Autore Topic: Continuando l'incipit nr.2 - La fine  (Letto 445 volte)

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Continuando l'incipit nr.2 - La fine
« il: Agosto 27, 2012, 16:40:57 »
A Ciro 











Vincenzo tuttavia non rinunciò a quel pensiero e la mattina successiva si alzò di buon'ora e si diresse alla Scuola d'arte. All'ingresso c'era un signore con i baffi e un camice nero che subito gli chiese cosa volesse. Saputa la questione lo mandò in una stanza al primo piano chiamata Segreteria. Lì Vincenzo si trovò di fronte a persone molto impegnate, chi rispondeva al telefono, chi scriveva a macchina, chi compilava fogli di carta e quando timidamente pronunciò una parola gli fu intimato di rispettare il turno.
Finalmente un uomo con  gli occhiali sul naso gli si avvicinò, e a lui espose il suo quesito. L'uomo gli rispose che avrebbe dovuto portare dei documenti, una tessera di riconoscimento e la licenza media.A quel tempo della passata guerra si aveva solo un ricordo, perciò tornò a casa e riferita alla madre la veridicità della notizia subito si misero entrambi alla ricerca del certificato di licenza che fu impossibile trovare, infatti gli anni e i ricordi erano sfumati con il fumo delle cannonate dei mortai di guerra.
Ritornò a scuola e raccontò tutto al signore con gli occhiali sul naso ed egli gli rispose: figlio mio, non posso aiutarti! Vincenzo allora se ne andò intristito ma, fatti aveva pochi passi che si sentì subito richiamare dall'uomo che gli disse: a meno che tu  voglia frequentare l'Istituto per sei anni, infatti non avendo il diploma puoi sempre scriverti alla prima media rifacendo daccapo l'intero percorso.
E fu così che Vincenzo frequentò per sei anni l'Istituto. Il primo giorno di scuola arrivò puntuale al cancello della scuola. C'erano una gran quantità di giovani, chi si salutava in tono amichevole, chi seduto sul muretto chiacchierava allegramente, chi correva trafelato pensando fosse arrivato tardi, chi semplicemente si dava delle arie facendo gruppetto a parte, finalmente squillò una campana e tutti entrarono nel grande atrio della scuola, lì furono formate le classi, e Vincenzo erroneamente fu accompagnato in classe 3A superiore da un bidello che non conosceva la sua storia ma che lo aveva visto in età da superiori. Ma rimase poco, chiarito l'equivoco fu condotto senza perdere altro tempo in classe I A. Fu umiliante ritrovarsi seduto su quei banchi con accanto solo compagni bambini;  e se anche fu spiegato loro il motivo della sua permanenza nella classe non mancarono sguardi ammiccanti fra loro, qualche risatina o un brusio di sottofondo che fu bloccato tempestivamente dall'insegnante.L’Istituto statale d’arte di Catania era una sezione staccata  da quella di Palermo, era ospitato in sei aule più un lungo corridoio e un vecchio sotterraneo ripostiglio che accoglieva le aule di scultura , di plastica e modellato, situato al piano rialzato del vecchio e incompleto Convento settecentesco dei Padri Benedettini . Un lungo poderoso colonnato cingeva il grande cortile a pianta quadrata. Vincenzo trascorse da studente lì i suoi anni scolastici, lì in quella struttura severa  ma tanto particolare dove imparò a socializzare coi compagni e professori, in quello spazio saturo di storia e di preghiere scoprì un mondo che lo aiutò tanto a capire se stesso, la sua educazione d’artista ma anche di futuro educatore. Si viveva insieme nell'Istituto, non come semplici studenti ma come compagni in attesa di spiccare il volo della vita.
Un minuscolo alunno che si chiamava Teri Polo era tanto legato a Vincenzo. Vicè, Vicè lo chiamava e sorridente aggiungeva: Ma tu così alto non ti vergogni a stare insieme a noi bambini?
Così trascorrevano i giorni, senza grandi novità, solo un enorme sforzo caratterizzava l'impegno di Vincenzo. E non mancavano di certo incomprensioni anche con gli insegnanti, Vincenzo era un adulto ma, pur sempre uno studente in ritardo e perciò non gli veniva di certo risparmiato il suo compito o addolcita la sua pillola. Un giorno infatti, l'insegnante di lettere lo chiamò a recitare una poesia sul gallo che prevedeva anche la ripetizione del verso dell'animale, e Vincenzo con gran pazienza e dignità ripeté tutto nonostante la vergogna mentre i suoi compagni bambini   continuavano a ridere di gran gusto. Insomma, chi più poteva tirava e ogni tanto la corda si assottigliava al punto che rischiava di rompersi. In tempi tristi, quando l'umore bisognava di un incoraggiamento, quando occorreva una motivazione maggiore, Vincenzo, nel suo silenzio dipingeva. Sì, non aveva grande materiale, a lui bastava poco, riciclava qualunque cosa e con ciò dipingeva paesaggi lunari a tinte gialle e nere, o campestri, con i colori a tinte vivaci proprie della sua campagna in primavera.
La sera, tempo permettendo, prima di andare a letto discuteva, seduto sul gradino di casa, con don Saro, un anziano sapiente, e le mezze parole di quell'uomo lo confortavano e lo spronavano ad alzarsi dal letto l'indomani e trovare il coraggio di andare a scuola.
