Autore Topic: Verso l'unico Dio  (Letto 929 volte)

Doxa

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Verso l'unico Dio
« il: Febbraio 22, 2020, 21:45:44 »
Ho cominciato a leggere il libro titolato: “Verso l’unico Dio. Da Ekhnaton a Mosé”, scritto dall’egittologo tedesco Jan Assmann e pubblicato nel 2018 da “Il Mulino”.

Ekhnaton e Mosé: evocano in modi diversi l’abolizione del politeismo e l’introduzione del monoteismo.

Ekhnaton era un faraone egiziano che predilesse il dio Aton, divinità rappresentata dal disco solare, considerato l’occhio di Ra, il Sole;   Mosé, invece, un leggendario leader del popolo ebraico, secondo il racconto biblico nel libro dell’Esodo. 

Gli antichi Egizi  adoravano numerose divinità, alcune delle quali  collegate con il Sole o  alcune  sue particolarità; divinità nate anche da sincretismi o  fusioni e assurte a maggior venerazione perché scelte dalla dinastia regnante quali protettrici specifiche, come furono Amon oppure Aton.

Ad Heliopolis  (nell’antichità importante città del Basso Egitto ed ora sito archeologico alla periferia de Il Cairo) si venerava Ra, il dio Sole. In lingua greca il toponimo della località significa “città del Sole”.


Ra

Durante la V dinastia (2510 a. C – 2350 a. C.) Ra, autocreato e creatore  fu considerato preminente nel pantheon egizio. Si pensava che governasse il cielo, la terra e l’oltretomba. Veniva spesso accostato al dio Horus, figlio di Iside e Osiride.

Nei secoli Horus fu venerato in molteplici forme, spesso rappresentato come un  falco o come uomo dalla testa di falco (ieracocefalo) con la  doppia corona che simboleggiava l’alto e il basso Egitto. 


Horus

Dal sincretismo tra Ra e Horus  originò il dio Ra-Horakhti.

Dalla  XII dinastia (1994 a. C. – al 1794 a. C.) Ra fu associato al dio tebano Amon, dando inizio alla più importante divinità del pantheon egizio: Amon-Ra, considerato per secoli il dio supremo,  come Zeus per gli antichi Greci e Giove per i Romani.

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Re:Verso l'unico Dio
« Risposta #1 il: Febbraio 22, 2020, 21:52:52 »
Si credeva che il dio Sole Ra si muovesse  tramite due barche solari  per andare  sia in cielo  sia  nell'oltretomba.

“Mandet” era il nome della barca  solare pilotata  da Ra per attraversare il  cielo dall’alba al tramonto in 12 ore, da Oriente  verso Occidente.  L’imbarcazione al mattino trasportava il Sole sotto l'aspetto sincretico di Khepri (il Sole che sorge e dio della rinascita), a mezzogiorno diveniva Ra-Horakhti, al tramonto era  Atum (il tramonto del Sole).

Atum, una delle divinità più adorate e citate fin dalla V dinastia come creatore. Veniva accostato al dio Ra, che la sera saliva sulla barca denominata “Mesketet”  per entrare nel regno dei morti, accompagnato da varie deità protettrici, con le quali attraversava l’oltretomba, dove c’erano insidie che tentavano di bloccare la barca, fermare il tempo e impedire il viaggio di ritorno in 12 ore verso Est per la rinascita del Sole nel nuovo giorno. Il significato di questa simbologia fu poi ampliato per esprimere la rinascita dalla morte a nuova vita.


Le due barche solari insieme erano chiamate “Maaty” e   rappresentavano la  dea “Maat”


 Maat, personificata come una dea antropomorfa, con una piuma sul capo. Era responsabile della disposizione naturale delle  costellazioni, delle stagioni, dell'ordine cosmico contro il caos.

Mandata nel mondo da suo padre, il dio-Sole Ra, la dea Maat aveva anche un ruolo primario nella pesatura delle anime, la psicostasia (o psicostasi),  per il giudizio divino.

