Autore Topic: don Giuseppe Diana  (Letto 3075 volte)

LeD

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don Giuseppe Diana
« il: Marzo 19, 2011, 09:27:57 »
Me ne sono sempre strafregato delle feste dei papà delle mamme e degli innamorati. Per me è una scemenza pure l'onomastico, figuariamoci.

Oggi in Campania (ma vorrei che fosse in tutto il mondo) si commemora la figura di don Guseppe Diana, parroco di Casal di Principe ucciso da delle bestie di merda (o dalla camorra se preferite, tanto è uguale) il 19 marzo 1994.
Una persona coraggiosa, una persona d'amore, uno che aveva a cuore la sua terra e la sua gente.
Per questo fu cucciso, perchè aveva tante qualità.
sono una persona INGESTIBILE e INDIGESTIBILE

Crisalide

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Re: don Giuseppe Diana
« Risposta #1 il: Marzo 19, 2011, 11:02:10 »
racconta qualcosa di più di lui

zoya

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Re: don Giuseppe Diana
« Risposta #2 il: Marzo 19, 2011, 12:09:46 »
l 19 marzo, giorno del suo onomastico, veniva ucciso dalla camorra nel corridoio che dalla sacrestia porta alla chiesa don Giuseppe Diana, mentre stava per iniziare la Messa.

Don Peppe era nato nel 1938, entrò nel Seminario Vescovile di Aversa dove frequentò le scuole medie e il Liceo per poi intraprendere gli Studi Teologici al Seminario di Posillipo conseguendo il diploma in Teologia Biblica. Successivamente si laureò in Storia e Filosofia Nel marzo ’82 è stato ordinato sacerdote, e dall’89 era parroco di San Nicola a Casal di Principe

Era uno scout, prima capo reparto dell’Aversa 1, poi assistente del gruppo, impegnato in zona e in regione, assistente nazionale dei Foulards Bianchi, assistente ecclesiastico dell’Opera Pellegrinaggi Foulards Bianchi

Essere prete e scout significavano per lui la perfetta fusione di ideali e di servizio.

Con questo spirito di servizio aveva intrapreso la lotta alla camorra che infesta la sua zona. Con lo scritto e la parola si era posto a capo della comunità parrocchiale e cittadina per il loro riscatto.

La sua voce ora è divenuta un grido che scuote le coscienze.

«Dove c’è mancanza di regole, di diritto, — scriveva don Peppe — si affermano il non diritto e la sopraffazione. Bisogna risalire alle cause della camorra per sanarne la radice che è marcia. Una Chiesa diversamente impegnata su questo fronte potrebbe fare molto. Dovremmo testimoniare di più una Chiesa di servizio ai poveri, agli ultimi; dove regnano povertà, emarginazione, disoccupazione e disagio è facile che la mala pianta della camorra nasca e si sviluppi».

E ancora:

«Come pastori ci sentiamo le sentinelle del gregge e, se non sempre siamo stati vigili e attenti, stavolta il coraggio della profezia e la coscienza profonda di essere “lievito nella pasta” ci impongono di non tacere. Ai politici vecchi e nuovi diciamo: “Non improvvisate più, non è possibile governare senza programmi, senza un vera scuola di politica”.

Ai giovani lanciamo l’invito di farsi avanti, di far sentire la propria voce e partecipare al dialogo culturale, politico e civile della vita comunale. Invitiamo infine i camorristi a tenersi in disparte, a non inquinare e affossare ancora una volta questo nostro caro paese, che ormai ha bisogno solo di Resurrezione».

Il seme gettato nella terra muore, e dalla sua morte nasce tanto frutto: don Peppe è il seme, le coscienze di tutti noi il frutto maturato dal suo sacrificio.

Abbiamo seguito il suo cammino sino al luogo che accoglie il suo corpo, ma abbiamo pregato anche per i suoi assassini, perché la nostra preghiera sia segno del perdono cristiano che dobbiamo a chi ci ha strappato, in modo così violento, un fratello. Ma il perdono non può essere diviso dalla giustizia, che vogliamo, che pretendiamo, perché solo così si può ristabilire la pace dei cuori e del vivere civile. Di lui ricordo, quando al termine di una celebrazione a Lourdes, nella raccolta chiesa di San Josef davanti ai suoi fratelli foulard bianchi, disse “la messa inizia adesso”…e conobbi don Peppe….

Il suo impegno civile e religioso contro la camorra ha lasciato un profondo segno nella società campana. Il suo scritto più noto è la lettera Per amore del mio popolo non tacerò, un documento diffuso a Natale del 1991 in tutte le chiese di Casal di Principe e della zona aversana insieme ai parroci della foranìa di Casal di Principe, un manifesto dell’impegno contro il sistema criminale. Ecco il testo:
“PER AMORE DEL MIO POPOLO”

Siamo preoccupati

Assistiamo impotenti al dolore di tante famiglie che vedono i loro figli finire miseramente vittime o mandanti delle organizzazioni della camorra.

Come battezzati in Cristo, come pastori della Forania di Casal di Principe ci sentiamo investiti in pieno della nostra responsabilità di essere “segno di contraddizione”.

