Giunti alla quarta settimana di clausura forzata, il logorio comincia a farsi sentire, un po’ per tutti.
Il distanziamento, a meno di non essere eremiti, asceti, anacoreti e performer dalla disciplina incrollabile che praticano l’immolazione della socialità come medium artistico ha dimostrato che stare soli con se stessi è difficile, anzi, non ci piace. Ci angoscia e ci consuma.
Ciascuno reagisce come può alla “cabin fever” (= febbre di cabina): la sindrome claustrofobica da isolamento che suscita irritabilità, irrequietezza quando un individuo o un gruppo è bloccato in breve spazio o luogo isolato per lungo periodo di tempo.
La cabin fever può provocare sonnolenza o insonnia, ma anche noia di essere a casa da soli per un lungo periodo di tempo. Può generare il bisogno di uscire anche in condizioni avverse come il maltempo o la visibilità limitata.
L’unico balsamo sembra derivare dai social: permettono di condividere le proprie opinioni con altri e ci si sente meno a disagio. Infatti i “mala tempora” provocano stress da alleviare in compagnia, magari tramite network, mettendosi in qualche modo in evidenza, se possibile, per esempio come “esistenzialista da salotto”. In tal caso è meglio un silenzio pensoso che esternazioni di pensieri “esibizionisti” e avventati. Purtroppo l’isolation motiva ad andare online, rischiando lo “stupidario”, la sventatezza glamour, le sciocchezze modaiole.