Anni '30, due giovani nel giorno del loro matrimonio. Lei è ritratta timida, appena ventenne e dallo sguardo incerto, lui qualche anno in più e tuttavia smarrito. Un velo a corona che scende sulle spalle incornicia il volto della sposa mentre un caschetto di capelli s'intravedono soltanto dal ricciolo che per sbaglio le fuoriesce ribelle poggiandosi su una guancia. Il corpo invece coperto fino al collo in un abito quasi monacale. Solo un accenno di scarpe e un fresco mazzolino di margherite alla mano destra. Che dire dello sposo nel suo completo del giorno più bello, chissà quale il colore, forse era nero o anche grigio e per niente marrone. I suoi capelli lisci e lucidi portati con una scrima a destra e una camicia bianca di sotto alla sua giacca, chiusa con un nodo di cravatta. Alle spalle un muretto e qualche fiore, appena accennato o forse ormai sbiadito. La carta stampata distrutta dai mangiacarte e tutta dal lato dello sposo. Lei, la sposa ancora intatta, mantiene quello sguardo a perdersi tra i campi, come fosse che ieri sia stata ritratta. Nemmeno un cenno di entrambi a prendersi per mano, nemmeno uno sguardo scambiato o un bacio di labbra accaldate. Due figure l'uno accanto all'altra chissà quali pensieri, sembrano pensare. Di quel giorno senza tempo di un tempo ormai trascorso rimane ormai solo un ritratto e scomparsi invece sono i corpi. Eppure quel giorno, tanto tempo è passato, è stato vissuto e adesso strano a dirsi non è rimasto nemmeno un sassolino.
Giugno 1930 “Giuseppina e Domenico”