Ricordo quel tramonto come se ci avessi assistito ieri. Ah, quell'imperdibile spettacolo a fine giornata. Di quando abitavo alla baia Kamaloku, ricordo soprattutto le mie corse a perdifiato verso la spiaggia, il venticello fendermi i bruni capelli e il sole cocente irradiare distribuendo equamente, sulle rocce, il rimanente calore, lo scarto di tutt'una giornata. C'era quasi un'atmosfera da love story: cielo intriso di mille emozioni, mille caldi colori spargersi nel roseo manto, cacciando via quell'azzurrognolo prettamente mattutino per poi ceder posto al cupo manto notturno. Nuvole sfilacciate, ovatta pura, già...sognavo e speravo qualche morbido fiocco di esse mi cadesse sulla fronte, o quasi a formarmi una coroncina sul capo, sì. Allora erano quelli i miei intimi desideri, forse volevo tenerli sol per me, ma non c'erano vere e proprie ragioni per cui volessi nasconderli agli altri. Mi sentivo sciocca a dedicarmi a sognare, o meditare riguardo a certe assurdità...una piccola incompresa. Prendevo un pugno di sabbia, e lo facevo scorrere dolcemente sulla pelle, non preoccupandomi neanche della sporcizia o di quelle minuziosità tipiche delle mamme troppo premurose nei confronti dei loro bambini. Sapevo che l'unico mio vero desiderio era restare lì da sola, seduta su un tappeto di foglie fresche, sola senza nessun'altro, ma proprio nessuno, con la mia collanina dal ciondolo di lava vulcanica solidificata, a forma di fiore, a contemplare quel tramonto mozzafiato, guardando lo sfrantumarsi delle onde spumeggianti sulla battigia, scavando nelle piccole crepe tra uno scoglio e l'altro, alla ricerca di qualche conchiglia o di semplici suoi residui colorati. Silenziosissima, vera e propria parte di quell'atmosfera sovrastante. Com'ero probabilmente circa un lustro fa, ma chi può dirlo: forse un pezzo di questo sogno risiede ancora in me, nella mia parte teneramente bambina.