Autore Topic: La vita e il tempo  (Letto 3704 volte)

Doxa

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Re:La vita e il tempo
« Risposta #15 il: Giugno 27, 2014, 09:42:50 »
Nel libro “Una brevissima introduzione alla filosofia”, scritto dal filosofo Thomas Nagel, c’è anche il capitolo dedicato a  “Il significato della vita” nel quale fra l’altro dice: “Anche se la vita come un tutto è priva di significato, forse non c'è nulla di cui preoccuparsi. Forse possiamo riconoscerlo e andare semplicemente avanti come prima. Il trucco è quello di tenere gli occhi su quello che hai di fronte e permettere che le giustificazioni arrivino a un termine dentro la tua vita, e dentro la vita di coloro cui sei legato. Se per caso ti accade di porti la domanda 'Ma qual è il significato dell'essere vivi?' – facendo la vita particolare di uno studente o di un barista o di chiunque ti accada di essere – risponderai 'Non c'è un significato. Non avrebbe importanza se non esistessi affatto, o se non mi importasse di nulla. Ma sono vivo e me ne importa. Questo è tutto'.
Alcuni trovano questo atteggiamento perfettamente soddisfacente. Altri lo trovano deprimente anche se inevitabile. Parte del problema è che alcuni di noi hanno l'inguaribile tendenza a prendersi molto sul serio. Vogliamo contare per noi stessi 'dall'esterno'. Se le nostre vite come un tutto sembrano prive di significato, allora una parte di noi è insoddisfatta – la parte che guarda sempre dietro le nostre spalle quello che stiamo facendo. Molti sforzi umani, particolarmente quelli al servizio di serie ambizioni piuttosto che soltanto del benessere e della sopravvivenza, derivano parte della loro energia da un senso di importanza – un'impressione che quello che fai non è importante solo per te, ma importante in qualche senso più ampio: importante, punto e basta. Se cerchiamo di rinunciare a questo possiamo rischiare che le nostre vele perdano il vento. Se la vita non è reale, la vita non è una garanzia, e la morte è il suo scopo, forse è ridicolo prenderci così seriamente. D'altra parte, se non possiamo evitare di prenderci così sul serio, forse dobbiamo rassegnarci a essere ridicoli. La vita può essere non solo insensata, ma assurda".

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Re:La vita e il tempo
« Risposta #16 il: Giugno 28, 2014, 10:51:19 »
Nel racconto “L'incubo del teologo” (tratto da Fact and Fíction) il filosofo  Bertrand Russell (1872- 1970) immagina una biblioteca  galattica come metafora del mondo ultraterreno e l’estraneità di Dio verso l’umanità.

Nell’aldilà, luogo della Sapienza di Dio, c’è una sconfinata biblioteca, dove lavorano migliaia di impiegati con la testa poliedrica e occhiuta ma privi di corpo,  solerti e coscienziosi, ma lenti nella consultazione di  milioni di volumi polverosi.

Ad avere a che fare con quei bibliotecari è il teologo Taddeus durante un suo incubo notturno.

“L'eminente teologo dr. Taddeus sognò di morire e andare in paradiso. I suoi studi lo avevano preparato, e non ebbe alcuna difficoltà a trovare la strada. Bussò alla porta del paradiso per entrarvi: 'Chiedo il permesso di entrare', disse, 'perché sono stato un uomo giusto e ho dedicato la mia vita alla gloria di Dio'.

'Cos'è un uomo ?' rispose il custode. 'Come può una creatura buffa come te favorire la gloria di Dio?'

Il dr. Taddeus rimase sbalordito. 'Non è possibile che non conosciate l'uomo. Dovete per forza sapere che l'uomo è l'opera
più sublime del Creatore'. 

'Quanto a ciò, disse il custode, mi spiace ferire i vostri sentimenti, ma quello che voi dite mi giunge del tutto nuovo. Dubito che chiunque quassù abbia mai sentito parlare di questa cosa che voi chiamate uomo. Comunque vi concedo la possibilità di consultare il nostro bibliotecario'.

Il bibliotecario, un essere globulare con mille occhi e una bocca, rivolse alcuni dei suoi sguardi verso il dr. Taddeus. 'Che cos'è questo?' chiese al custode.

'Questo, rispose il custode, dice di appartenere ad una specie chiamata uomo, che vive in un posto chiamato Terra. Egli dice che il Creatore ha particolare interesse per questo posto e per questa specie. Ho pensato che forse ci avresti potuto
aiutare a chiarire la questione'. 

Il bibliotecario  chiese al teologo: 'dov'è la Terra ?' 

Taddeus:  'fa parte del Sistema Solare'.

Il bibliotecario: 'Cos'è il Sistema solare?'

Taddeus : 'io mi occupavo del sapere sacro, e la  sua domanda fa parte del sapere profano. Comunque ho imparato abbastanza dai miei amici astronomi per sapere che il Sistema Solare fa parte della Via Lattea'.

Bibliotecario: 'E che cos'è la Via Lattea ?'

Taddeus: 'la Via Lattea è una delle galassie; sono centinaia di milioni'.

Bibliotecario: 'allora non potete aspettarvi che me ne ricordi una fra tante. Ma  c'è uno dei nostri sotto-bibliotecari  specializzato in galassie. Andiamo a cercarlo per vedere se ci può aiutare'.

