Statistica quantistica
In natura ci sono due tipi di particelle, e di persone: i bosoni e i fermioni. Immaginate di giungere in una grande spiaggia di buon mattino e, da fermione inveterato, amante della solitudine per potenziare le capacità di riflessione e concentrazione, piantate l’ombrellone un po’ discosto; anzi un bel po’ discosto due o trecento metri dall’accesso, cominciando già ad assaporare una giornata di lettura al fresco della brezza marina.
Il tempo passa e, piano piano, vi trovate circondato da una pipinara, con nonne, zie e pargoli al seguito, che, in una spiaggia per lo più deserta, hanno facilmente annullato il distacco e si sono portati a ridosso del fermione riottoso. Questi sono bosoni: incapaci di stare soli, devono congregarsi in un’amalgama informe per ritrovare se stessi.
Inutile fuggire, spostarsi produce l’unico risultato di differire nel tempo la nascita di una nuova colonia. Perché i bosoni sono tanti e determinati e, soprattutto, non capiscono la diversa altrui natura. Sono in preda ad una specie di istinto primordiale che li porta ad inglobare il solitario. In cuor loro sono convinti che stanno compiendo un’opera buona, lo stanno salvando dalla solitudine che, dal loro punto di vista, è identificata col male assoluto.
Ormai vi dovrebbero essere ben chiari i comportamenti abituali tipicamente bosonici; in particolare il terrore per il silenzio che deve essere, in ogni caso, limitato ai pochi istanti tra un urlo e l’altro, o tra la fine di un brano tecno-house-punk-hard-heavy e l’inizio del successivo. L’idea che qualcuno possa non gradire è assolutamente estranea all’ideologia bosonica che, per questo, rientra a buon diritto nel grande raggruppamento dei diversi integralismi.
Tolleranza, libero pensiero, rispetto delle minoranze emergono dalla capacità di affrancarsi dal comportamento bosonico e sono fortemente correlate ad istanze fermioniche. Ma qual è la lunghezza della vita media di un fermione in natura? Esperimenti ripetutamente approntati nel corso della storia moderna e contemporanea hanno dimostrato che fatalmente i principi liberali, fermionici, trovano naturale sviluppo in istanze collettive come associazioni, partiti, sindacati che, per difendere la propria esistenza, si strutturano bosonicamente.
E la storia si ripete. Quanti fermioni si sono poi distaccati alla ricerca di principi autentici per finire a riprodurre l’ennesimo raggruppamento bosonico?
Sembra senza scampo la ricerca di autonomia che trova ostacolo naturale nel carattere sociale dell’animale uomo. Raggruppamento fermionico è un ossimoro, una contraddizione in termini: un po’ come libertà vigilata o silenzio assenso. Ma anche il fermione non sfugge a ricercare l’altro e, per questo, rinuncia poco a poco alla sua natura, tollerando moderate contaminazioni bosoniche per accedere alla socialità.
Non esistono, perciò, fermioni liberi in natura se non per tempi brevi e con costi astronomici: ci si può sempre ritirare in un eremo, ma per quanto?
Chi risponde che gli basterebbero un paio di giorni mente sapendo di mentire, perché mai si staccherebbe da cellulare e computer (oggi la televisione ha meno appeal tra i fermioni), magari con collegamento internet: prolungamenti artificiali, ponti verso i simili che non si lasciamo mai veramente e che, almeno virtualmente, vogliamo vicini.
I fermioni non fanno proseliti perché incoerenti, non credibili, in eterna contraddizione. E’ natura scomoda, precaria, fatalmente esposta alla critica. Un mondo di liberi fermioni, in mutua relazione a partire dalle proprie legittime esigenze, è Utopia ancor più del bosonico Comunismo. Antitrust e simili sono poco più che palliativi, ridicoli tentativi di limitare una bosonizzazione pervasiva, come le segreterie telefoniche che tengono a distanza, controllata, gli intrusi.
Noi fragili fermioni, catullianamente, non possiamo vivere né con, ma neanche senza gli odiati bosoni. Dobbiamo conviverci. Ma come possiamo riuscirci senza dargli ragione?