(continua da parte 2)
Mille-giorni-di-luce ha cercato e ricercato dentro la gabbia di legno. Della chiave per Chamois, nessuna traccia.
Le ragazze hanno fretta di allontanarsi. Il cavallo è percosso dalla giovane con i capelli corti mentre le altre cominciano a spingere la carrozza da dietro.
Mille-giorni-di-luce siede sul ciglio del sentiero, ma come vede bestemmiare e arrancare nel fondo della notte, si alza per spingere. Spingono per smuovere la gabbia di legno come si trova, è troppo pesante per raddrizzarla sulle ruote. Pochi passi e finirà oltre il sentiero, precipitando nel fossato.
Precisione vuole che i passi risultino tre, donna Federica vorrebbe che venissero tagliati i finimenti per liberare il cavallo. Ma no. Non c'è tempo, capelli corti colpisce i fianchi del cavallo e la carrozza precipita nel fosso. Il buio impedisce di vedere, ma dopo il fracasso di sfasciume e pochi nitriti sospesi, torna il frusciare del vento tra gli alberi. Alla luce della torcia le galeotte guardano al sentiero dove restano i corpi nudi degli uomini, contorti sul ciglio della strada.
«Bisogna gettare di sotto anche le guardie.»
«E le vesti, pure le nostri vesti, buttiamole!»
«Scusate, mi sembrano quasi asciutte.»
Le ragazze ridacchiano, «Vorresti metterti le nostre vesti sporche di merda e di piscio?»
«In questi panni inzuppati sto morendo di freddo.»
Fanno spallucce - tanto meglio, passerà per una di noi. Donna Federica guarda sconsolata mentre Mille-giorni-di-luce, indossata la prima veste, si appresta a mettersi addosso anche la seconda. Quella che copre donna Federica è leggera e lei si stropiccia le braccia per il freddo. Mille-giorni-di-luce la guarda, si ferma e le porge la seconda veste. Lei sorride e la prende. Il gesto improbabile la fa sentire più forte e non nasconde la sua curiosità,
«Scusate, siete davvero una donna?»
Silenzio.
«Scusate, siete un uomo?»
Silenzio. Prova a cambiare domanda, «Perdonate, a Chamois potremo andare anche senza chiave o non c'è altro modo di entrare la vostra dimora?»
«Non lo so» scuote la testa «è casa di mio zio.»
«Un caro zio vi aspetta?»
«E' morto da due mesi.»
«Perdonate le mie domande insistenti…»
«Perdio, la finite di cianciare? Allontaniamoci da qui.»
Dopo pochi passi la più giovane si ferma «Stanotte resteremo al gelo se non accendiamo un fuoco.»
«La legna è tutto bagnata, perdio!»
«Quando andavo in giro con i compagni nomadi,» la ragazza si tocca la fronte indolenzita «sotto le foglie prendevano rami meno bagnati che si lasciano accendere. »
Il gruppo cammina addentrandosi in un luogo riparato, una depressione tra un gruppo di betulle.
«Domani mattina, davvero ci condurrete con voi a Chamois?»
«Sempre a parlottare voi due! Ci vogliono legni piccoli, non restate impalate, andate a raccogliere mentre scaviamo.»
Donna Federica guarda perplessa la ragazza che muove le dita sul terriccio, «Scavare?»
«Non sai accendere un fuoco?» la ragazza dalla tempia scorticata scuote la testa, sospira esibendo una certa superiorità e riprende a grattare la terra. L'altra dai capelli corti le fa luce con la torcia e insiste «Che fate ancora qui?» Di fronte alle facce perplesse, «Perdio, Alice ve l'ha detto, rami asciutti si trovano alle radici degli alberi!»
Mille-giorni-di-luce si alza seguito da donna Federica che però viene fermata dalla ragazza «Anzi no. Tu resta con a me per cercare ceppi.»
Il primo carico di giovani rami non è sufficiente. Mille-giorni-di-luce si allontana e torna con altri piccoli rami. Finalmente si alza un fumo denso e umido.
«Il pane è soltanto per me» mostra il coltello «Ne darò un pezzo a chi decido io.»
«Che fame. Accidenti, c'è il cavallo morto!»
«E’ finito nella scarpata perdio, vai a raggiungerlo se vuoi.»
«Scusate, ho visto che c'è anche l'altro, quello schiattato sul sentiero.»