Dopo poco tempo arrivò il sotto-bibliotecario dall'aspetto di dodecaedro. Nel passato la sua superficie era luminosa ma
la polvere degli scaffali l'aveva fatta diventare opaca. Il bibliotecario gli disse che il dr. Taddeus, nel tentativo di  spiegargli la sua origine aveva menzionato le galassie, perciò aveva bisogno di informazioni in merito.

Rispose il sotto-bibliotecario: 'le galassie sono milioni ed ognuna ha un proprio volume. Ci vuole molto tempo per saper qual è quella che questa strana molecola che dice di chiamarsi uomo desidera che io trovi'.

Taddeus: 'la galassia è denominata Via Lattea'.

'Va bene, disse il sotto-bibliotecario, spero di rintracciarla'.

Dopo circa tre settimane tornò. Nell'archivio della biblioteca  aveva rinvenuto  le notizie sulla Via Lattea. 'Ci sono voluti tutti i nostri cinquemila impiegati della sezione galattica per trovarla.  E chiese a Taddeus se voleva parlare con il ricercatore. Il teologo rispose in modo affermativo ed il sotto-bibliotecario mandò a cercare l'impiegato, che si presentò sotto forma di ottaedro, con un occhio ed una bocca  in ogni faccia. Era stupito nel trovarsi in un luogo luminoso. E timidamente domandò: 'Cosa desiderate sapere sulla questa galassia?' Il dr. Taddeus disse: 'Voglio notizie sul  sistema solare, un insieme di corpi celesti che ruotano attorno ad una stella chiamata Sole'.

Intervenne il sotto- bibliotecarioper dire:  'è stato abbastanza difficile trovare la galassia giusta, ma scovare proprio la stella chiamata Sole nella galassia è ancor più difficile. So che ci sono circa trecento miliardi di stelle nella galassia, ma non so ciò che diversifica le une dalle altre. Nel passato l'amministrazione ordinò di compilare una lista di  tutte le stelle  e penso che tale lista sia conservata negli archivi  sotterranei. Se pensate che ne valga la pena, potrei incaricare del personale specializzato per  cercare questa stella particolare'. Taddeus rispose in modo affermativo.

Alcuni anni dopo uno stanco tetraedro si presentò al sotto-bibliotecario galattico. 'Finalmente," disse, "ho trovato quella stella per la quale era stata fatta richiesta, ma non riesco a capire perché abbia suscitato tanto interesse. È simile ad altre stelle di quella galassia. Possiede temperatura e dimensioni normali, ed è circondata da altri corpi celesti più piccoli chiamati pianeti.
Dopo un'accurata indagine, ho scoperto che alcuni di questi pianeti hanno dei parassiti, e credo che quella cosa che ci ha fatto la richiesta sia uno di loro'.

Saputa la risposta il dr. Taddeus, ormai disperato, si lamentò dicendo: 'Per tutta la vita mi sono messo al servizio del creatore, credendo che lui avrebbe notato i miei servigi, e mi avrebbe ricompensato con la beatitudine eterna. E ora, pare che Egli non sappia nemmeno che io sono esistito. Mi dite che sono un microbo di un piccolo corpo celeste che ruota attorno al Sole. Non posso sopportarlo, e non posso più adorare il mio creatore'.

A quel punto il teologo  Taddeus si svegliò agitato ed esclamò: 'Il potere che Satana ha sui nostri sogni è tremendo'".

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Re:La vita e il tempo
« Risposta #17 il: Giugno 29, 2014, 11:44:05 »
da "Spoon River Anthology", di Edgar Lee Masters:

George Gray

Molte volte ho studiato
la lapide che mi hanno scolpito:
una barca con vele ammainate, in un porto.
In realtà non è questa la mia destinazione
ma la mia vita.

Perchè l'amore mi si offrì e io mi ritrassi dal suo inganno;
il dolore bussò alla mia porta, ed io ebbi paura;
l'ambizione mi chiamò, ma io temetti gli imprevisti.
Malgrado tutto avevo fame di un significato nella vita.

Adesso so che bisogna alzare le vele
e prendere i venti del destino,
dovunque spingano la barca.

Dare un senso alla vita può condurre alla follia,
ma una vita senza senso è la tortura
dell'inquietudine e del vano desiderio,
è una barca che anela al mare eppure lo teme.

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Re:La vita e il tempo
« Risposta #18 il: Giugno 30, 2014, 09:57:25 »
Per tanti individui il senso della vita è racchiuso nella nascita, riproduzione della specie e la morte come conclusione del ciclo naturale.

Alcune religioni pretendono di dare senso alla vita collegandolo ad un essere supremo, chi lo chiama dio chi con altri nomi, comunque elargitore di un ipotetico sistema premi/punizioni dipendente dal comportamento dell’individuo mentre viveva.

E’ difficile immaginare un dio tipo Zeus indaffarato a compensare, punire, vendicarsi. Né so immaginare un individuo post mortem che sopravvive nell’aldilà, anche se solo in modo spirituale.

Se cercare il senso della vita è chiedersi da dove veniamo e dove andremo a finire, significa porsi domande senza risposta.
Se non c’è la  finalità teleologica, il Dio abramitico, non c'è il fine escatologico.   

