Ho preparato questi tre pezzi per partecipare al nostro gioco: il primo è proprio questa prefazione che stai leggendo, il secondo è l’incipit di un possibile romanzo che vorrei tentare di scrivere in veneziano antico ed infine il terzo è una descrizione breve ma significativa in italiano corrente della traccia di questo incipit e di quel che potrebbe seguire, sempre che mi rimanga l’entusiasmo che immancabilmente mi prende quando tento di dare una forma all’idea che mi è balenata; per questo gradirei un commento non sull’esattezza del numero di parole, controllato con il pallottoliere, ma sulla leggibilità del veneziano antico.
Mio fradel bon xe proprio un exelente pittor, go caro che ghe sipia in fameja cotal genio: mio sior pare gha fato grando affar co’ gha fato sto fio co quela siora de Vedelago, splendida creatura che pur gha fato morir de crepacuor mia siora mare.
Zorzon da Castelfrancho lo ciama tuti, che mio sior pare no gha abudo cuor de darghe el nome, né de metarse in urta col Doze nostro zio.
Ancha senza el nome de la casada, xe lu el vero paron de casa, siben che mi sia el magior e sicuramente erede de nome e contado.
il fratellastro del pittore racconta la sua infatuazione per l'illustre congiunto, ma non gli invidia il genio, gli invidia la libertà, che sconfina nel libertinaggio. soffre il peso del nome, dell'onore, di una gioventù sprecata a prepararsi ad una noiosa carriera politica, vivendo solo di riflesso le avventure di Giorgione il quale non si sottrae al sottile piacere di giocare con il fratellastro una crudele partita: lo chiama spettatore delle sue scorribande, gli racconta i particolari più scabrosi e lo trascina alla deboscia persino con l'arte: la preparazione delle tele infatti contiene sempre delle scurrilità, poi censurate nella versione finale.