«Davvero? E noi altre come abbiamo come fatto a non vederlo?» il fuoco si sforza di rosicare il legno silenzioso «Perdio, l’abbiamo lasciato in bella mostra sul sentiero!»
«Ti è proprio necessario bestemmiare?»
«Donna Federica, grazie per correggere i miei modi indegni del Padre Eterno. Ma permettimi di ricordarti che sei anche tu un collo da forca.»
«Già» le fa eco la ragazza con il grumo rossiccio alla tempia «racconta al nostro salvatore che cosa hai fatto a tuo marito.»
«Perdonate, non sono un salvatore.»
«Scusa, preferisci salvatrice?»
«Basta!» capelli corti ha fame «adesso vado a tagliare carne fresca. Sia chiaro, la prima che mi tocca il pane, come torno e ne manca vi sgozzo tutte!»
Il fuoco continua a stentare, il fumo abbonda fuligginoso e umido.
«Santissima madre, andiamo tutte e basta.»
«E al fuoco chi bada?» fa la più giovane.
«Va bene, tu baderai al fuoco ma il pane lo tiene la nostra signora Federica, lei così decorosa e ben educata.»
Il coltello di capelli corti incide la carne dura e Mille-giorni-di-luce si fa forza con le mani per strappare il muscolo rosso. Federica tiene la borsa aperta. C’è odore di carne e di pelle. Il polpaccio di una delle gambe posteriori e poi il collo vengono scarnificati in strisce sanguinolente.
«Non vuoi dirci come ti chiami, perché?» il tono è duro ma tenta di conciliare «Io mi chiamo Eunice e la "nobildonna" che non perde occasione per richiamare alle giuste maniere si chiama donna Federica».
Silenzio. Indispettita, continua con tono canzonatorio «Ha ammazzato il marito con il veleno. Non è la santa che vorrebbe far credere.»
«Mi picchiava tutte le sere, ho perso il bambino cadendo dalle scale di casa.»
«Siamo state tre giorni chiuse là dentro, dì quante volte l'hai raccontata questa storia! La verità è un’altra, lo sai. Sciocca illusa a pensare che avrebbero bevuto la storia che tuo marito era morto per il cuore debole!»
«E tu, tu hai…»
«Non parlare di me stronza!» gli punta il coltello in faccia, poi si rivolge a Mille-giorni-di-luce «sì, anch'io sono stato poco coraggiosa. L'ho avvelenato il piccolo bastardo.»
«Era tuo fratello minore.»
«A lui andava tutto il terreno e la casa. E io dovevo farmi monaca, cristo santissimo.»
Mille-giorni-di-luce ferma le sue mani «E quella ragazza, lei che ha fatto?»
«Alice, lei viveva con il suo gruppo nomade e faceva la mentecatta di città.»
«La borsa è piena» dice sommessa donna Federica e comincia a legare i lacci della borsa.
«Perdio, inutile che chiudi i lacci. Piuttosto dobbiamo spingere l'altro cavallo nel fosso.»
Ci provano. Rinunciano poco dopo perché è troppo pesante. Tornano dalla ragazza che gioca con un legno accanto al fuoco.
«Alice, il nostro eroe vuole sapere cosa hai fatto per meritare la forca.»
Quella si acciglia e abbassa gli occhi.
«Che fai, non parli? Sei timida come la nostra signora?»
«Mi si voleva abusare»
«Dunque sarebbe stata la prima volta che mano d'uomo ti toccava, poverina! A chi vuoi darla a bere?»
La carne infilzata su rami è dura, stopposa e più affumicata che cotta. Il pane è razionato ma tutti ne hanno un pezzo; Eunice trattiene per sé il più grosso ma ha diviso il resto temendo che, come avesse preso sonno, sarebbe finita con la gola tagliata.
«Alice, racconti la verità o devi continuare a menar balle?»
«Gli ho preso il borsello mentre se ne stava in taverna a dormire sul boccale.»
«Non dormiva veramente.»
«Accidenti, non dormiva. Perciò ho dovuto, mi bloccava il polso.»
Appare un chiarore tra le nubi e il vento rivela la luna a tre quarti.
«Falla finita e dillo che l'hai sgozzato!» Eunice strappa a morsi la carne, è più affumicata che cotta.
«No, ho soltanto provato a minacciarlo con il pugnale ma...»
«Ma cosa?»