La “pesatura dell’anima” del defunto avveniva nel duat (l’oltretomba), in presenza del dio Osiride. Si usava una bilancia per il controllo dei suoi meriti e demeriti. In un piatto della bilancia si poneva l’anima, nell’altro l’immagine della dea Maat come rappresentate della Giustizia. La sua piuma era la misura che determinava se l'anima (che si credeva residente nel cuore) del defunto avrebbe raggiunto l'aldilà o meno. 

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Re:Verso l'unico Dio
« Risposta #2 il: Febbraio 22, 2020, 22:02:55 »
Il dio egizio Aton: nella millenaria storia dell’antico Egitto, fu per breve tempo “protagonista” di una “rivoluzione” religioso-politica per volere del faraone Ekhnaton, che soppresse il culto di Amon-Ra e impose l'esclusiva adorazione del dio Aton, considerato solo un aspetto di Ra: il disco solare, creduto l’occhio di Ra.


Dettaglio di un pannello petroso: rappresenta  il faraone  e la sua famiglia mentre  offrono doni votivi ad Aton, considerato dio unico,  anche questo autogenerato e creatore di tutto. (Museo egizio, Il Cairo)[/img]

Il faraone Ekhnaton è più  noto col nome di Akhenaton e come marito della regina Nefertiti, che poi ripudiò per sposarsi con Kiya, la quale divenne la madre del futuro faraone Tut Ankh Amon.

Ekhnaton nacque a Tebe nel 1375 a. C. circa e forse morì nel 1334 a. C..  Governò dal 1351 a. C. circa al 1334 a. C.. Salì al trono col nome regale di  Amenofi IV o Amenhotep IV.

Per allontanarsi  dalla casta sacerdotale che comprometteva la sua autorità e la sua politica, per colpire finanziariamente i sacerdoti addetti ai diversi culti nei templi tebani  e allontanarli dalla gestione di cospicui beni temporali, il faraone decise di trasferire la capitale amministrativa da Tebe ad una nuova città fatta da lui costruire e dedicata al dio Aton: Akhetaton (questo toponimo significa “splendore di Aton”), distante 402  chilometri  da Tebe e da Karnak, località sulla riva opposta a Tebe e principale sede del clero tebano, che  raggiunse ricchezza  e potere tali da essere considerato uno Stato nello Stato, con i suoi possedimenti in terre e le ricche donazioni che nei secoli gli furono elargite. 

Il sovrano, la sua corte e gli uffici amministrativi si trasferirono ad Akhetaton  (l’attuale Amarna) dopo 5 anni, 8 mesi e 13 giorni di regno.  Nel contempo volle essere chiamato “Ekhnaton” (“colui che  compie il volere di Aton”) e non più Amenofi IV.

Nel 12/esimo  anno  di governo decise di  eliminare il culto per Amon-Ra  e fece cancellare i simboli, le iscrizioni e le figure sui monumenti dedicati  a quel dio supremo per imporre l'esclusiva adorazione del dio Aton. Quella drastica scelta suscitò astio e critiche dalla casta sacerdotale, anche perché il faraone  tolse i finanziamenti  ai templi delle divinità tradizionali.

Secondo recenti ipotesi, un’insurrezione popolare fomentata dal clero tebano costrinse il faraone eretico alla fuga o forse morì in giovane età. La restaurazione politeista ebbe come conseguenza la sua “damnatio memoriae” e la distruzione di sculture ed iscrizioni a lui dedicati.

Dopo la morte di Akhenaton, il culto di Amon-Ra fu ripristinato e il faraone Tutankhamon riportò la capitale a Tebe. 

Il  culto preferenziale, di breve durata, voluto dal faraone Ekhnaton per il dio Aton fu un enoteismo (credenza in più divinità ma adorazione di una sola) più che monoteismo.

Alcuni studiosi pensano che l'Atonismo sia all'origine dell'Ebraismo, che introietterà molti dei suoi concetti e che vedrà la luce nella popolazione ebrea d'Egitto meno di un secolo più tardi. Questa tesi è contenuta per esempio nel saggio di Sigmund Freud "L'uomo Mosè e la religione Monoteista".

