “Sì, tutto a posto! Salite presto in barca che torniamo subito indietro. Il tempo potrebbe cambiare.” disse Michele.
Aiutammo Daniela a salire in barca e poi assieme ai due pescatori la facemmo scivolare nuovamente in acqua. Ci imbarcammo tutti e ripartimmo. Sulla barca mi resi conto che il mare era più brutto di quanto appariva da terra.
Il motore andava al massimo, ma la barca rispetto alla terra si muoveva lentamente. Significava che avevamo la corrente contraria.
Finalmente riuscimmo a superare il promontorio con gli scogli dove avevamo fatto naufragio e la barca cominciò a correre più velocemente, la corrente ora ci era favorevole ed era anche abbastanza forte. Era questo il motivo per cui Michele non era riuscito a controllare la nostra barca durante il naufragio. Ma forse quella stessa corrente li aveva aiutati a raggiungere la riva dell’altra isola che distava qualche centinaio di metri.
Guardando attorno vidi che, perpendicolarmente alla spiaggia dove eravamo noi, nella nostra isola c’era un’altra spiaggia. Mentre la osservavo con attenzione Michele mi disse “L’abbiamo percorsa tutta, avanti e indietro alla vostra ricerca”. Feci cenno di sì con la testa. Pensavo che eravamo stati fortunati a raggiungere la spiaggia dove ci eravamo salvati. Sarebbe stato parecchio difficoltoso raggiungere questa che ora osservavo.
“Siete rimasti tutti e tre insieme fino alla riva?” chiesi io.
“Si, per fortuna.” rispose Michele. Pensai quanto fosse importante saper nuotare bene.
Non sprecavamo le parole … Eravamo ancora sotto shock. Daniela seduta accanto a me poggiava la sua spalla contro la mia. Mi resi conto che lei non aveva ancora superato la paura e in quel momento la barca era sballottata dal mare. Le misi un braccio sulle spalle, la strinsi a me e le sorrisi guardandola in viso per darle coraggio e indicandole la spiaggia verso cui eravamo diretti che ormai era vicina. Michele vide la scena e rivolse subito lo sguardo altrove. Immagino che capì tutto. O comunque ebbe conferma di quello che sicuramente aveva immaginato.
“Avete toccato terra qui?” chiesi a Michele indicando la spiaggia. “Sì, ma il villaggio è ancora distante almeno quattro chilometri”. La barca nel frattempo proseguiva il suo cammino costeggiando la riva.
Andando avanti ad un tratto notai che la spiaggia formava una insenatura che doveva essere piuttosto profonda, protetta dal nostro lato da alcuni scogli e all’altra estremità da un promontorio di roccia molto pronunciato. Immaginai che doveva essere un buon riparo ed anche un buon approdo. Ma non era segnalato sulle carte nautiche oppure io non lo avevo notato.
Superati gli scogli vidi l’insenatura abbastanza profonda e sul fondo alcune capanne in legno certamente di pescatori, assieme a delle barche tirate a riva e delle persone sulla spiaggia.
Avvicinandoci ancora la mia attenzione fu attratta da due figure che uscite dalla boscaglia si dirigevano correndo verso la riva. Le osservai con attenzione e intuii che dovevano essere mia moglie e Marta la moglie di Michele.
Le feci notare a Daniela che cambiò subito espressione e si rasserenò. Anche Michele le aveva notate. Lo guardai in maniera interrogativa e lui mi rispose di sì con un cenno ripetuto della testa.
Avvicinandoci alla riva le loro figure divennero chiare. Notai che mia moglie era in ottima forma. Sapevo che quando facevamo sesso lei rifioriva. Non potei fare a meno di collegare questa sua ottima forma ad un soddisfacente rapporto con Michele.
Appena sbarcati ci furono calorosi abbracci di tutti con tutti. Anche le persone, uomini, donne e ragazzi che erano sulla spiaggia intorno a noi mostravano la loro gioia e gesticolavano parlando in greco. Non capivamo le loro parole ma era evidente che si rallegravano per il fatto che eravamo sani e salvi.