«Chiamava le guardie senza mollare il mio polso. Per un borsello capite, un borsello che avevo già mollato e aveva a terra. Doveva solo prenderlo.»
«Però non l'ha fatto e gli hai piantato il coltello sul collo. »
«Sono scappata ma mi hanno preso.»
Eunice è soddisfatta. Non solo lei, tutte e tre assassine meritevoli della forca, «Servono altri legni» avanza con tono sfrontato «caro eroe senza nome, puoi essere così cavaliere da prenderli per noi?»
«Lasciala in pace»
«Lasciala?»
«Sì, è una donna anche lei, lo so.»
«Capisco donna Federica, pensare così di lui ti smuove il sangue nelle vene, vero?»
Nessuna risposta.
«Racconta cosa facevi con quella serva che ti eri messa in casa.»
«Eravamo soltanto amiche. Era Edoardo che pensava male. Come te.»
«Non si uccide un marito per un bel visino di serva scacciato di casa.»
Torna il silenzio nel crepitare del fuoco che ondeggia e perde forza.
«Servono rami, perdio. Cortesemente ce li prendi?»
«Perché lei?»
«Abbiamo le braccia mezze rotte da tre giorni di catene, cristo santissimo.» poi fissa in volto Mille-giorni-di-luce «Non hai niente in contrario a farci questo favore, vero?»
Non risponde, si alza seguito da donna Federica che ha preso la torcia conficcata nel terreno. Le due ragazze restano davanti al fuoco sempre più debole che oscilla al vento.
Al piede della quercia cercano sotto le foglie. Donna Federica trova il coraggio di una domanda,
«Che ci facevi nel bosco con addosso soltanto una maglia bagnata e infangata?»
Mille-giorni-di-luce incrocia il suo sguardo al bagliore della torcia «Ci sono ferite che non passano…»
«Sì, ma da dove andavi? Perché non vuoi parlare di te? Proprio non vuoi dirmi neanche il tuo nome?»
Le parole incalzanti deformano il cerchio del contatto. Mille-giorni-di-luce sapeva che sarebbe successo. Quando parla con qualcuno, si forma un fumo denso di domande impossibili da affrontare e la solitudine gli resta addosso immutata, immobile. Decide di spingersi nello stesso cerchio ampio di domande,
«Voi dove andavate?»
«Eravamo dirette a Torre dei balivi.»
Torna il silenzio. Mille-giorni-di-luce smette di guardare il volto della donna e cerca ancora tra le foglie marce. Il cerchio delle parole non lo si può spiegare, è la scelta di due volti quando s'incontrano; c'è il cerchio ampio e rarefatto delle frasi sociali, quello interno delle rare amicizie e infine il cerchio nero che tieni nascosto e vorrebbe moltitudini di colori - pretenderebbe d'essere chiamato spirito di assoluto, un bel nome per un cerchio inutile. Impossibile condividerlo.
«Ti confesso, andavamo a morire per mano della giustizia umana.»
«Anch'io andavo a morire. » si ferma, cerca i suoi occhi, il cerchio resiste «Non per forca altrui, ma per mia stessa mano. »
Lo dice e ci pensa un istante: sì, donna Federica sarà soltanto un’ennesima delusione. Azzarda, «Ci sono ferite che non passano, sono vermi che divorano l’illusione di vivere.»
Silenzio. Resta a spiarla in viso cercando di cogliere imbarazzo o indifferenza, mentre con le mani smuove le foglie con meno convinzione. La donna cerca il suo sguardo, «Però a volte la voglia di vivere torna »
«Sì, torna. La voglia di vita è un contagio effimero.»
«Effimero, ma spalanca il buio a volte» donna Federica accompagna le parole con un sorriso. Di fronte al sorriso di un viso pesto è difficile raccontare menzogne «Sì, a volte basta un sorriso sincero.»
La donna si sistema i capelli, ha preso coraggio e diventa audace, «Scusa l'impertinenza, sei una donna anche tu?»
«E' così importante per te?»
Le mani di Mille-giorni-di-luce rimuovono rapide le foglie bagnate «La mia voce, diresti che è di donna?»
«Non lo so, neanche di uomo però.»
«Perdonami, è vero che preferisci lo sguardo delle donne?»
Il viso di Federica diventa di porpora «Che importa, sono buona per la forca.»
