Clò salì sulla sua auto e filò veloce verso il supermercato, appena uscita, si accorse che non si era truccata, una cosa molto grave per una dipendente di un importante ministero, perciò si fermò un attimo in un parcheggio non lontano dal supermercato. Mentre si truccava con un delicato rossetto rosso corallo, un uomo in divisa le si accostò.” Che cosa ci fa qua?”. “ Scenda, mascherina, guanti!” Esclamò costui in un solo fiato.
Clò lo guardò con stupore, e gentilmente gli chiese perché volesse sapere quelle cose.
L’uomo con la strana divisa, indossava una visiera trasparente e una mascherina, Clò non riusciva a capire se fosse un bandito o una guardia. Intanto quello continuava a parlare, anche se a dire il vero lei non capiva bene cosa dicesse.
L’anno prima aveva seguito un corso di autodifesa, quello poteva essere il momento giusto per mettere in pratica ciò che aveva imparato, attaccare in caso di pericolo. Il maestro Migi di sicuro si ricordava ancora di lei, un sorriso le attraversò la mente, pensando lui, anche se egli si era stranamente assentato tre volte durante il corso, pare per problemi respiratori.
Lei si era sempre offerta volontaria per fare le prese, ma improvvisamente l’istruttore non l’aveva più convocata, era pur vero che gli uomini preferiscono le donne stecco, cosa che lei non era con la sua bella taglia cinquantadue; e per fortuna, come diceva sempre la sua mamma.
Il suo cervello era in piena attività, fuga o attacco, l’uomo la guardava minaccioso. Clò con abile mossa chiuse il rossetto mente ingranava la prima e fuggì veloce come un gabbiano, anzi una gabbianella.
Il supermercato era sufficientemente distante per non farsi ritrovare da quell'orribile individuo.
Appena scesa dall'auto, notò che tutti indossavano delle bizzarre pezze sul volto, cose strambe, alcune parevano fatte di cartone, altre di carta pesta, ve ne erano anche alcune colorate.
Probabilmente c’era una festa in corso da quelle parti, e poi era pur sempre carnevale.
Una donna sui quarantanni, la squadrò da capo a piedi ma Clò avanzò con suo carrello con fare sicuro, anche se non capiva perché nessuno entrasse, tutti indossavano quelle bende sui volti, e stavano in fila, battevano i piedi, altri tamburellavano con le dita sui carrelli, alcuni facevano anche dei saltelli sul posto forse, pensò Clò, stavano girando un film. Intanto, dopo sole due ore riuscì a entrare, iniziò immediatamente a cercare il disinfettante. Era importante per una dipendente dello Stato, era uno dei capisaldi del suo contratto di ventisette pagine, il comma ventitré, capitolo primo, che recitava: In caso di evento eventuale, nei giorni dispari durante il carnevale, i dipendenti che hanno la lettera” C” come iniziale del nome, devono usare il prodotto corrispondente al momento. Tradotto; il disinfettante. Clò si complimentò con se stessa per l’arguzia e l’ottima memoria, mentre girava, tra gli scaffali.
Dopo aver fatto tre giri, una giravolta, guardato su e guardato giù, si accorse con disappunto che il disinfettante non c’era, come pure l’alcool, l’acqua ossigenata, la varechina e qualsiasi prodotto per l’igiene.
In un angolo vide un flacone di detersivo per piatti, fu là pronta a prenderlo, ma un signore dai modi gentili la fermò, ” figliola!” Esclamò costui.
Clò si voltò pensando che fosse suo padre, e questo bastò perché l’uomo con un sorriso beffardo s’impossessasse del prezioso liquido.
Amareggiata per la maleducazione, uscì dal negozio senza badare a tutta quella gente in maschera, che a dire il vero avevano tutti un aspetto piuttosto ridicolo.