“Abbiamo fame!” dissi appena cominciarono a rallentare gli abbracci. Ci condussero verso l’interno, oltre la boscaglia che delimitava la spiaggia, e qui notai il villaggio: non più di una ventina di casette basse in muratura sparse e separate da viottoli in terra battuta e della terra coltivata attorno.
Ci fecero entrare in una di queste case e trovammo una tavola apparecchiata con del cibo che, anche se non sapevo cosa era, emanava un buon profumo, d’altra parte io avevo una fame da lupo.
Fummo subito invitati a sederci e cominciarono a servirci e ad invitarci a mangiare con gesti e con parole che non comprendevamo, ma delle quali immaginavamo il significato.
Nel frattempo arrivò uno che parlava un poco di italiano. Ci informò che via telefono aveva informato la polizia che eravamo tutti sani e salvi. Ci disse che la capitaneria era a conoscenza sia del nostro SOS, come pure del nostro naufragio, ci informò anche che sarebbe venuta una motovedetta per prelevarci.
Finimmo di pranzare e andammo a riposarci in quanto eravamo molto stanchi e stressati. Michele e Marta erano ospitati da una famiglia la quale aveva loro fornito una stanza. Un’altra famiglia aveva dato ospitalità a mia moglie e lì avrei alloggiato anche io. Una terza sistemazione era stata trovata per Daniela.
Mi coricai e dormii come un sasso per diverse ore. Quando mi svegliai mia moglie era già alzata e seduta su una sedia. Aveva una tunica addosso che le era stata fornita dalla stessa famiglia. Mi stirai, mi alzai, mi rinfrescai e sedetti vicino a mia moglie.
“Ti devo parlare” le dissi e lei alzò lo sguardo per prestarmi attenzione. Feci alcuni secondi di pausa per trovare le parole adatte e poi dissi “Durante questi giorni io e Daniela abbiamo fatto l’amore”. Fece più volte cenno di assenso col capo, ma non profferì parola. Dopo diversi altri secondi di silenzio le chiesi “Tu hai da dirmi qualcosa?” “È meglio che te lo fai raccontare da Michele” rispose.
In verità sapevo cosa aspettarmi; era chiaro che avendo fatto per primo la confessione, avrei accettato senza sollevare obiezioni qualsiasi sua confessione. Comunque le dissi “Va bene. Però dillo tu a Michele di parlare con me”. Assentì nuovamente con dei cenni del capo.
Più tardi, mentre eravamo tutti assieme, Michele mi fece un cenno del capo e capii che dovevo seguirlo. Ci allontanammo e quando fummo in un luogo appartato cominciò a parlare. “Alcuni anni dopo il nostro matrimonio con Marta abbiamo preso la decisione di costituire una coppia aperta, ma contemporaneamente avremmo fatto di tutto per tenere unita la famiglia … C’erano degli amici nel nostro gruppo che avevano già fatto una scelta di questo tipo … Spero che tu mi capisca …”. E mi guardava in viso.
Avevo sentito già in precedenza delle voci in merito a questo argomento su Michele e Marta, ma non vi avevo dato importanza in quanto il mio concetto è che ciascuno è libero di fare ciò che ritiene opportuno ed a me non deve interessare. Assentii, ma poi chiesi “Le tue parole sono un invito acciocché anche io e mia moglie prendiamo una decisione analoga? …”. “È una decisione che riguarda solo voi …” rispose. Al che io aggiunsi “Questa regola vale anche per tua figlia Daniela?” “Sì – rispose – vale anche per lei …” ma notai un senso di amarezza nelle sue parole.
Passeggiammo ancora un poco in silenzio e poiché non c’era più nulla da aggiungere ci voltammo e ci riunimmo agli altri.
La sera a letto parlai con mia moglie “Michele mi ha spiegato che loro sono una coppia aperta … ma che hanno l’obiettivo prioritario di tenere unita la famiglia …” Lei taceva, così aggiunsi “Penso che tu eri al corrente di questa loro decisione …” e poiché lei taceva ancora aggiunsi “Dimmi sì o no …” Rispose di “sì”.