Charles Darwin con le sue teorie sull’origine e l’evolversi della vita ci ha tolto l’illusione del senso escatologico del nostro vivere e dobbiamo trovare l’individuale senso della vita nel quotidiano agire, nell’impegno, nella passione, nell’amare e meritare l’amore altrui.

Lo scienziato Albert Einstein scrisse: "Io non credo nell'immortalità dell'individuo e considero l'etica una questione che riguarda esclusivamente l'uomo, senza alcuna autorità superiore dietro di lui"(da “The humane side”).

Ogni individuo, condizionato dalla propria struttura biologica, giorno dopo giorno edifica il suo sistema di significati e conferimenti di senso nell’universo indifferente ai problemi umani.

A Delfi, antica città greca sulle pendici del monte Parnaso, c’era il tempio dedicato all’Apollo delfico. Sull’architrave del portale c’era  fra l'altro scritto: “Conosci te stesso”. Questa frase fu poi fatta propria dal filosofo Socrate.
 

L’epigrafe marmorea con la celebre esortazione: "Ti avverto, chiunque tu sia. Oh tu che desideri sondare gli arcani della Natura, se non riuscirai a trovare dentro te stesso ciò che cerchi non potrai trovarlo nemmeno fuori. Se ignori le meraviglie della tua casa, come pretendi di trovare altre meraviglie? In te si trova occulto il Tesoro degli Dei. Oh Uomo, conosci te stesso e conoscerai l’Universo e gli Dei".

Doxa

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Re:La vita e il tempo
« Risposta #19 il: Luglio 01, 2014, 08:44:36 »
Voglio trovare un senso a questa vita anche se questa vita un senso non ce l’ha”. Queste parole sono nel testo della canzone titolata “Un senso”, interpretata dal rocker Vasco Rossi

“Voglio trovare un senso a questa sera
Anche se questa sera un senso non ce l’ha.

Voglio trovare un senso a questa vita
Anche se questa vita un senso non ce l’ha.

Voglio trovare un senso a questa storia
Anche se questa storia un senso non ce l’ha.

Voglio trovare un senso a questa voglia
Anche se questa voglia un senso non ce l’ha.
....
Voglio trovare un senso a questa situazione
Anche se questa situazione un senso non ce l’ha.

Voglio trovare un senso a questa condizione
Anche se questa condizione un senso non ce l’ha.

Voglio trovare un senso a tante cose
Anche se tante cose un senso non ce l’ha”.


La vita è come un viaggio in treno. Sul  metaforico convoglio incontriamo persone che si pensa ci accompagnino fino alla stazione finale, invece durante il viaggio scendono nelle stazioni intermedie e ci lasciano senza la loro compagnia, l’amicizia, l’affetto, l’amore. Ci offrono piacevoli ricordi e suscitano la nostalgia.

Alcuni passeggeri a cui vogliamo bene si siedono in un altro vagone e ci privano della loro vicinanza. Li cerchiamo, ci incontriamo ma non possiamo stare al loro fianco, perché il posto vicino a loro è già occupato. 

Allora tentiamo di viaggiare sul treno della vita nel miglior modo possibile, cercando di andare d’accordo con gli altri e di lasciare un bel ricordo di noi a coloro che proseguono il viaggio nel tempo e nello spazio. 


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Re:La vita e il tempo
« Risposta #20 il: Luglio 02, 2014, 07:18:11 »
E’dai primordi che la specie umana si pone le domande sul senso della vita e sulla creazione del mondo. Nei secoli alcuni filosofi e le religioni hanno offerto delle risposte diversificate, come le religioni abramitiche.

Ovviamente le risposte non avevano scientificità ed erano condizionate dall’ambiente socioeconomico e culturale in cui venivano elaborate.

Un esempio: la Genesi è un testo religioso che offre risposte mitiche sull’universo e sulla creazione dell’umanità. Nel mondo contemporaneo molti credenti, i cosiddetti “creazionisti”, sono convinti che ciò che dice la Genesi sia vero, che tutto sia stato creato da Dio, e respingono le tesi scientifiche presentate dagli evoluzionisti, pur sapendo che l’Antico Testamento è il risultato di selezione di testi e di rielaborazioni effettuate dagli antichi rabbini ebrei, ispirati da Dio...

Eppure l’origine “scimmiesca” dell’umanità è confermata dall’analisi del DNA: il nostro e quello di un tipo di scimpanzé sono sovrapponibili per più del 98 per cento.

L’ipotesi che l’uomo discendesse dalla scimmia suscitò scandalo già all’epoca di Darwin.

Gli individui hanno bisogno di credere nel trascendentale, nel paradiso come luogo di consolazione, nel Dio giustiziere.

La Chiesa cattolica, con sofferenza, sta cercando la convivenza con l’evoluzionismo. Accetta le spiegazioni scientifiche sull’universo e sulla nascita dell’uomo, sapendo però che nessuno potrà mai dare spiegazioni sicure sull’origine. Tale incertezza permette alla Chiesa di sopravvivere con la credenza in un Dio creatore.

Nel 1950 papa Pio XII con l’enciclica “Humani Generis”, metteva sullo stesso piano creazionismo ed evoluzionismo, pur criticando l’evoluzionismo, e ribadiva l’esistenza storica di Adamo, il suo ruolo di progenitore e di propagatore del peccato originale, un peccato che considero una sciocchezza ed una perdita di tempo e di studi da parte dei teologi.

