TRE MESI
Tre mesi. Sono passati tre mesi. Quella mattina mi svegliai più presto del solito. Me ne accorsi dal silenzio che mi circondava, dentro e fuori. Avevo preparato tutto con cura la sera prima, come si fa quando si preparano i bagagli per un viaggio che si desidera tanto. Questo viaggio lo avevo aspettato veramente tanto, da sempre. Ma io sarei rimasto qui questa volta, non avrei preso alcun mezzo di terra o di cielo, avrei aspettato notizie, se mai ne fossero giunte. Spesso avevo pensato a questo momento nelle notti insonni in cui tu esigevi la mia presenza, incurante delle mie energie ma prepotente come sempre. Quanti caffè e acqua fredda in faccia mentre il giorno si affacciava pian piano, in silenzio per non disturbare. Ma ero stato io a volerti e quindi non mi lamentavo, era quello che volevo, anche quando non sapevo di volerti ma mi giravi intorno portandomi da te.
Ora tutto era pronto nei minimi dettagli perché tu partissi. Roma, Milano, Napoli, Venezia, Firenze, Lucca e tante altre magnifiche città italiane ti attendevano, anzi, non ti attendevano affatto.
Sulla scrivania tutto era in ordine, un ordine che il mio disordine non aveva mai conosciuto prima e di cui sono andato sempre fiero come se fosse un talento innato da difendere. Una pila di manoscritti da una parte , si chiamano così anche se scritti in Word e fotocopiati, al centro lettere indirizzate con sinossi e note diverse per ogni casa editrice o collana e poi buste imbottite perche il viaggio risultasse più agevole. Dopo un anno di simbiosi ci separavamo, andavi a cercar fortuna si sarebbe detto in altre epoche riferendosi a emigranti in cerca di lavoro e pane. No, tu cercavi lettori, né fama né gloria. Statisticamente le possibilità per un esordiente di pubblicare un libro sono di poco superiore a zero e i tempi sono lunghissimi, ma non avevo pensato a questo mentre le pagine bianche si animavano, i personaggi venivano fuori come se fossero lì da sempre ad aspettare. Erano tutti con me quando chiudevo le buste piene di loro e sentivo i loro passi, le loro voci e qualche parole di incoraggiamento per questa nuova avventura. Andavano lontano da me, dal mio quotidiano, dall’odore del caffè che ci impregnava da sempre. Forse avrei sentito la loro mancanza, sicuramente li avrei cercato ogni tanto tra le righe, come si fa con le foto dell’amata.
Un libro sulla “tabula rasa” con un titolo dissacrante. Roba da alienato mentale masochista mi ero detto spesso. Una sfida nella sfida. Considerando che non segno goal in squadre blasonate, mai indossato maglietta e pantaloncini, per essere pignoli, e non conosco ricette di cucina inedite, le possibilità diventavano infinitesimali.
Ma non era un saggio, mi ero detto con convinzione. Un saggio in fondo, ma anche in realtà, è un copia ed incolla di citazioni famose intervallato da qualche considerazione più o meno originale. Dedicato a studiosi, spesso scrittori di saggi, o addetti ai lavori che non possono non averlo nella loro austera e sconosciuta libreria di casa o deserta biblioteca scolastica.
Ma non era neanche un romanzo anche se personaggi accennati qua e là nel libro spuntavano a sostegno di una tesi o dell’altra o di nessuna delle due. Il protagonista virtuale dell’opera inedita che si presentava all’editoria italiana non aveva un nome, cognome, volto. E non era stata una mia imperdonabile dimenticanza, solo un fatto naturale, spontaneo. Da sei mesi a ventiquattro anni era il tempo previsto per un’eventuale lettura e valutazione avevo letto su un sito bene informato. Forse nessuno lo avrebbe letto in ventiquattro anni in quanto non presentato da alcuno e senza intermediazione di alcuna agenzia. Il mondo va così anche se si parla ancora di manoscritti. Cassonetti riservati a carta da riciclare, bontà loro, e scaffali illuminatati di librerie del centro si alternavano nei miei sogni che strizzavano l’occhio a Kafka. Farsi leggere è quasi impossibile sentenziavano su web altri aspiranti scrittori temerari ormai stanchi, soprattutto se non si è disposti a dare un contributo per la pubblicazione, quasi un obbligo per gli esordienti sconosciuti come me. Io penso che un libro deve avere qualcosa da dire e non qualcosa da dare e esclusi chirurgicamente questa farsa della pubblicazione a pagamento. Se volevo dare delle copie a degli amici non era necessario stamparne centinaia a pagamento. Non ho così tanti amici e di quelli che ho non tutti esulterebbero nel leggere oltre un centinaio di pagine sulla tabula rasa . Li capisco e non li biasimo ma il libro è anche divertente, profondo, ironico, paradossale addirittura romantico in qualche pagina. Ma contro ogni più rosea previsione dopo solo una settimana giungeva una mail. Credevo che fosse il messaggio di ricezione del plico, fra l’altro si trattava di una casa editrice a me molto cara, tra le mie preferite in quanto tratta argomenti collegati in qualche modo con il mio libro. Il mio editore ideale insomma!
"Ho apprezzato la lettura del tuo libro, che trovo essere originale.
Tuttavia, la nostra casa editrice ha l'intento di proporre opere
con contenuti che non abbiano riferimenti religiosi, in modo
da rispettare la sensibilità di ogni lettore."
Ho riletto più volte il messaggio e di una cosa ero certo: avevano letto il libro altrimenti come avrebbero potuto parlare di quella paginetta di presunta insensibilità che ricordavo corrispondere alla pagina 97 e che non avrei tagliato neanche se me lo avesse chiesto il primo editore italiano ? Piuttosto avrei tagliato tutte le altre, che potevano essere un contorno.
Non volevo trasformare la magia della scrittura di un libro in un’attesa snervante . Scrivere il libro della mia vita era stata un’esperienza straordinaria, superiore alle previsioni ed ora volevo pensare ad altro, lasciare il ricordo immacolato. Che fare? Suggeriva la letteratura russa, a me tanto cara.
C’era un solo modo per non pensare al libro parcheggiato in qualche sottoscala o già in discarica. Scrivere, qualunque cosa, ma scrivere. Nel mese successivo era già pronto un altro libro ed un editore che vuole pubblicarlo perche lo trova perfettamente in linea con la sua produzione letteraria. Che delusione! Il libro della mia vita aspetta mentre quello chiodo scaccia chiodo sente odore di stampa. Certo non riguarda la tabula rasa, tutt’altro , ma non merita alcuna menzione , solo la pubblicazione.
Gli altri due mesi oltre un centinaio di poesie, mondo a me semisconosciuto, si materializzavano quasi involontariamente , come era accaduto per il primo libro, e guardo poco la cassetta della posta, virtuale e non.