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« Ultima modifica: Febbraio 22, 2020, 22:23:02 da dottorstranamore »

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Re:Verso l'unico Dio
« Risposta #3 il: Febbraio 24, 2020, 23:42:13 »
Mosé

Nel precedente post ho scritto che secondo recenti ipotesi un’insurrezione popolare fomentata dal clero tebano costrinse il faraone Ekhnaton alla fuga o forse morì in giovane età, oppure fu ucciso. Dopo di lui nel regno d’Egitto fu ripristinato il culto per Amon-Ra  e tornò in vigore il  politeismo nella modalità di monoteismo inclusivo, cioè  c’è Dio in tutti gli dei come forza presente in ogni dio individuale.

Dopo la scomparsa di  Ekhnaton tanti credenti nel  monoteismo dedicato al dio Aton che fine fecero ?

Secondo gli studi di Messod e Roger Sabbah, due fratelli di famiglia rabbinica, i tanti adoratori di Aton si trasferirono nel grande territorio denominato Canaan.

A favorire la loro uscita dall’Egitto sarebbe stato  Ay,  funzionario di notevole importanza durante il regno di Akhenaton. Dopo la morte di questo faraone e dopo gli effimeri regni dei suoi successori (Ankhtkeperura e Smenkhara),  Ay fece parte del consiglio di  reggenza che governò l'Egitto durante la minore età di Tutankhamon, asceso al trono ad appena 9 anni d'età  e morto giovanissimo nell’inverno del 1323 a. C..

Fra quei fuoriusciti dall’Egitto c’era anche Mosé ?

La rivoluzione monoteista di Ekhnaton e la fondazione del monoteismo israelita da parte di Mosé sono state spesso messe in relazione.

Ma Mosé è un figura esclusivamente della memoria, della sua esistenza storica non c'è traccia, ma è considerato “padre fondatore” del monoteismo nelle religioni ebraica, cristiana e islamica.

Mosè,  in ebraico Moshé: rav Moshé Rabbenu (= Mosè il nostro maestro). Il suo  mito o leggenda è nel Pentateuco, parola d’origine greca che significa cinque. Infatti nella versione greca della Bibbia detta dei LXX  la prima parte  è divisa in cinque libri:  Genesi, Esodo, Levitico, Numeri, Deuteronomio. Gli Ebrei la chiamano con il nome complessivo tōrāh "legge".

Dalla tradizione ebraica Mosé è creduto l’autore del Pentateuco, tranne che per gli ultimi versi del quinto libro, che  raccontano la sua morte. Ma numerosi studiosi negano queste attribuzioni letterarie,  per la diversità di origine e di tempo delle varie componenti che formano l’insieme del testo biblico.

Nel libro dell’Esodo  si narra della fuga dall’Egitto del popolo semita condotto da Mosé  verso la “Terra promessa” da Dio, ma  di questo  racconto leggendario non ci sono riferimenti letterari e archeologici.

Momenti cruciali di quel  cammino di 600 mila persone per 40 anni furono l'attraversamento miracoloso del Mar Rosso e la consegna divina a Mosé  delle tavole della Legge  (Decalogo) sul monte Sinai.

Ma come si chiamava  quel Dio che parlò con Mosé ?  Dal libro dell’Esodo si apprende che “Mosè disse a Dio: ‘Ecco io arrivo dagli Israeliti e dico loro: Il Dio dei vostri padri mi ha mandato a voi. Ma mi diranno: Come si chiama? E io che cosa risponderò loro?’.  Dio disse a Mosè: ‘Io sono colui che sono!’. Poi disse: ‘Dirai agli Israeliti: Io-Sono mi ha mandato a voi’” (Es 3, 13 – 14).

 “Io sono colui che sono” (in ebraico “Ehyeh-Asher-Ehyeh”), spesso abbreviato in italiano come “Io sono”, è uno dei sette nomi di Dio della tradizione ebraica. La frase, stando alle regole della grammatica ebraica, significa ”Io sono colui che c’era, che c’è e che ci sarà”, cioè “io sono colui che è sempre presente”, “io ci sono”. Dio si rivela come un Dio personale, (Dio di Abramo, Isacco, Giacobbe), continuamente presente nella storia accanto all’uomo.

