Il professor Natalino Irti, ex docente di diritto all’università di Roma, “La Sapienza”, ha pubblicato recentemente il libro titolato “Viaggio tra obbedienti”, edito da “La nave di Teseo”.
Questo libro non è un trattato sull’obbedienza né un discorso sulla servitù volontaria, che sottomette gli individui, ma un excursus in tempi e luoghi diversi: voti monastici, doveri militari, vincoli di partito, fedeltà costituzionali, e giunge fino al nostro periodo di pandemia, con le restrizioni alla libertà personale e l’obbedienza alle decisioni governative conseguenti a quelle sanitarie: l’individuo ascolta, interroga sé stesso, scioglie il dubbio, e infine decide per il sì o il no. La sua volontà è il giudice di ultima istanza.
L’obbedienza è l’ordito concettuale da cui scaturisce la riflessione sulla libertà dell’individuo, che è responsabile di sé e di ciò che fa, quando decidere in una direzione o in un’altra mette in discussione il significato della propria esistenza.
La coscienza induce a scegliere, decide volta per volta se obbedire oppure disobbedire, scegliendo tra valori diversi che possono contrapporsi l’uno con l’altro, senza possibilità di mediazioni o compromessi.
La persona è libera anche quando decide di obbedire. Obbedienza intesa come consapevole adesione al comando, che implica sempre il nesso “ascoltare, capire e decidere”.
L’individuo deve trovare in sé stesso le ragioni che lo motivano a scegliere e a decidere, obbedendo o disobbedendo all’imperativo che gli viene rivolto.
Capire non significa condividere ciò che gli viene comandato per decidere cosa fare, se obbedire o disobbedire.
L’obbedienza non si contrappone alla libertà, perché è esercizio di libertà.