Nel 1992 il pontefice Giovanni Paolo II emanò il nuovo catechismo della Chiesa cattolica, nel quale ribadisce che la creazione fu voluta da Dio per destinarla all’uomo. Da un papa non ci si può attendere una risposta diversa.

Dal punto di vista religioso  tra un credente ed un non credente è possibile condividere il senso della vita, darle lo stesso significato ? No ! Perché è differente il credo soggettivo che indica il senso della vita illusoriamente oggettivo. Il fervente cristiano crede in un fantastico aldilà, il non credente dopo la morte immagina il nulla.

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Re:La vita e il tempo
« Risposta #21 il: Luglio 04, 2014, 07:48:33 »
Dal punto di vista biologico gli esseri viventi hanno la funzione di procreare la specie, poi non servono più alla natura.

Ma l’essere umano è anche un animale sociale, necessario alla propria famiglia, alla società se ha doti particolari.

Il filosofo e matematico Blaise Pascal nel suo interrogarsi sul senso della vita, diceva: “Tutto quello che so è che debbo presto morire; ma quel che ignoro di più è la morte, che non posso evitare" (cfr. Pensieri, 194 B).

Pascal morì a soli 39 anni. Iniziò a scrivere i “Pensieri” come appunti quando capì che la malattia non gli avrebbe permesso di completare il suo progetto letterario. Alcuni dei suoi “pensieri” li dettò ad amici e familiari perché non era più in grado di scrivere e furono pubblicati alcuni anni dopo la sua morte.

Pascal considerava la mente umana incapace di comprendere la realtà ed il senso della vita. “Se guardano il loro posto nell’universo, gli individui si scoprono sospesi su un abisso... Desideriamo la verità e troviamo in noi soltanto l’incertezza” (cfr. Pensieri).

Il filosofo inglese Terry Eagleton nel suo libro “Il senso della vita. Una introduzione filosofica”  dice che il senso della vita non sta solo nella soddisfazione delle potenzialità dell'individuo, ma anche nell'amore, nella capacità di condividere e realizzare progetti creativi, anche assieme ad altri.

L' amore e l’autorealizzazione possono dare significato al vivere, possono essere due ragioni,  a volte non compatibili.

Doxa

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Re:La vita e il tempo
« Risposta #22 il: Luglio 05, 2014, 00:24:53 »


Per molti scienziati è inutile illudersi della vita ultraterrena post mortem, ma il biologo statunitense Robert Lanza nel suo libro  titolato “Biocentrismo: come la vita e la coscienza sono le chiavi per comprendere la vera natura dell’Universo”, sostiene di avere le prove dell’esistenza della “vita dopo la morte” tramite la fisica quantistica. Ovviamente non sono d’accordo con quanto asserisce.

Lanza ha elaborato la “teoria del biocentrismo”, la quale  da una sua superficiale lettura mi sembra  anche intrisa di religiosità

Il termine "biocentrismo" indica una visione naturale dell'universo di cui l'individuo è una delle  parti costituenti. Invece l’antropocentrismo indica una visione dell'universo di cui l'uomo è il centro, e quindi tutte le altre cose o forme di vita sono a sua disposizione per raggiungere i suoi obbiettivi di sviluppo e di dominio della natura, come descritto nel libro della Genesi.

Questo biologo  afferma che la morte è un’illusione (?) creata dalla coscienza e che  gli individui ricevono la percezione di sé dal proprio corpo, che morirà,  ma non morirà la coscienza.

Se la mente genera la coscienza, allora questa si estingue con la morte del corpo,  se invece il corpo la riceve nello stesso modo in cui un decoder riceve dei segnali satellitari, allora questo vuol dire non finirà con la morte fisica.

Cos’è la coscienza. Questo lemma deriva dalla lingua latina. E’ una parola composta da "con” e “scientia”, quindi linguisticamente collegata con  conoscenza e scienza.
 
La coscienza dipende dai neuroni ma ancora non si conosce il passaggio dallo stimolo elettrochimico al contenuto della coscienza. La biologia e la neurologia possono spiegare i meccanismi che regolano il funzionamento del cervello dopo il ricevimento degli stimoli sensoriali, ma non la soggettività dell’esperienza sensoriale.

La coscienza dà all’essere umano la consapevolezza di se stesso, della propria identità, dei propri stati d’animo, dell’ambiente in cui vive.  La capacità dell’individuo di mantenere la consapevolezza di se stesso e di percepirsi attraverso il tempo è legata alla funzione della memoria. Senza memoria e senza memoria autobiografica, l’esperienza apparirebbe come una successione di accadimenti istantanei, slegati l’uno dall’altro, ed il senso di continuità e di unitarietà del Sé andrebbe perso.

La coscienza permette la percezione dell’Io. Per la psicologia l’Io è una struttura psichica relativamente stabile, deputata al contatto ed ai rapporti con la realtà, sia interna che esterna al corpo.