La parola “Ehyeh” è considerata da molti studiosi rabbinici la derivazione in prima persona del  tetragramma “YHWH”. Le quattro consonanti vengono pronunciate “Yahweh”. Ma il suo nome non deve essere pronunciato: “ Non pronuncerai invano il nome del Signore, tuo Dio, perché il Signore non lascerà impunito chi pronuncia il suo nome invano” (Es  20, 7).

Ed ancora:  “Dio parlò a Mosè e gli disse: ‘Io sono il Signore! Sono apparso ad Abramo, a Isacco, a Giacobbe come Dio onnipotente, ma con il mio nome di Signore non mi son manifestato a loro. Ho anche stabilito la mia alleanza con loro, per dar loro il  territorio di Canaan, dov'essi soggiornarono come forestieri’” (Es 6 2- 4).

Per  timore e per rispetto del  suo nome sacro gli ebrei lo chiamano  “Adonai” che significa “Signore”.

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Re:Verso l'unico Dio
« Risposta #4 il: Febbraio 26, 2020, 08:39:37 »
Fino a circa 30.000 anni fa Dio non esisteva.

La prima idea della possibilità di “un qualcosa dopo la morte” fu concepita  90.000 anni fa, ma ce ne vollero altri 60.000 perché il concetto di “Dio” apparisse nella cultura umana, e quel Dio era femmina! La “Grande Madre” o  “Dea Madre”, divinità femminile primordiale, presente in diverse culture  fin  dal periodo paleolitico, coinvolgendo le civiltà dei cacciatori-raccoglitori,  e poi nel periodo neolitico, interessando civiltà già centrate sull’agricoltura e sull’allevamento del bestiame.

La Dea Madre  esprime il ciclo della nascita, sviluppo-maturità, declino, morte e rigenerazione della Natura.

In Europa l’orizzonte temporale  di questa divinità è compreso tra il 35 mila a. C. il 3 mila a. C. circa. Nell’isola di Creta è presente fino al II millennio a. C.. 

Le numerose figure femminili steatopigie, dette “Veneri”, rinvenute in tutta Europa, simboleggiano la Dea Madre, potenza generatrice dell’universo:  creava la vita per partogenesi. 

Il culto verso di lei fu  la prima forma di religione comparsa sulla terra.

In numerosi contesti culturali la Grande Madre era affiancata da figure maschili. Il compagno della Grande Dea, era un protagonista dei riti delle nozze sacre (hieros gamos), collegati al ciclo della vegetazione per assicurare la fertilità della terra, e quindi in genere celebrati in primavera. In epoca storica vediamo praticati questi riti presso i Sumeri e altre culture del Medio Oriente.

La Grande Madre o Dea Madre nell’isola di Creta veniva venerata col nome di  Potnia Theròn;

in ambito mesopotamico divenne Ninhursag (V millennio a. C.), Inanna per i Sumeri e Ishtar per i Babilonesi;

in ambito egizio,  Iside e anche Hathor;

in area anatolica,  specialmente in Frigia,  era Cibele (dal II millennio a. C);

in ambito fenicio e cananeo divenne  la dea Asherah (Astarte); 

in area greca: Gea  e Rea;  successivamente   in ambito greco veniva spesso identificata con Afrodite, ma anche con Demetra e più raramente Artemide, per il suo legame con la luna;

in quello  etrusco era venerata come Mater Matuta;

in epoca romana Magna Mater o Bona Dea.

L’ipotesi che il Dio Padre di tutte le religioni monoteiste fosse stato in origine preceduto da una Dea Madre iniziò a delinearsi dopo la scoperta delle prime veneri paleolitiche, dove il corpo femminile era sentito come centro di forza divina.

