Autore Topic: Accadde a Gerusalemme  (Letto 572 volte)

Doxa

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Accadde a Gerusalemme
« il: Maggio 09, 2019, 19:48:10 »
Gerusalemme, città cosmopolita, in cui si parlano lingue diverse e si prega in modo diverso. I credenti hanno in comune l’aspirazione messianica. Ognuno è convinto di credere nella vera religione, di avere la vera fede. Le tensioni interconfessionali sono tali da far sviluppare l’umorismo o la relatività delle religioni.

Umorismo narrato dallo scrittore e saggista israeliano Amos Oz (1939 – 2018) in un breve racconto nel suo libro titolato “Contro il fanatismo”:

“Ora mi torna in mente una vecchia storiella, dove uno dei personaggi - ovviamente siamo a Gerusalemme, e dove sennò - è seduto a un piccolo caffe, e c'è una persona anziana seduta vicino a lui, così i due cominciano a chiacchierare. E poi salta fuori che il vecchio è Dio in persona. D'accordo, il personaggio non ci crede subito lì per lì, però grazie ad alcuni indizi si convince che è seduto a tavolino con Dio. Ha una domanda da fargli, ovviamente molto pressante. Dice: «Caro Dio, per favore, dimmi una volta per tutte, chi possiede la vera fede? I cattolici o i protestanti? O forse gli ebrei o magari i musulmani? Chi possiede la vera fede?”. Allora Dio risponde: “A dirti la verità, figlio mio, non sono religioso, non lo sono mai stato, la religione nemmeno m'interessa".

Questo racconto surreale dà uno schiaffo all’intolleranza, al fondamentalismo, al fanatismo religioso, all’integralismo, al dogmatismo.

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Re:Accadde a Gerusalemme
« Risposta #1 il: Maggio 09, 2019, 21:57:56 »
Il Dio dello scrittore israeliano Amos Oz, sorprendentemente disinteressato della dimensione religiosa, fa il paio con il tema de “la sconfitta di Dio” del teologo ed esegeta Sergio Quinzio  o con  la proposta di un “cristianesimo non religioso” del teologo luterano tedesco Dietrich Bonhoeffer.

Il presunto esaurimento della funzione pubblica di Dio in Occidente, l’eclissi del sacro,  la fine della religione, la secolarizzazione della società, l’oblio di Dio sono solo slogan ?  Il Vangelo di Luca pone questo interrogativo:  “…Ma il Figlio dell’Uomo, quando verrà,  troverà la fede sulla terra ?” (18, 8).

Troverà il Male e la sconfitta di Dio !

Dal Vangelo di Marco:[COLOR="#FF0000"] “Venuto mezzogiorno, si fece buio su tutta la terra, fino alle tre del pomeriggio. Alle tre Gesù gridò con voce forte: Eloì, Eloì, lemà sabactàni?, che significa: Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? Alcuni dei presenti, udito ciò, dicevano: ‘Ecco, chiama Elia!’. Uno corse a inzuppare di aceto una spugna e, postala su una canna, gli dava da bere, dicendo: ‘Aspettate, vediamo se viene Elia a toglierlo dalla croce’. Ma Gesù, dando un forte grido, spirò”[/COLOR] (15, 33 – 37)

Gesù morente sulla croce invocò Dio o il profeta Elia ?  "Gesù gridò a gran voce:
“Eloì, Eloì, lemà sabactàni...”
 Alcuni dei presenti dicevano:
“Ecco chiama Elia!"
(Mc 15, 34-35)

Sorprende questa confusione che si genera negli spettatori durante quel momento tragico della vita terrena di Gesù. Egli è là sulla croce mentre  stanno scoccando gli ultimi istanti della sua esistenza terrena e sta per precipitare nei due abissi estremi, il silenzio di Dio che non risponde alle sue invocazioni e la morte, “Lanciando un forte urlo, spirò” (Mc 15,37). Le sue ultime parole sono un grido angosciato che l’evangelista ci riferisce nella lingua popolare di allora, l’aramaico. Ma quelle parole sono l’incipit  del Salmo 22: “Eloì, Eloì, lemà sabactàni”, tradotto in greco: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”. L’invocazione Eloì non è aramaica, come il resto della citazione, perché dovrebbe essere Elahî: forse Marco è stato trascinato dall’influsso dell’ebraico Elohîm, “Dio” ?

Come hanno potuto però i presenti scambiare quelle parole gridate come un’implorazione al profeta  Elia? Questo, oltre a essere considerato come il precursore redivivo del Messia (Matteo 17,10-13), secondo la tradizione giudaica era venerato come il protettore degli agonizzanti e delle persone in grave pericolo di vita. I presenti, udendo quel grido straziato di Gesù, potevano scambiare la prima parola(Eloì o Elahî o, in ebraico, Elì) come un’invocazione del profeta  da parte di Gesù moribondo ? 