Alla nozione di "coscienza” si  deve aggiungere quella di autocoscienza, che permette al soggetto di volgere l’attenzione verso se stesso attraverso l’introspezione. Tale funzione ci permette di percepirci nella nostra unicità, come esseri umani distinti rispetto agli altri. L’autocoscienza si esprime con l’attenzione dei propri stati interiori: emozioni,  sentimenti, pensieri, motivazioni. 

In alcune  filosofie e religioni il concetto di coscienza è collegato a quello dell’anima, forma femminile del lemma latino “Animus” che significa “spirito”, connesso con due termini  d’origine greca:  “ànemos” (= “soffio”, vento”) e  “pneuma” (= aria). Ma nell’antica Grecia a volte si faceva  riferimento all'anima  anche con il termine psychè, da collegare con psychein : “respirare”, “soffiare”. 

L’anima è considerata il principio vitale di natura immateriale, la parte spirituale di una persona.

Nella concezione panteistica lo spirito è il soffio divino che pervade l’universo. Per il cristianesimo è Dio che dà l’anima agli individui quando nascono. 

Anche se il corpo muore la coscienza permane secondo Robert Lanza, continua ad esistere come energia (circa 20 watt). E per il secondo principio della termodinamica l’energia non si può né creare né distruggere ma solo trasformare, perciò questa “energia di coscienza” che opera nel cervello non scompare con la morte del corpo ma rimane nello spazio e nel tempo, che sono due strumenti elaborati dalla mente umana  per misurare, scandire.
 
« Ultima modifica: Luglio 05, 2014, 22:05:06 da dottorstranamore »

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Re:La vita e il tempo
« Risposta #23 il: Luglio 06, 2014, 00:17:52 »
Un esempio di come il pericolo incombente per la propria vita possa condurre ad invocare l’aiuto di un essere superiore che chiamiamo Dio è offerto anche  dal noto filosofo austriaco Ludwig Wittgenstein (1889 – 1951). Nei “Quaderni 1914 – 1916” ci sono le sue annotazioni filosofiche-esistenziali scritte durante il servizio militare nell’esercito austriaco durante la prima guerra mondiale.

Nell'estate del 1916 il giovane filosofo fu trasferito in “prima linea”. La sua preoccupazione di non riuscire a sopravvivere alla guerra lo condusse ad affidarsi alla volontà divina.  Nei suoi taccuini di guerra alla data del 9 maggio 1916 fra l’altro scrisse: “Solo la morte dà senso alla vita”.

In un appunto dell'11 giugno dello stesso anno si domanda il senso del mondo, del bene e del male, della felicità e del dolore:  “Che cosa so di Dio e del fine della vita? So che questo mondo è. Che io sto in esso come l'occhio nel suo campo visivo. Che qualcosa in esso è problematico, ciò che noi chiamiamo il suo senso. Che questo senso non risiede in esso, ma al di fuori di esso. Che la vita è il mondo. Che la mia volontà compenetra il mondo. Che la mia volontà è buona o  è cattiva. Che dunque bene e male sono in qualche modo congiunti al senso del mondo”. Il senso della vita, cioè il senso del mondo, possiamo chiamarlo Dio”.

Ma se Dio è il mondo e gli eventi del mondo sono indipendenti da chi li subisce, allora pare che sia Dio stesso ad agire. Per questo, nel tentativo di affermare la propria volontà, sembra che si debba andare contro il volere divino, contro gli avvenimenti.  Dice Wittgensten: “Vi sono due divinità: il mondo e il mio Io indipendente”, che vorrebbe essere indipendente dagli eventi del mondo ed affermare in modo solipsistico ed egoistico la propria volontà, che è quella di essere felice.

Dio, il  Nulla, sono “significati” attraverso i quali cerchiamo un senso alla vita, ma  il senso non c’è. 

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Re:La vita e il tempo
« Risposta #24 il: Luglio 07, 2014, 09:27:57 »
Il senso della vita “Nel mezzo del cammin di nostra vita”

Dante Alighieri,“Divina Commedia”, Inferno, Canto I:

Nel mezzo del cammin di nostra vita
mi ritrovai per una selva oscura
ché la diritta via era smarrita.

......

“Nel mezzo del cammin di nostra vita”: la definizione dantesca della vita come cammino è di origine biblica. Il poeta prese un versetto del profeta Isaia, che nella “vulgata” (la Bibbia tradotta da San Girolamo dal greco in lingua latina) dice: “in dimidio dierum meorum vadam ad portas inferi” (=nel mezzo dei miei giorni andrò alle porte degli inferi).

Dante indica i suoi 35 anni, considerati nel suo tempo il punto medio della durata della vita.

Egli durante un immaginario sonno mistico nel venerdì santo dell’anno 1300 si smarrì in una metaforica “selva oscura, che simbolicamente rappresenta il periodo di confusione interiore (“la diritta via era smarrita”), di crisi e di bilancio della propria vita: Che cosa ho fatto finora? Che cosa intendo fare? Come intendo vivere il resto della mia vita ?

Nella letteratura spesso l'evoluzione del protagonista verso la maturità è rappresentata metaforicamente dal viaggio; la méta racchiude il significato dell'andare umano, come quello dell’Alighieri attraverso i tre regni dell'oltretomba narrato nella Divina Commedia.

Nell’allegoria il viandante è l’homo viator che cerca di comprendere il significato della sua vita.