Nella storia occidentale risale a circa 3 mila anni fa il culto per il Dio Padre, creatore anche lui, dell’universo e di “Adam” (in ebraico nome singolare collettivo) che non indica nella Creazione la parola “uomo” ma “umanità” come unione di maschio e femmina creati a immagine e somiglianza di Dio.

L'iconografia femminile pre-agricola rappresenta quasi il 98% dei ritrovamenti archeologici, perciò si ritiene che la femminilità avesse una importanza preminente, non come matriarcato o potere,  ma perché legata  alla fertilità.

Con l'evolversi della civiltà, gli attributi e le caratteristiche che inizialmente erano raggruppati in una sola divinità femminile, cominciarono ad essere specializzati e moltiplicati attraverso divinità distinte. Così abbiamo alcune dee più tipicamente rappresentative dell'amore di tipo sessuale (come Ishtar, Astarthe, Afrodite o Venere), altre più legate alla fertilità (come Ecate), altre ancora legate alla caccia (Artemide, Diana), ed infine molte di esse sono associate alla prosperità dei campi ed ai cicli delle stagioni (come Demetra, Cerere, Persefone, Proserpina).

Persefone/Proserpina, al pari di Bona Dea/Mater Matuta, sono anche collegate all'oltretomba ed alla morte: questo perché il ciclo di stagioni segue il paradigma della morte e della rinascita, cioè il seme ha bisogno di morire per generare una nuova pianta, che al termine del ciclo darà altri semi. Ecco perché la dea incarna spesso un aspetto notturno e lunare che in alcune culture è stato travisato e reso come un aspetto negativo e malefico. In realtà, non rappresenta che un principio fondamentale della Natura.

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Re:Verso l'unico Dio
« Risposta #5 il: Febbraio 26, 2020, 23:08:08 »
Per l'ebraismo ortodosso i sette nomi di Dio  sono: YHWH, El, Eloah, Elohim, Elohay, Shadday, Tzeva’ot.

El
: particella semantica  che allude al divino. Nelle lingue semitiche, come l’aramaico, El  significa “dio”, fu il dio supremo nel pantheon di Ugarit, attuale Ras Shamra, in Siria. 

Nella concezione originaria siriaca El  era un dio ordinatore del mondo caotico. Il suo nome è attestato  anche su alcune tavolette in terracotta rinvenute in Siria nella stanza considerata  la biblioteca reale dell’antica Ebla (sito archeologico di Tell Mardikh, 2600 – 2300 a. C.).

Nel grande territorio di Canaan, formato nell’antichità da aree geografiche oggi appartenenti a Siria, Libano, Giordania, Israele e Palestina, abitavano  varie tribù semitiche, che avevano  lingua, scrittura, riti e rituali simili. Usavano la stessa terminologia religiosa per le loro cerimonie e i loro sacrifici, condividevano lo stesso dio supremo: El.


 statuetta che rappresenta il  dio El (1400 – 1200 a. C.) rinvenuta a Megiddo,  antica città-Stato, ora sito archeologico nell’attuale territorio di Israele.

Per alludere alla divinità si usava la parola Eloah.

Il plurale di Eloah è Elohim, usato circa 2600 volte nell’Antico Testamento. Elohim è plurale nella forma, ma è usato per indicare un unico essere divino. Tra gli studiosi prevale l’opinione che questo nome sia un residuo della religione politeistica nel territorio denominato Canaan.

Il comandamento ebraico “hyeh lecha elohim acherim al panay vienem” viene  così tradotto: “non ci saranno altri Elohim al di fuori di me”.
Sebbene sia scritto Elohim egli fu l'Eloah di  Abramo, l'Eloah di Isacco, l'Eloah di  Giacobbe. 

Gli israeliti facevano parte della cultura e della religione cananee.

Erano politeisti (dal greco “polys” + “theoi” = “più dei”) o praticavano l’enoteismo ?  Questo sostantivo d’origine greca  è composto  da “hén” (= uno)  + “theòs” (= dio), significa   “un solo dio)”. E’ un tipo di religiosità intermedia tra politeismo e monoteismo,  con la preminenza di un dio su  altre divinità.  Il credente adora un dio senza escludere altre divinità.
Forse praticavano la monolatria, parola composta da “monos” (= uno) + “latria” (= culto):  adoravano solo il dio El ma non  escludevano dalle loro preghiere  le altre deità del pantheon cananeo, in particolare il dio Baal e la dea Asherah (Astarte) considerata moglie di El. In numerose iscrizioni israelite è considerata anche la consorte di Yahweh.