La fiducia di Gesù nel Padre è esplicitato dall’evangelista Luca che narra l’estrema invocazione di Cristo, anch’essa desunta dai Salmi: “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito” (Lc 23,46; cfr. Salmo 31,6).

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Re:Accadde a Gerusalemme
« Risposta #2 il: Maggio 09, 2019, 23:13:00 »
Dio  è sconfitto perché non si svela ?
Anche la pretesa di  Mosé  di vedere Dio rimase delusa.

dal libro dell’Esodo: “Disse il Signore a Mosè: ‘Anche quanto hai detto io farò, perché hai trovato grazia ai miei occhi e ti ho conosciuto per nome’. Gli disse (Mosé): ‘Mostrami la tua Gloria!’.
Rispose (Dio):  ‘Farò passare davanti a te tutto il mio splendore e proclamerò il mio nome: Signore, davanti a te. Farò grazia a chi vorrò far grazia e avrò misericordia di chi vorrò aver misericordia’. Soggiunse: ‘Ma tu non potrai vedere il mio volto, perché nessun uomo può vedermi e restare vivo’. (33, 17 – 20).

“…nessun uomo può vedermi e restare vivo”: come interpretare questa  frase ?  Nessuno può vederlo perché non esiste ? Oppure è uno dei soliti misteri ?
 
dal Salmo 26 (27) 
“…Ascolta, Signore, la mia voce.
Io grido: abbi pietà di me, rispondimi!
Il mio cuore ripete il tuo invito:
“Cercate il mio volto!”.
Il tuo volto, Signore, io cerco.

Non nascondermi il tuo volto,
non respingere con ira il tuo servo.
Sei tu il mio aiuto, non lasciarmi,
non abbandonarmi, Dio della mia salvezza…
”.

“Il tuo volto, Signore, io cerco”, non è la richiesta di un provocatore, ma di Mosé, amico di Dio.

Ci sono nell’Antico Testamento alcuni episodi in cui sembra che qualcuno possa vedere Dio, addirittura “faccia a faccia”, ma hanno sempre un carattere misterioso, descrivono una relazione non  chiaramente comprensibile. È il caso di Abramo e dei tre personaggi che gli fanno visita (Gen 18, 1-15); è il caso di Giacobbe che lotta durante la notte con un personaggio misterioso (Gen 32,23-33).

Oltre al desiderio di conoscere il volto di Dio, nell’Antico Testamento emerge qua e là anche il desiderio di conoscere il suo nome: il nome, infatti, nella cultura semitica, rivela in qualche misura anche l’identità di colui che lo porta. L’episodio più celebre è quello di Mosè inviato da Dio a liberare il popolo dalla schiavitù del Faraone. Per poter riferire da chi ha ricevuto la sua missione, Mosè chiede a Dio il suo nome: Mosè disse a Dio: “Ecco, io vado dagli Israeliti e dico loro: ‘Il Dio dei vostri padri mi ha mandato a voi’. Mi diranno: ‘Qual è il suo nome?’. E io che cosa risponderò loro?”. Dio disse a Mosè: “Io sono colui che sono!”. E aggiunse: “Così dirai agli Israeliti: ‘Io Sono mi ha mandato a voi’ . Dio disse ancora a Mosè: ‘Dirai agli Israeliti: ‘Il Signore, Dio dei vostri padri, Dio di Abramo, Dio di Isacco, Dio di Giacobbe, mi ha mandato a voi’ . Questo è il mio nome per sempre; questo è il titolo con cui sarò ricordato di generazione in generazione” (Es 3,13-15).

Dio disse a Mosè tre nomi: il primo è “Io sono colui che sono”; il secondo “Io sono”; il terzo è “Signore, Dio di Abramo, Isacco, Giacobbe”. È difficile da queste frasi  capire l’identità di Dio. Dunque, il volto di Dio è inconoscibile, il nome di Dio “non è dicibile”, Egli non è perfettamente comprensibile. 

Nel Nuovo Testamento è decisiva l’espressione dell’evangelista Giovanni: “Dio, nessuno lo ha mai visto”, che ripeterà anche nella prima lettera: “Nessuno mai ha visto Dio” (1Gv 4,12).  Nel prologo del suo Vangelo Giovanni afferma: ‘Il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato’ (Gv 1,18). Il rivelatore di Dio, dunque, non può essere altri che Dio stesso: ‘il Figlio unigenito, che è Dio’, sottolinea l’evangelista.