Mille-giorni-di-luce non trattiene più un sorriso. Lei si sistema una ciocca di capelli luridi, e con voce sommessa insiste «Io merito di morire sulla forca.»
Mille-giorni-di-luce scuote debolmente la testa e dice di no con gli occhi. E' un attimo di risonanza tra i cerchi. Nero di notte. Un istante sfortunato perché il piede di Mille-giorni-di-luce incontra la testa triangolare, le pupille a fessura dell'animale che dorme. I piedi sono nudi e i due denti toccano la caviglia destra - quasi la sfiorano, incidendo appena la pelle. Alla luce della torcia appaiono due forellini rossi. Il dolore diventa lancinante.
«Lo sapevi e ce l'hai mandata apposta!»
«Sei pazza?» prende un pezzo di carne con il coltello «Lo sanno tutti che sotto le foglie dormono le vipere».
La più giovane socchiude la bocca e si affretta a sedare gli animi «davvero non sapevate i rischi a cercare tra le foglie?»
Donna Federica allontana i capelli dal viso e si prepara a chinare le labbra sulla caviglia ferita.
«Prima che tu lo faccia pensaci..»
«Potresti prenderti il veleno nelle gengive, signora candida.»
«Dovresti ascoltare quello che ti dicono», Mille-giorni-di-luce non vuole dismettere i panni dell’eroe e cerca di allontanare la gamba dal volto di Federica.
«Cara signora, lo vedi quante premure ha per te anche nel momento del bisogno? Guarda sotto la sua veste e troverai un uomo.», ridacchiano. Donna Federica in risposta succhia la pelle morsicata e sputa a terra. Ha un taglietto sul labbro che si ribella subito. Succhia anche il proprio labbro gonfio e sputa ancora.
E' passata una, due ore. Il ceppo sul fuoco resiste e, tra fumo e fiammelle, nel buio del cielo sgombro di nubi si intravede giallo verde, aloni di stelle. Le due ragazze hanno preso a sonnecchiare, vorrebbero fare a turno ma non ci riescono.
«Vivrà?»
«Sì che vivrà, hai visto che è appena un graffio.»
«Di vipera, per me non campa.»
«Ma no, la nostra signora ha saputo muovere bene la bocca!» ridono ancora, poi a capelli corti viene un sospetto; copiando il tono signorile che ha dovuto sentire per tre giorni, conclude serafica «Se il nostro salvatore non morirà di polmonite, quando la signora Federica scoprirà che è un uomo, a Chamois ci sarà un altro morto di crepacuore.»
«Vuoi dire un altro..»
«Sì, un altro veleno nella tazza di porcellana del tè, stanne certa!»
Donna Federica si mostra sdegnosa e non replica; accarezza il volto di Mille-giorni-di-luce che alza la testa lentamente e insiste che bisogna tornare indietro al primo chiarore dell'alba.
«La palandrana, ce l'ho nella palandrana.»
«La chiave?»
«Sì, la chiave per Chamois.» ricambia il sorriso della donna e la sua anima sale sugli alberi.
«Possiamo fermarci a casa tua o verranno a cercarci i gendarmi?»
«Perdio, che vi mettete in testa voi due? Proseguiamo oltre confine.»
«Sì, raggiungiamo il mio gruppo, quelle come noi sono rispettate.»
« No, io penso che torno indietro.»
«Sei pazza, vuoi seguirlo fino a Chamois?»
Mille-giorni-di-luce sussurra «C’è una casa da riscaldare, pane bruno e latte caldo.»
Le ragazze scuotono la testa, non se ne parla neppure. Per Federica le stelle cominciano a tremare. Si lascia scappare un sospiro «Dicono che a ogni morte dell'anima….»
«Basta idiozie!»
«A ogni morte» riprende senza stizza, noncurante «a ogni morte dell'anima, segue una resurrezione.»
«Sei una sciocca. Noi andiamo prima che faccia luce e ci vengano a cercare.»
«Sì, sono la solita sciocca. Lasciatemi qua.» guarda il viso di Mille-giorni-di-luce che finalmente ha gli occhi chiusi. Si ripete le parole che gli ha sentito poco prima «Una casa, pane caldo e latte. Ed è tempo di castagne, i ricci devono essere pieni.»
Federica insiste a guardare le palpebre chiuse, «Forse a Chamois noi due possiamo vivere, deve essere così.»
Le risponde il silenzio delle stelle. Aloni di giallo e di verde nella notte.
FINE