Tacqui per un po’. Poi dissi “Pensi che sia il caso che anche noi prendiamo una decisione analoga?” e poiché lei taceva aggiunsi “È una decisione che va presa in due. Io, se tu sei d’accordo mi trovo anche d’accordo … forse quando uno entra in crisi è un diversivo che può risolvere la situazione … forse anche agendo con chiarezza si creano meno problemi … forse, infine, se uno in alcuni momenti ha bisogno di un sesso più coinvolgente o anche nuovo può essere una soluzione che non scombina la famiglia …”.
E poiché lei taceva ancora aggiunsi “Per me è importante che si conservi l’unità della famiglia almeno fino a quando i ragazzi diventano maggiorenni.”
Mi misi a sedere sul letto e guardandola direttamente in viso ribattei “Allora quale è il tuo pensiero?” Finalmente si scosse e disse “Se per te va bene, va bene anche per me”.
Volli precisare ulteriormente “Anche sull’impegno di tenere unita la famiglia finché i ragazzi diventano maggiorenni?” Rispose “Sì”.
Mi rendevo conto che quello che in quel momento la rodeva, anche se non aveva il coraggio di esternarlo, era il mio rapporto con Daniela, così volli aggiungere “E sei anche d’accordo che tutto ciò non debba influire sui nostri rapporti intimi?” Si girò verso di me e disse “Sì!”. Stesi le braccia e la tirai ma me … l’abbracciai … la baciai … e facemmo l’amore …
Il giorno dopo arrivò una motovedetta della Capitaneria di porto greca. Scesero tre militari e vollero parlare con noi. Ci riunimmo nella casa dove avevamo mangiato. Uno parlava abbastanza bene l’italiano e ci chiese di raccontare l’accaduto. Lasciai che parlasse Michele, in fondo era lui che aveva firmato il contratto di noleggio ed era al timone al momento del naufragio. Il militare ascoltava il racconto di Michele e poi dettava in greco il verbale ad un altro militare che lo metteva per iscritto.
Quando Michele finì il racconto ci disse che dovevamo andare con loro al comando che si trovava su un’altra isola per sbrigare altre formalità burocratiche. A questo punto intervenni io e chiesi cosa dovevamo fare per pagare ai pescatori tutte le spese per l’assistenza che ci avevano dato. Tutti i nostri documenti e i nostri soldi erano andati perduti col naufragio. Ci disse con orgoglio che non dovevamo nulla in quanto l’ospitalità in Grecia era sacra.
Le sue parole e il suo orgoglio mi commossero. Ne parlai con Michele e insieme decidemmo che per il momento avremmo ringraziato. Nel frattempo avremmo studiato di fare qualcosa. A quella gente dovevamo la vita.
Ci furono abbracci con quasi tutto il villaggio. Il nostro discorso di ringraziamento fu tradotto in greco dal militare della Capitaneria, anche le parole di augurio dei pescatori furono tradotte dal militare. Poi ci imbarcammo e dirigemmo verso sud.
Alla stazione di comando ci trattenemmo altro tempo ancora per la stesura di nuovi verbali. Fummo invitati a pranzare alla mensa della capitaneria e subito dopo partimmo con un battello che ci portò all’isola dove avevamo noleggiato la barca e c’era l’ufficio del Tourist Operator.
Erano già al corrente di tutto. Mentre Michele raccontava tutto per la terza volta io parlavo con un altro impiegato per trovare un alloggio per la notte. L’albergo vicino al porto aveva solo una stanza libera con tre letti che fu prenotata per Michele e i suoi. Io e mia moglie trovammo ospitalità presso una famiglia che affittava le camere. Prenotai anche la cena e acquistai il biglietto del traghetto per il rientro ad Atene. Pagai tutto firmando una cambiale che avrei pagato al mio rientro in Italia.
Nel frattempo era arrivato il noleggiatore della barca che si mise a parlare con Michele e si disperava per la barca persa. Non mi intromisi, ma mi augurai che l’assicurazione lo rimborsasse adeguatamente.
Il giorno dopo rientrammo ad Atene con il primo traghetto. Io e le donne andammo in albergo. Michele invece si recò dalla polizia e sicuramente dovette raccontare ancora una volta tutta la storia e firmare ancora altri documenti.