Dante, smarrito nell'insidiosa selva del peccato, perché si è allontanato dalla via del bene, è consapevole che da solo non può raggiungere la salvezza, ha bisogno di una guida. Allora, miracolosamente appare Virgilio, simbolo della conoscenza e della ragione umana e sua guida morale. "Tu se' lo mio maestro e'l mio autore" afferma Dante: con l'appellativo "autore"l' Alighieri si riferisce all'Eneide virgiliana, ma ancor più al ruolo di "auctoritas"  che il poeta toscano attribuisce a Virgilio, il quale lo aiuta nell'impegnativo cammino alla scoperta di Inferno e Purgatorio.

Il  trentesimo canto del Purgatorio si svolge nel Paradiso terrestre, che è in cima alla montagna del Purgatorio, dove le anime che hanno compiuto l'espiazione si purificano prima di accedere al Paradiso.
Virgilio sparisce, perché simboleggia la ragione umana e la sua funzione è terminata. Ora Dante deve apprendere i misteri della fede cristiana e per avvicinarsi a Dio ha bisogno della ragione divina, la teologia, rappresentata da Beatrice.

La scomparsa di Virgilio fa piangere Dante per lo sconforto, ma ancòra  una volta non rimane solo, arriva Beatrice,  simbolo delle tre virtù teologali (fede, speranza, carità) e sua guida attraverso i nove cieli del Paradiso.

È l'alba, allegoria della rinascita: “sovra candido vel cinta d’uliva / donna m’apparve, sotto verde manto / vestita di color di fiamma viva". Beatrice  appare “sovra candido vel” (allegoria della fede); “cinta d’uliva” (l’ulivo, pianta sacra alla dea Minerva, simboleggia la sapienza); “sotto verde manto”  (il verde è il colore della speranza); “vestita di color fiamma viva” (allegoria della carità).

Gli angeli che l’accompagnano cantano l’inizio del Cantico dei Cantici:  “Benedetto colui che viene nel nome del Signore”,  frase parziale dell’invocazione escatologica  presente nel salmo 117;  è anche un’acclamazione ebraica ed  è citata sette volte nei racconti evangelici riguardanti l’ingresso di Gesù a Gerusalemme nella”Domenica delle palme”.

Quando Dante sale  nel cielo più alto del Paradiso  vede cose “che ridire / né sa né può chi di là su discende”.  Questa frase gli fu ispirata dalla seconda Lettera dell’apostolo Paolo ai Corinzi, nella quale dice di aver udito “parole indicibili che non è lecito ad alcuno pronunciare”.

Il poeta giunge alla fine del suo viaggio ultraterreno  alla ricerca del vero senso di sé e della vita. Il percorso formativo  lo conduce al cospetto della Vergine Maria; a Lei san Bernardo si rivolge chiedendole due grazie: che sia concesso a Dante la visione di Dio e che, una volta tornato sulla terra perseveri nel bene.

L’Alighieri cerca in Dio il vero senso della sua vita. Ma nel XXI secolo la domanda esistenziale che si pongono gli individui non credenti  può essere soddisfatta dalle religioni ?
« Ultima modifica: Luglio 07, 2014, 22:37:58 da dottorstranamore »

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Re:La vita e il tempo
« Risposta #25 il: Luglio 08, 2014, 00:30:45 »
Dio è nascosto: non rispose a Giobbe, non dà risposte neppure a noi. Siamo gli artefici delle nostre periture esistenze.
Lo sguardo che si affaccia sull’abisso del Nulla del nostro esistere, nel non senso della vita, costringe molte persone a darsi delle mete, a fare progetti, a liberare la mente dal credere in un essere separato che se ne sta  in qualche parte  a scrutare le nostre vite, a volte clemente, a volte irato.

Nella nostra epoca sono stati fatti molti progressi scientifici ma il livello della nostra concezione del divino è simile a quella che si aveva nell’antichità.

Il darwinismo ha sostituito il cosiddetto progetto divino dei creazionisti con la casualità naturale e declassato gli umani da grandiosa immagine del creatore ad una varietà scimmiesca.

Scrisse Charles Darwin nella sua “Autobiografia: “Non dobbiamo trascurare la probabilità che il costante inculcare la credenza in Dio nelle menti dei bambini possa produrre un effetto così forte e duraturo sui loro cervelli non ancora completamente sviluppati, da diventare per loro tanto difficile sbarazzarsene, quanto per una scimmia disfarsi della sua istintiva paura o ripugnanza del serpente.”

Il filosofo tedesco  Ludwig Feuerbach (1804 – 1872) nel 1830 pubblicò “Pensieri sulla morte e l’immortalità”. In questo libro egli esprime i suoi pensieri sulla morte e sulla credenza che dopo esista un’altra vita, migliore, perfetta.
Egli nega l’immortalità umana e dice che nell’individuo il desiderio di immortalità è motivato dalla speranza di ottenere nell’aldilà le cose non avute nella vita terrena: una vita in beatitudine.

L’illusione di  continuare a vivere dopo la morte nasce dal bisogno, dall’insoddisfazione derivante dalla propria quotidianità. Secondo Feuerbach “L’uomo  non desidera l’immortalità perché ci crede, ma ci crede perché la desidera”, per  soddisfare l’istinto di conservazione e di  sopravvivenza.

