... dipenderà da quanto avrò da dire.
Quel giorno di fine estate lì al parco durante la lezione di tennis, lei era vestita in modo molto appariscente. Un abito nero corto dall' ampia scollatura, e tacchi altissimi. Accompagnava la figlia e intanto si sedeva ad aspettarla sulle poltroncine rosse che guardavano il campo. Quando mi sedetti accanto a lei, cominciò a parlare di se stessa e di quanto sentisse caldo a quell'ora. Una conversazione a tratti, nel tentativo di intrattenimento.
Il venerdì successivo non perse occasione di farmi notare le sue scarpe nuove, e quella gonna rossa modellata ai fianchi. Non so cosa mi spingesse ad ascoltarla, e tuttavia senza riuscire a trovare un argomento interessante.
Dopo tre venerdì di seguito niente era cambiato, lei continuava a venire alle lezioni in modo esagerato ed io a chiedermi il perché di quella ostentazione.
Poi un giorno lei notò il colore dei miei capelli simile a quello suo, e mi raccontò che il suo l'aveva costruito a tavolino dopo aver subito per anni da bambina e ragazzina poi, la voce della madre che le diceva quanto fosse bello il suo castano. E così per i vestiti poi. La obbligava a mettere ridicoli abitini che avevano lo scopo di attirare risolini e battuttine dai compagni prima e dal resto della gente poi. E quel suo naso poi, era un tutt'uno col resto della sua figura. Difficile accettarsi e quanto era stata male, perciò non voleva più soffrire.