Nell’Antico Testamento numerose volte si vieta di venerare altri dei, ciò significa che gli israeliti pregavano anche altre divinità,  pure all’interno del Tempio di Gerusalemme. Re Saul, il primo sovrano del Regno di Israele, dette a due dei suoi figli nomi collegati con il dio Baal: Isbaal e Meribaal. Un altro figlio lo chiamò Yehonatan (Gionata) in onore del dio Yahweh.

Il patriarca Abramo  dedicava le sue preghiere al dio  El. Secondo la leggenda Abramo, discendente di Sem – uno dei tre figli di Noé – viveva con la sua famiglia a Ur, città dei Caldei, nella Bassa Mesopotamia, l’attuale Iraq.
Per volere di Dio, da Ur Abramo,  i suoi familiari, i servitori e il bestiame si trasferirono ad Harran, nel territorio di Canaan. In quella città Abramo suggellò la sua alleanza con il dio El cominciando la pratica della circoncisione (diffusa nell’Egitto dei faraoni),  alla quale sottopose tutti i maschi della famiglia.

Fu il dio El a chiedere ad Abramo di sacrificare suo figlio Isacco, come prova della sua fedeltà e della sua fede.
Fu ancora il dio El a rinnovare l’alleanza con il figlio di Isacco, Giacobbe: “Non ti chiamerai più Giacobbe, ma Israele sarà il tuo nome” (Genesi 35, 10). 

In alcune iscrizioni  il dio El è considerato il  creatore dell’universo.

In un inno in lingua hurrita El è denominato ’Il brt (= Dio dell’alleanza) e ’Il dn (= Dio giudice).

Altri epiteti: El Shadday  (= "Dio Onnipotente") ed El Elyon (= "Dio Altissimo").
« Ultima modifica: Febbraio 27, 2020, 07:31:32 da dottorstranamore »

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Re:Verso l'unico Dio
« Risposta #6 il: Febbraio 27, 2020, 11:27:37 »
dio Baal, o Ba‘al, dall'accadico “bēlu” (= signore, padrone), divinità della  mitologia fenicia, venerato nella città di Ugarit, attuale Ras Shamra, in Siria. E’  citato nel Pentateuco.


Statuetta di Baal da Ugarit (Siria)  XIV – XII secolo (Parigi, Museo del Louvre)

Nell’area dove era il palazzo reale di Ugarit gli scavi archeologici hanno riportato alla luce numerose tavolette d’argilla, divise in vari archivi, con scrittura cuneiforme o semitica. Questa utilizzava un alfabeto sillabico derivato dal cuneiforme. I fenici usarono tale innovazione ugaritica, diffondendo l’alfabeto sillabico nei luoghi di scambio mercantili nel Mediterraneo. Lo resero più funzionale con l'aggiunta di vocali e divenne  il  primo alfabeto fonetico.

I testi  rinvenuti negli archivi ugaritici hanno permesso di apprendere le vicende storiche della città nella seconda metà del secondo millennio a. C. e di comprendere i miti e le credenze di quel popolo. 
 
In quella che è stata definita la “biblioteca dell’alto sacerdote”, situata fra il tempio di Dagan e quello di Baal  sono stati trovati i miti del ciclo epico-mitologico ugaritico.

La religione indigena era politeista e traeva ispirazione dai cicli naturali. Il suo pantheon era organizzato gerarchicamente. Al vertice c’era il dio El, considerato la divinità suprema e creatore del cosmo, però la divinità più importante era Baal, inizialmente associato alla tempesta, in seguito considerato nume protettore dell’ordine cosmico contro le forze distruttive.

