Psicologia: gli sconosciuti.
“Perché è così difficile capire chi non conosciamo”. Questo è il titolo italiano del libro scritto dal giornalista divulgatore Malcolm Gladwell, nel quale analizza le cause degli errori che commettiamo nel farci un’idea di chi incontriamo per la prima volta.
Nell’approccio con uno sconosciuto non è subito evidente la sua personalità. Come si fa a decidere se dice la verità, se è affidabile ? Dobbiamo interagire cautamente con le persone conosciute per strada, sui mezzi pubblici, sui posti di lavoro, nei forum, nei social.
Le strategie cognitive che usiamo nel primo incontro per giudicare sono superficiali, soggettive e fragili. Per non abbassare la soglia del sospetto dobbiamo dare meno peso alle prime “impressioni”, perché influiscono sui giudizi successivi.
Dopo il primo incontro con uno sconosciuto, se lo rivediamo e ci parliamo tendiamo a confermarci l’idea che ci siamo fatti di lui/lei in modo sbrigativo.
Crediamo averla “inquadrato”, però il “quadrato” si rivela poi una figura irregolare e cangiante: chi crediamo di conoscere può sorprenderci.
Non solo giudichiamo troppo presto, ma i pre – giudizi si basano spesso su stereotipi.
In seguito ai primi incontri noi tendiamo a memorizzare quel che capita in modo che sia coerente con l’impressione iniziale.
La mente concilia informazioni tra loro incoerenti. I modi in cui ci inganniamo pur di far quadrare le informazioni discordanti. Alla base c’è la presunzione che quello che veniamo a sapere sia vero, ipotesi che diventa infalsificabile se siamo noi i primi a volerci credere. Se così è, poi il tutto diventa difficile da “smontare”.
Alcuni non disdegnano i princìpi delle scienze cognitive: rispetto e sospetto. Rispetto per fatti e persone ma cautela nelle diagnosi.
Sospetto per l’affidabilità delle esperienze personali avute nel passato.
Che cosa c’è dietro l’incauta sopravvalutazione dell’esperienza diretta quando incontriamo sconosciuti ?
Nella cultura occidentale si tende a credere che ogni persona abbia un carattere, un’identità permanente. Dopo i primi incontri spesso siamo convinti di essere riusciti a cogliere questa essenza immutabile, Purtroppo è un abbaglio.
Si deve sondare con attenzione l’interlocutor/trice, e poi, se possibile, informarsi sul suo passato su quello che ha fatto.
L’essenzialismo psicologico è un meccanismo della mente, tipico del nostro modo di elaborare le informazioni. Ci motiva a identificare i tratti caratteriali delle persone con le quali interloquiamo, gli attributi necessari per la loro identità.