Spiegai al direttore tutto quello che era successo, contattammo la compagnia aerea e riuscimmo ad anticipare il volo di rientro in Italia al giorno successivo. Tutte le spese furono pagate all’albergo con un’altra cambiale che avrei pagato al rientro in Italia.
Con Daniela parlavo poco in quanto avevo molte cose da sbrigare e poi avevamo un certo imbarazzo, ma quando ci guardavamo negli occhi i nostri sguardi comunicavano tantissime cose compreso un gran desiderio di fare l’amore.
Tornati a casa le cose da fare ancora non erano finite. Eravamo tutti sprovvisti di documenti, di carta di credito, di telefonino, ecc. Passammo il nostro tempo andando di qua e di là a sbrigare pratiche. Finalmente, a fine settimana, quando avevamo completato quasi tutto e consumate anche le nostre ferie ci riunimmo per una cena. Io avevo prenotato il ristorante e avevo anche ordinato una bottiglia di champagne.
In un momento in cui non eravamo osservati passai a Daniela un biglietto con il numero del mio nuovo cellulare e l’orario in cui poteva chiamarmi. Essendo un attento osservatore notai che anche Michele passò qualcosa a mia moglie. Nella mia mente passò un sorriso.
Sapevo che Michele utilizzava la sua casa di campagna per i suoi incontri privati. Pensai che anche io dovevo procurarmi una garçonnière e l’indomani, domenica, comprai il giornale con gli annunci. Vidi che c’erano parecchie offerte di mono e bilocali per studenti, ne segnai alcuni che scelsi in base alla zona (doveva essere vicino casa mia, ma non troppo) e rimandai la scelta definitiva al giorno dopo.
Nel frattempo Daniela mi aveva mandato un messaggio con il numero del suo cellulare dicendo che potevo chiamarla liberamente. Restammo per oltre un’ora a parlare al telefono dicendoci reciprocamente che avevamo un gran desiderio di incontrarci e fare l’amore. Le spiegai anche quello che intendevo fare e le ne fu entusiasta.
Nella giornata di lunedì feci una serie di telefonate e fissai alcuni appuntamenti per visitare gli appartamenti. Il terzo che visitai mi piacque molto. Era un bilocale situato in un palazzetto di vecchia costruzione e di due piani in una strada secondaria. Al primo piano c’era un ufficio e notai che c’era un discreto movimento di clienti, quindi si passava facilmente inosservati. Al secondo piano c’era l’appartamentino: un soggiorno studio molto ampio, arredato con scrittoio e posto per il computer oltre al tavolo centrale e alla credenza, una camera da letto piuttosto piccola, con letto matrimoniale e un armadio, la signora mi precisò subito che i due letti si potevano separare, un cucinino e il bagno.
Il prezzo era proporzionatamente alto, ma nella mia mente mi dissi che “Parigi val bene una messa” e firmai immediatamente il contratto per un anno firmando l’assegno per la cauzione più le prime due mensilità anticipate. La signora mi consegnò le chiavi dicendo che potevo adoperarlo da subito. Dovevo soltanto provvedere per il tovagliato e la biancheria per la camera da letto e il bagno. E aggiunse “Tanto a casa sicuramente ha già tutto pronto”. Ma io non avevo niente pronto. Mi disse anche che se volevo lei si poteva occupare della pulizia una volta la settimana. Le risposi che ci avrei pensato e glie lo avrei fatto sapere.
Appena la signora andò via telefonai a Daniela le dissi che avevo affittato l’appartamento. Mi rispose che desiderava vederlo subito e mi chiese di aspettarla che sarebbe arrivata immediatamente.
Quando entrò e lo vide mi buttò le braccia al collo e ci baciammo, poi finimmo a fare l’amore sul letto, anche se non era apparecchiato. Le spiegai che lei doveva occuparsi di comprare la biancheria e tutto quello che le occorreva. Le diedi la mia carta di credito e le dissi di non badare a spese e comprare tutto di buona qualità, in particolare la biancheria per il letto.
Ebbe così inizio una bellissima avventura …
(2. Continua)
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