Autore Topic: Venus  (Letto 1864 volte)

Doxa

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Venus
« il: Novembre 13, 2015, 11:26:36 »

Francesco Hayez: "Venere che scherza con due colombe", 1830 (Trento, Cassa di risparmio di Trento e Rovereto)

Questo bel dipinto fu realizzato nel 1830 ed esposto all’Accademia di Belle arti di Brera, nella quale l’artista insegnava.

In consapevole contrasto con il classicismo di inizio Ottocento, Hayez sceglie nella pittura l’audace realismo anche nei dettagli, come il  filo rosso che lega le due colombe e il gioco dei colori bianchi: l'epidermide della donna ed il panno adagiato sulla balaustra.

Ad impersonare la dea fu la ballerina Carlotta Chabert, amante del conte Girolamo Malfatti, originario di Trento, committente del dipinto. La relazione tra i due fu oggetto di pettegolezzi nella ottocentesca Milano.

L'elaborato artistico suscitò scandalo nei benpensanti. Hayez fu accusato di aver realizzato l’immagine osé di una ballerina rappresentandola  con l’iconografia della dea della bellezza, Venere, riferendosi ad una famosa statua dell’antichità, la Venere Callipigia.


"Venere Callipigia", II sec. d.C., Museo archeologico nazionale di Napoli

"Callipigia" significa "belle natiche”,  "kalli” (= belle) + pygos” (= natiche). E’ una scultura marmorea di epoca romana, copia di un originale bronzeo di epoca ellenistica del III sec. a. C..

Oltre ad Hayez fu giudicato in modo negativo anche il nobiluomo per aver osato far ritrarre Carlotta in tal modo, avendo trovato nell’artista un “complice”, perché il soggetto era congeniale alla sua indole di “libertino”.

A chi gli diceva: “Quella Venere è volgare, ha il sedere grosso”. Hayez rispondeva: “Ho copiato le forme della ballerina Carlotta Chabert”.
I fianchi mulìebri, gli abbondanti glutei e le tornite cosce fomentarono veemente diatriba perché non rispettavano le auree proporzioni.

Gli estimatori di questo quadro affermano che la Chabert ha un bel corpo, anche  se  non perfetto se considerato con i “canoni” odierni.
E' voluttuoso, morbido e procace, sembra emanare un effluvio di indomita malizia. L’eburnea carnagione e lo sguardo sobillano pensieri impudichi, dicono.

Francesco Hayez, nelle  sue “Memorie” asserisce che se l’immagine della donna “per forma non aveva quella nobiltà voluta nella regina della bellezza (Venere), causa ne fu il modello, che quantunque non fosse propriamente difettoso, pure se io avessi cercato di migliorarlo avrei riescito a maggior mia soddisfazione; ma il rispetto che io ho del vero mi tolse l’ardire di migliorarlo dietro lo studio ch’io aveva preventivamente fatto delle cose greche: con tutto ciò non aveva pensato di meritarmi una critica così acerba che mi scagliò contro, qualificando la mia Venere come ‘la più schifosa del volgo’”.
Insomma, la colpa  era da attribuire all’opulenza delle forme di Carlotta, e non all’artista, che si era limitato ad una trasposizione del vero.

La figura ha delle affinità con la “Venere Italica” dello scultore Antonio Canova, che fu mèntore del giovane Hayez.


Antonio Canova, “Venere Italica”  (184 – 1811), Firenze, Galleria Palatina

Questa Venere fu celebrata da Ugo Foscolo come icastica incarnazione dell’amore fisico:
Io dunque – racconta il poeta in una lettera a Sigismondo Trechi – ho visitata, e rivisitata, e amoreggiata, e baciata e (ma che nessuno il risappia) ho anche una volta carezzata questa Venere”, creatura in cui convergono “quelle grazie che spirano un non so che di terreno, ma che muovono più facilmente il cuore”.




 




« Ultima modifica: Novembre 13, 2015, 11:39:04 da dottorstranamore »