Vincenzo non aveva molto appoggio dalla famiglia, le sorelle erano ancora piccole e suo fratello pensava solo a divertirsi e guadagnare solo per spendere. La madre era troppo preoccupata di portare il cibo a casa per potersi fermare e parlare con il figlio, e a maggior ragione da quando a quest'ultimo “gli era preso il pallino” della scuola e soldi a casa ne entravano di meno. Ma il tempo passa, inesorabile, per tutti e tutto, e passando lascia dietro di sé belli e brutti ricordi, fatiche e gioie, ansie e sicurezze. Si avvicendano i giorni, e tutto diventa presente, vissuto con la consapevolezza d'essere un po' più diversi di ieri, e così più sicuri si diventa più forti. Anche Vincenzo divenne sicuro, e forte, conquistando l'animo dei singoli compagni e della scuola. Ne divenne il rappresentante, fu a capo del comitato studentesco riuscendo a identificarsi negli ideali in cui credeva e professava. E la scuola stessa divenne attiva, e gli studenti divennero un tutt'uno con gli insegnanti. Quando, finalmente anche per lui arrivò il giorno del diploma, pensò a come era arrivato in quella scuola, a quello che era stato e a ciò che era riuscito a raggiungere credendo in sé stesso, nell'opportunità che aveva colto al volo,  e nella sua determinazione.
Aveva realizzato un'idea vivendola giorno dopo giorno, aveva respirato il sacrificio e ne era stato ripagato con la stima, aveva creato poco a poco se stesso, dal nulla fino a quell'oggi carico di significato. E da quello studente ripetente che era stato, non rimaneva più niente, gli anni, i compagni, gli insegnanti e la scuola stessa, quell'edificio apparentemente freddo e respingente, lo avevano plasmato e avvolto in un mondo fatto di rispetto e amore attraverso una comunicazione preziosa, fatta di piccole cose, e del profumo che non avrebbe dimenticato mai. E finalmente nel mondo, padrone di se stesso e della sua propria dignità presentò il suo profumo.
Realizzò veramente ciò che per caso, tempo addietro un compagno gli aveva suggerito.
E quando si sedette per la prima volta in cattedra, stentava a credere. Insegnava disegno e storia dell'arte al Magistrale della sua città, si aggirava per i corridoi e le aule di quell'Istituto con la consapevolezza d'essere, parlava d'arte, e parlando descriveva se stesso, la sua borgata, i tramonti, la campagna, ciò che era, il suo passato e il suo presente, così semplicemente, parlava d'arte.
Dopo qualche anno vinse il concorso a cattedra e  si piazzò primo in graduatoria per l'insegnamento dell' educazione artistica. E l'approccio fu il medesimo, la stessa cura dei particolari, di se stesso trasferita nell'animo e nelle menti dei piccoli, dando loro se stesso dava loro la chiave di lettura per vivere e capire la vita. Entrava in classe e parlava di tutto, chiedeva ai suoi alunni come stavano quella mattina, se avessero o no mangiato, quale pensiero attraversava le loro giovani menti. E col colore si tracciavano i racconti, le immagini di vita e i desideri. E dal colore prendevano forma i caratteri, le persone e la vita nel suo dispiegarsi fra bene e male, realtà e finzione, verità e falsità. Per anni, la classe, ogni classe si trasformava in laboratorio di vita, si vivevano drammi e gioie, si scherzava e si piangeva e sempre con la stessa intensità. I rapporti erano pari, ci si confidava alla pari, con volontà e desiderio di esprimersi ed essere espressi. E tutti vivevano di colori, pennelli,
matite, immagini, fogli. E gli oggetti stessi vivevano di vita propria, prendevano significato, si animavano come natura viva. Esisteva l'intesa, l'ascolto, la voglia di capire e sapere.
Prima che arrivassero i ragazzi, Vincenzo si accertava del materiale che avrebbe dovuto dare casomai qualcuno venisse sprovvisto. Il suono della seconda campana annunciava l'ingresso a scuola dei ragazzi. E i ragazzi entravano, eccome, precipitandosi e facendo a gara a chi arrivava per primo in aula. E poi piano, piano entravano gli altri, fino al completo. Dopo un breve parlottare tra loro  di questioni in sospeso, Vincenzo esordiva con una frase ogni volta diversa e sempre dal tono umoristico, per attirare la loro attenzione. E quindi il dialogo cominciava e l'avventura si presagiva interessante. Si verificava puntualmente un botta e risposta fatto di brio e risate, e le pareti dell'aula stessa risuonavano degli echi.
E in mezzo ai colori, pennelli e matite si parlava di tutto, dell'arte e della vita, di se stessi e degli altri naturalmente e senza forzature. E quelle ore così trascorse passavano velocemente e quando il suono della campana ne segnava la fine, colti alla sprovvista  si sentiva solo la fatica di dover andare via e cambiare una pagina della vita che volentieri si sarebbe lasciata aperta a quel punto. 

ciro

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  • Un soffio vestito di parole diventa poesia
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Re:Continuando l'incipit nr.2 - La fine
« Risposta #1 il: Agosto 27, 2012, 18:00:44 »
Grazie. Di tutto, grazie.

Ciro

Claudia

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Re:Continuando l'incipit nr.2 - La fine
« Risposta #2 il: Agosto 28, 2012, 16:31:08 »
Cara presenza, hai "dipinto" con una tale efficacia il tuo personaggio che mi pare di conoscerlo, anzi avrei tanto voluto incontrare un professore così, nel corso della mia esperienza scolastica, una persona  che ti lascia dentro una traccia indelebile. Vincenzo è l'insegnante che tutti vorrebbero avere.
Molto bello!
Claudia
Ognuno sta solo sul cuor della terra
trafitto da un raggio di sole:
ed è subito sera!
S.  Quasimodo