C'era una volta un signorina molto dabbene, frequentava i salotti migliori della sua piccola città, andava ogni domenica a messa e non la si vedeva mai in giro al pomeriggio perché occupata con le sue lezioni. Tutti la stimavano per il suo comportamento e lei si compiaceva di compiacere. I giovani della sua età non si rischiavano ad avvicinarsi, dicevano che lei era troppo seria per perdere tempo con loro e i loro giochi. E così si tenevano alla larga da lei e lei faceva altrettanto. Quando camminava per strada teneva sempre gli occhi bassi, tuttavia aveva sempre una buona parola per tutti, tutti coloro che se la meritavano s'intende. E dunque i poveri, ma quelli per davvero, le donne senza un marito, ma quelle per davvero, gli uomini senza un lavoro, ma quelli per davvero. E così tutti costoro si sentivano protetti da lei così tanto giusta con loro e così tanto arrabbiata con il resto di chi non era per davvero. E a quelli che non erano per davvero diceva in faccia: “non siate falsi e ipocriti che la vita credito non lo fa a nessuno!”. Mentre a quelli per davvero non parlava nemmeno, si meritavano quel suo sguardo attento e prodigo di attenzioni. E se per caso qualcuno di quelli che non erano per davvero solo si arrischiava a dire che nulla è per davvero, lei si trasformava in viso e nelle parole e cominciava a lanciare frecce e saette. “Non offendete la mia intelligenza” diceva, e giù a lanciare parole come fossero sermoni su cosa è vero, che niente è relativo, che ciò che è puro non si discute, che non esistono belle parole per chi ha sbagliato e che sono falsi tutti coloro che vedono le cose da più angolazioni. “L'angolo è uno solo”, continuava, “e su questo non si discute, ed è un'ipocrita chi dice che ce ne sono tanti ”. Il prete della chiesa era contento di quell'anima pura al servizio dell'integrità e sempre più la coinvolgeva negli incontri con la comunità.
Un giorno di tanto tempo fa, quella fanciulla trovandosi a passare per una via vide un negozio nuovo di libri e velleità, fotografie, fermacarte, penne e taccuini insomma tutto ciò che attira e che non ha età. Entrò e bussò al bancone senza ottenere alcuna risposta, frattanto andò in giro a curiosare di qua e di là. Vide e vide, e poi richiamò: “c'è nessuno, c'è qualcuno, sono la signorina dabbene che passava di qua”. E qualcuno rispose, in verità, voce di uomo mai udita prima, bella, profonda, di petto e sensuale. La signorina in un attimo si sciolse, chiudendo gli occhi immaginò quel giovane, sicuramente bello, elegante e anche tanto per davvero e volle risentirlo. Quello affaccendato le disse: “chieda pure io di qua la sento, non posso lasciare il mio lavoro troppo importante adesso, ma prego dica che poi la servirò e non me ne voglia se non passo subito di là”. Lei così incorraggiata cominciò a parlare, curiosare e chiedere di questo e quello e quello dall'altra parte a rispondere garbato, attento e sempre per davvero. E forse durò mezz'ora poco meno o poco più quel botta e risposta di grandi temi profondi e di attualità, che finalmente la signorina cominciò a cadere al suolo convinta di aver trovato la sua metà, perfetta, integra, pulita e assoluta. E quando disse al giovane: “orsù passi di qua”, quello rispose celere: “ancora un attimo e mi vedrà”. Dopo poco dal fondo di un corridoio buio e pieno di oggetti vari lei scorse una figura e subito si aggiustò, e quando vide quell'uomo trasandato, nero di pelle, e qualche ruga di qua e di là, non fece in tempo a riconoscerlo che si accasciò al suolo con grande botto e tanta polvere di scarpe e di vestito. Saranno le sue gonne, pensò quell'uomo, e si premurò di farla rinvenire con qualche profumo, di quello intenso e senza pregiudizio. La signorina si riebbe, per carità, e a stento riuscì a dire: lei? Proprio lei, che ci fa qua?
“Io sono io, quello di questo negozio qua”.
“Non è possibile” urlò la signorina imbestialita, “mente come ha sempre fatto”.
“Mi dispiace per lei, non l'ho mai fatto, ho sempre detto d'essere uno che vende, e sempre scritto tutto il mio sapere, e sempre le ho ricordato che non è il vestito a fare l'uomo vero, né una parola detta senza una macchia sulla camicetta ”.
La signorina ancora sotto choc non poteva credere alla sua vista, quell'uomo proprio quello, tra quelli che non erano i cosiddetti veri, uno di poco conto sempre relativo, con tante donne e mai una, con tante viste e mai una sola, proprio quello l'aveva vista dentro e con tutte le sue lenti, alla di lei che si era lasciata andare, a quei discorsi, a quelle belle parole. Odiò ammetterlo, aveva sbagliato ancora e sempre in tutti quegli anni di rettitudine non dimostrata, di vanto della parola, di questo e quello solo così dall'alto di quel pulpito che si era costruita. Chi era, ora si diceva, lei così per davvero, per anni e per ragioni sempre e soltanto quelle, e poi d'improvviso scorgere una se stessa di carta e senza nemmeno un pennello. Pianse a calde lacrime, quelle per la prima volta vere per davvero, vedere e poi ricredersi di anni e di teorie, le fece proprio un gran dabbene. Così uscì da quel negozio senza nemmeno un fiore, per anni a denigrare dicendo fosse per davvero, e poi senza sapere proprio cosa lo fosse davvero. Tornò nella sua casa spoglia, la vide triste e sola, si tolse quelle gonne, levò il cappello e i guanti, si mise al pianoforte e lo guardò suonare. La musica del silenzio vero dopo tanto vociare per davvero .