“Si vedo un muro bianco, io jelo sfregno”.
Il verso del sonetto fu scritto in un’epoca nella quale imbrattare un muro non suscitava scandali; né emozioni, né riflessioni. Veniva considerato puro divertissement di poeta che, comunque e per parte sua, voleva certamente dire qualcosa, ma che all’epoca non poteva essere compresa. Non esistevano ancora le bombolette che oggi hanno permesso l’ingresso dello sfregio murario nell’era dell’imbratta tutto su larga scala. Nell’epoca dell’imbratta tutto non si salva più niente dalla furia dell’essere umano che, padroneggiando scienza e tecnica, si è procurato mezzi capaci di sfregiare e imbrattare fin l’immenso oceano pacifico e anche l’aria che respiriamo… e l’Artide e l’Antartide...
Ma, e vabbè!... lasciamo correre ché è troppo esteso l’elenco.
Ma i muri?
Per i muri, però, c’è da fare più approfondita riflessione: tanto per iniziare dobbiamo ammettere che si tratta di attività antichissima, risalente addirittura alla preistoria, e ne abbiamo cognizione certa nei graffiti su rupi e pareti di caverne; poi fu la volta delle pareti all’interno delle chiese e anche quelle esterne alle chiese… Sì, e molti diranno: “è vero, ma si trattava di opere d’arte che davano lustro alla intelligenza e creatività dell’uomo, mentre questo imbrattare con le bombolette?, uno schifo, opera d’imbecilli!”. Chiedetelo a chiunque e prenderete atto della condanna generale, senza mezzi termini della vox populi che continua a elevarsi alta e nonostante che tra gli “imbratta muri” militino anche veri artisti le cui opere, spesso colossali, offrono gratuitamente decoro allo squallore di certe muraglie, e abbelliscono squallidi angoli delle periferie di grandi città. Sono artisti “di strada” che non nutrono ambizioni, e, pur consci del loro valore, rifiutano elogi e anche proposte di premiazione... insomma sono grandi personaggi che, a loro modo, elegantemente esprimono una protesta al degrado dilagante.
Ma sì, anche questo è vero, ma ‘sti giovani senza arte né parte che con bombolette "sfregnano" muri peraltro ben tenuti… anzi più sono ben curati, più sono da imbrattare senza pretese d’arte?
Imbecilli!
Ma poi mi chiedo:
“Perché lo fanno?”.
E, costretto a riflettere, comincio anche a comprendere quello che già allora il poeta voleva dire e non poteva, così che sono portato a essere indulgente anche nei confronti dello “sfregio” da disordinate bombolette: sono, per me, l’urlo degli esclusi, degli emarginati, dei privati di identità e dignità; degli esclusi dalla ricchezza di un meraviglioso Pianeta che sarebbe in grado di garantire condizioni di sobrio benessere a tutti.
Sì!, è così:
“Si vedo un muro bianco jelo sfregno”.