L’immortalità è un’idea religiosa. Nietzsche  dice che “La grande menzogna dell’immortalità personale distrugge nell’istinto ogni ragione, ogni natura”.

Nel 1841 Feuerbach pubblicò il saggio “L’essenza del cristianesimo”, nel quale esprime il suo pensiero sulla religione e dice che  “Non è Dio che crea l'uomo, ma l'uomo che crea l'idea di Dio”.

La religione, infatti, nasce dall'alienazione: l’uomo proietta in Dio ciò che non è: eterno, infinito, immortale, perfetto,  ecc.,  ma che vorrebbe essere. Aliena se stesso in Dio perché trova una natura insensibile ai suoi desideri e alle sue sofferenze.

Doxa

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Re:La vita e il tempo
« Risposta #26 il: Luglio 09, 2014, 00:06:24 »


Paul Gauguin, titolo del dipinto: “Da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo?”; lo realizzò nel 1897 a Tahiti; il quadro è custodito nel Museum of Fine Arts, Boston.

La grande tela misura mt. 3,74 x 1,39. Nel bordo superiore destro di colore giallo l’artista  scrisse il suo nome e le data di esecuzione, invece nel bordo superiore sinistro scrisse il titolo del dipinto.

Gauguin (1848 – 1903) dipinse questo quadro prima di un suo tentativo di suicidio. Era malato, aveva problemi con le autorità locali. Per di più gli giunse la notizia della morte della figlia prediletta, Aline, avvenuta alcuni mesi prima. 
 
Il dolore per la perdita della figlia  spinse l'artista a creare  questo dipinto di grandi dimensioni ispirato dalle domande sul senso della vita, dagli interrogativi esistenziali citati dal titolo.

In una lettera spedita all'amico Daniel de Monfreid dopo alcuni schizzi preparatori, Gauguin descrisse questa sua opera, concepita come un fregio per  un tempio e col percorso della vita ambientato in un giardino.

Il quadro  è sviluppato  in modo orizzontale, va osservato da destra a sinistra. Le figure rappresentano le allegorie delle età della vita. Sull’estrema destra ci sono tre donne ed un neonato. Al centro un giovane che coglie un frutto, simboleggia gli anni migliori dell’esistenza. Alle spalle del ragazzo c’è una figura con il gomito in alto e sullo sfondo due figure con abiti rossi, simbolo dei tormenti e delle domande che danno il titolo al quadro.

Nella seconda metà del dipinto, speculare rispetto al giovane che è al centro, è raffigurato un idolo di colore blu, che rappresenta la dea Hina,divinità polinesiana, la quale simboleggia  l’inutilità della consolazione religiosa. All’estrema sinistra c’è l’anziana donna accovacciata e con le mani sul volto che simboleggia la morte. 

Sono anche raffigurati un uccello col piumaggio bianco con una lucertola tra le zampe, rappresenta la vanità delle parole. Ci sono due gatti vicino ad un bambino ed una capra col pelo bianco.
 
“Da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo?” ripropone i grandi quesiti dell’umanità:  perché esistiamo e qual è il fine della nostra vita? Ci facciamo queste domande perché non sappiamo le risposte, perché vogliamo dare significati alla nostra esistenza.

Alcuni filosofi dicono che non ha senso porsi tali domande. L’individuo dà significato alla propria vita con le scelte, le azioni, i comportamenti, l’amore.

Il “dove andiamo” è noto. La consapevolezza  del fine vita induce le persone a chiedersi il senso del viaggio, incapaci di accettare la meta. Nessuno è tornato dall’aldilà per darci la risposta. Solo Gesù ed altre divinità pagane  risorsero dalla morte per consolare gli afflitti.

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Re:La vita e il tempo
« Risposta #27 il: Luglio 10, 2014, 00:13:25 »
Con questo post concludo il topic.

Le mie scritture  sono “a perdere”, come i recipienti che dopo l’uso diventano “vuoti a perdere”. Sono letture facoltative.

“Beato chi legge e  beati coloro che ascoltano…” (Ap 1, 3)

Ora  per me è tempo di andare, forse in un monastero, perché  amo il silenzio, l’ascetismo,  la meditazione, il canto gregoriano, la musica sacra suonata dall’organo.

Ricordate il film-documentario di Philip Gròning Il grande silenzio” ? Fu registrato nel  monastero  dei Certosini della Grande Chartreuse, sulle Alpi francesi, a  circa 30 Km da Grenoble.

Lì, protetti dalle antiche mura e dal silenzio del luogo, vivono uomini che pregano, meditano,  misurano lo scorrere del tempo con i rintocchi della campana. Parlano poco. Un anziano monaco non vedente  dice al regista  che "Non bisogna avere paura della morte…” .     “Optima philosophia et sapientia est meditatio mortis”

Molti spettatori dopo la visione di quel film-documentario si posero le domande sul senso della vita.

Chi non trova risposte soddisfacenti  cerca rifugio e consolazione nell’irrazionale religione cristiana, oppure in altre religioni o da  maestri di spiritualità.

Quelli più fortunati sanno ciò che vogliono e mirano all'autorealizzazione. Sono consapevoli di essere come viaggiatori con bagagli, una pesante valigia per mano, con  dentro i rimpianti,  i sensi di colpa.