Accanto a lui altre figure importanti sono Anat, sua  moglie e forse sorella, e il dio artigiano Khotar.
Oltre a queste due divinità positive ci sono due entità negative, coinvolte in guerre divine contro Baal. Una si chiama Yamm (= mare): personificazione delle acque e simbolo delle forze distruttive e incontrollabili della Natura. Baal lo deve affrontare per essere acclamato “signore degli dei”. Lo sconfigge con l’aiuto di Khotar.
L’altro nemico è Mot, personificazione della morte. Baal lo affronta ma muore. Viene resuscitato per intervento di Anat. Redivivo, Baal ha lo scontro finale con Mot, che viene sconfitto ma non muore. In questo mito è possibile scorgere significati legati al ciclo della Natura e alla fertilità. Baal muore e risorge, come  altre divinità nei miti  delle antiche religioni, si pensi ad esempio alla figura di Osiride.
 
Nel ciclo epico di Baal compaiono animali mostruosi (come “il potentissimo con sette teste”) e serpenti, come  gli dei serpenti mesopotamici. Nella mitologia egizia l’oltretomba è dominata da un enorme serpente: Apep (o Aphoi). Il serpente è presente anche nel libro della Genesi.

I miti ugaritici furono una delle fonti d’ispirazione della mitologia ebraica e del testo biblico.

Baal, come molte altre divinità antiche, fu considerato un demonio dalla religione cristiana.

Ad Ugarit il dio Baal veniva rappresentato con una mazza nella destra e una saetta stilizzata terminante con la punta di una lancia nella sinistra. A volte è raffigurato con un elmo munito di corna, a indicare lo stretto legame col toro, simbolo di fertilità.


 
Sono numerosi i testi ugaritici  che  narrano le gesta belliche del dio Baal, al cui fianco combatté Anat,  la dea cananea della Terra, dell’amore, della fertilità e Dea Madre. Veniva definita “vergine dea” e paragonata ad altre divinità come Asherah, Iside e Demetra.

Il culto di Anat fu portato in Egitto dagli Hyksos, di origine semita,  nel periodo del “Medio regno”, fra il 1720 e il 1530 a. C.. Sono chiamati hyksos i 6 faraoni  della XV dinastia (circa 1650 – 1550 a. C.). Il loro centro politico del potere fu la città di Avaris (nome attuale “Tell el-Dab’a”) da loro fondata nel delta del Nilo. Poi gli Hyksos furono cacciati dagli Egiziani.

Il culto di Anat fu adottato nel pantheon  egizio e divenne molto popolare durante la XIX dinastia egizia. Fu considerata la protettrice militare di alcuni  faraoni, come Ramesse II.

Su una stele tebana  è raffigurata Anat, assisa in trono, che tiene nella mano sinistra uno scudo ed una lancia, mentre nella destra ha un'ascia.

Su alcuni papiri del 410 a. C. circa rinvenuti nell’isola di Elefantina (vicino ad Assuan, in Egitto) viene citata la dea Iahu-Anat, adorata a Gerusalemme nel tempio di Yahweh.

Nella Bibbia, nel primo dei “Libri dei Re” (dal capitolo 16 al 22) si narrano alcune vicende riguardanti Re Acab, uno dei sovrani  di Israele, che  regnò dall’875 all’852 a. C. e fu convinto dalla moglie, Gezabele, di stirpe cananea, ad abbandonare la fede nel Dio di Israele, Yahweh,  per convertirsi al culto del dio Baal.

Acab  cercò di diffondere il culto di Baal  tra la popolazione pur rimanendo un seguace di Yahweh, al quale chiese la protezione  quando dette il nome ai suoi figli, chiamandoli  Ahaziah  (= "Yahweh protegge") e Jehoram (= "Yahweh è grande"). Lo invocò, inutilmente, quando fu in pericolo durante l'assedio della città di Samaria da parte di  Ben Adad, re della Siria. Acab morì in combattimento, colpito da una freccia, e i cani leccarono il sangue delle sue ferite come aveva preannunciato il profeta Elia.
« Ultima modifica: Febbraio 27, 2020, 11:32:08 da dottorstranamore »