Sto bene quassù.
Il vento è leggero, delicato quel tanto che basta per carezzare la pelle, rinfrescandola dal caldo di Luglio.
Mi stringo a lui, sussurrandogli «Ti amo tanto».
«Tonto?» mi risponde, nascondendo un sorriso.
Dall'altro lato della strada quatto amici ridono, di un riso pieno e gioioso.
Parlano di qualcosa che non sento, s'abbracciano e giocano ad un gioco che non conosco. E si guardano, e si sorridono a vicenda, complici.
Un'auto passa correndo, alzando una nuvola di polvere scura e pesante.
«Coglione» urla l'anziano poco lontano da noi.
Lo guardiamo annuendo col capo.
Con fare tipico delle persone anziane, appunto, attacca bottone con lui, su quanto stupidi siano i giovani di oggi. Per conto mio me ne torno a guardare la mia scena, dall'altro lato della strada.
I quattro amici fanno una foto, poi, spariscono lentamente insieme alla nuvola di polvere. Allungo una mano, quasi a voler stringere quell'immagine che sparisce, ma non c'è nulla da fare.
E dentro di me, improvvisamente, ricordo un verso di una canzone.
Muovo lentamente le labbra, ripetendo in automatico, quasi in silenzio, quella frase:
«E intanto, il tempo passa e tu non passi mai.»