Il proprio passato può suscitare tristezza per le occasioni perdute. Può provocare avversione ed ira verso altre persone considerate responsabili del proprio male. In tal caso che fare ? Gli psicologi consigliano la conciliazione con il proprio passato e con gli altri per superare i contrasti e vivere meglio.  E’ importante perdonarsi gli sbagli fatti e perdonare le cattiverie subite.

Il proprio passato non si può cambiare. Le portiamo con noi ovunque andiamo. Allora è meglio pensare al presente ed essere liberi da fardelli. Dobbiamo progredire, scegliere e prendersi la responsabilità, senza dare la colpa agli altri.

Le decisioni possono consentire di cambiare, di rifiutare le persone o alcuni contesti sociali, conservando un animo sereno, senza rancore.

Nel corso della propria vita ognuno cerca di contrastare le frustrazioni ed il suo “mal-essere" con riempitivi per raggiungere il “ben-essere" tramite l’affettività, l’amore, ma anche con le compensazioni economiche e sociali, le quali, nella nostra epoca produttivo-consumistica, condizionano gli stili di vita, modificano i valori guida.

Molti ritengono che nella scala dei valori sia lodevole dare la precedenza alle doti spirituali ed alla solidarietà, ma sovente alle parole non fanno seguire i fatti. Pensano all'apparenza a discapito dell'essenza. Sono incapaci di scovare la "verità" dietro le apparenze. L'immagine diventa modello da imitare. Ma le "apparenze" furono tragicamente fatali nel "Macbeth" di Shakespeare.

L'educazione, la cultura, i valori, determinano i nostri atteggiamenti, i comportamenti, il nostro modo d'impiegare il tempo senza sciuparlo. E ' tanto il tempo che dissipiamo, vivendo senza consapevolezza, tra la futilità, la noia e gli auto-inganni.

Ma quanti si preoccupano di discernere tra tempo sperperato ed il tempo impiegato per sviluppare la personalità nel corso della vita ?

Doxa

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Re:La vita e il tempo
« Risposta #28 il: Luglio 27, 2014, 00:02:52 »
Nella letteratura scientifica ci sono più di cento definizioni del concetto  di “vita”, perché difficile da definire. 

Nel 1944 il fisico e matematico austriaco  Erwin Schrodinger (1887 – 1961)  si pose la domanda “Che cos’è la vita” ? e scrisse in lingua inglese il saggio scientifico titolato “What is life ? the Physical Aspect of the Living Cell - Mind and Matte” (Che cos'è la vita? La cellula vivente dal punto di vista fisico - Mente e Materia), nel quale dà la definizione di vita dal punto di vista fisico.

Il professor Edoardo Boncinelli, fisico, biologo e genetista,  nel suo libro titolato “Vita” , così la definisce: “Un essere vivente si identifica con una certa quantità di materia organizzata, limitata nel tempo e nello spazio. Capace di metabolizzare, riprodursi ed evolvere”.

Boncinelli dà al lettore di questo suo libro un’analitica descrizione delle caratteristiche dei sistemi viventi a cui è necessario far riferimento per spiegare la vita. Innanzitutto i costituenti che sono cellule e macromolecole; poi i processi che caratterizzano la vita a livello delle trasformazioni di materia ed energia, cioè metabolismo ed evoluzione.

Sono passati circa 4 miliardi di anni da  cominciò la prima forma di vita sulla Terra. Attraverso l’evoluzione si arrivò all’essere umano. Ci fu una “tremenda selezione”; molte scelte potevano essere diverse, ma una volta affermate sono diventate obbligatorie. In tal modo la contingenza divenne ferrea legge e il caso divenne necessità. Caso come errore nella replicazione del DNA; necessità come strada obbligata dalla quale la vita scritta nelle istruzioni del codice genetico non può derogare. Questa è la narrazione della vita secondo la biologia. 
   
Evoluzione, varietà, selezione, adattamento, DNA, competizione, eredità, progresso: tutte parole che rientrano nel vocabolario e nella cultura di ognuno di noi e che sono direttamente collegate alle domande fondamentali che ci poniamo riguardo all'origine dell'uomo e alla sua evoluzione. Come si sono sviluppati organi tanto complessi e perfetti come l'occhio o il rene? Quando i nostri antenati hanno cominciato a camminare su due gambe? Come risalire all'origine del linguaggio e della coscienza di sé? Molte le domande, poche le risposte sicure. Si sa con certezza che la massa del cervello dell'uomo in tre milioni di anni è triplicata, che molte specie si sono evolute e altre sono scomparse, ma non si sa come si sono generate determinate varianti e perché alcune di esse si sono affermate e altre no.

Pensare in termini evoluzionistici è essenziale, afferma Boncinelli,  per poter avere una visione prospettica e generale della vita, rinunciando all'idea che non sempre ciò che appare positivo a noi è da considerarsi altrettanto positivo dal punto di vista piú generale dell'evoluzione della Terra e dei milioni di esseri viventi che l'abitano.   

Solo da poche decine di migliaia d'anni la specie umana ha iniziato a interrogarsi sul fenomeno della vita, soltanto da poche decine di anni  si son cominciate ad avere  risposte sensate, e solo da alcuni anni  biologi e genetisti sono in grado di intervenire nel meccanismo riproduttivo della vita.