Coscienti che come chiesa “dobbiamo educare con la parola e la testimonianza di vita alla prima beatitudine del Vangelo che è la povertà, come distacco dalla ricerca del superfluo, da ogni ambiguo compromesso o ingiusto privilegio, come servizio sino al dono di sé, come esperienza generosamente vissuta di solidarietà”.
La Camorra

La Camorra oggi è una forma di terrorismo che incute paura, impone le sue leggi e tenta di diventare componente endemica nella società campana.

I camorristi impongono con la violenza, armi in pugno, regole inaccettabili: estorsioni che hanno visto le nostre zone diventare sempre più aree sussidiate, assistite senza alcuna autonoma capacità di sviluppo; tangenti al venti per cento e oltre sui lavori edili, che scoraggerebbero l’imprenditore più temerario; traffici illeciti per l’acquisto e lo spaccio delle sostanze stupefacenti il cui uso produce a schiere giovani emarginati, e manovalanza a disposizione delle organizzazioni criminali; scontri tra diverse fazioni che si abbattono come veri flagelli devastatori sulle famiglie delle nostre zone; esempi negativi per tutta la fascia adolescenziale della popolazione, veri e propri laboratori di violenza e del crimine organizzato.
Precise responsabilità politiche

E’ oramai chiaro che il disfacimento delle istituzioni civili ha consentito l’infiltrazione del potere camorristico a tutti i livelli. La Camorra riempie un vuoto di potere dello Stato che nelle amministrazioni periferiche è caratterizzato da corruzione, lungaggini e favoritismi.

La Camorra rappresenta uno Stato deviante parallelo rispetto a quello ufficiale, privo però di burocrazia e d’intermediari che sono la piaga dello Stato legale. L’inefficienza delle politiche occupazionali, della sanità, ecc; non possono che creare sfiducia negli abitanti dei nostri paesi; un preoccupato senso di rischio che si va facendo più forte ogni giorno che passa, l’inadeguata tutela dei legittimi interessi e diritti dei liberi cittadini; le carenze anche della nostra azione pastorale ci devono convincere che l’Azione di tutta la Chiesa deve farsi più tagliente e meno neutrale per permettere alle parrocchie di riscoprire quegli spazi per una “ministerialità” di liberazione, di promozione umana e di servizio.

Forse le nostre comunità avranno bisogno di nuovi modelli di comportamento: certamente di realtà, di testimonianze, di esempi, per essere credibili.
Impegno dei cristiani

Il nostro impegno profetico di denuncia non deve e non può venire meno.

Dio ci chiama ad essere profeti.

- Il Profeta fa da sentinella: vede l’ingiustizia, la denuncia e richiama il progetto originario di Dio (Ezechiele 3,16-18);

- Il Profeta ricorda il passato e se ne serve per cogliere nel presente il nuovo (Isaia 43);

- Il Profeta invita a vivere e lui stesso vive, la Solidarietà nella sofferenza (Genesi 8,18-23);

- Il Profeta indica come prioritaria la via della giustizia (Geremia 22,3 -Isaia 5)

Coscienti che “il nostro aiuto è nel nome del Signore” come credenti in Gesù Cristo il quale “al finir della notte si ritirava sul monte a pregare” riaffermiamo il valore anticipatorio della Preghiera che è la fonte della nostra Speranza.
NON UNA CONCLUSIONE: MA UN INIZIO

Appello

Le nostre “Chiese hanno, oggi, urgente bisogno di indicazioni articolate per impostare coraggiosi piani pastorali, aderenti alla nuova realtà; in particolare dovranno farsi promotrici di serie analisi sul piano culturale, politico ed economico coinvolgendo in ciò gli intellettuali finora troppo assenti da queste piaghe”

Ai preti nostri pastori e confratelli chiediamo di parlare chiaro nelle omelie ed in tutte quelle occasioni in cui si richiede una testimonianza coraggiosa;

Alla Chiesa che non rinunci al suo ruolo “profetico” affinché gli strumenti della denuncia e dell’annuncio si concretizzino nella capacità di produrre nuova coscienza nel segno della giustizia, della solidarietà, dei valori etici e civili (Lam. 3,17-26).

Tra qualche anno, non vorremmo batterci il petto colpevoli e dire con Geremia “Siamo rimasti lontani dalla pace… abbiamo dimenticato il benessere… La continua esperienza del nostro incerto vagare, in alto ed in basso,… dal nostro penoso disorientamento circa quello che bisogna decidere e fare… sono come assenzio e veleno”.
Forania di Casal di Principe (Parrocchie: San Nicola di Bari, S.S. Salvatore, Spirito Santo – Casal di Principe; Santa Croce e M.S.S. Annunziata – San Cipriano d’Aversa; Santa Croce – Casapesenna; M. S.S. Assunta – Villa Literno; M.S.S. Assunta – Villa di Briano; SANTUARIO DI M.SS. DI BRIANO )
CIRI TREMA!!!!!!!!!!!

zoya

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Re: don Giuseppe Diana
« Risposta #3 il: Marzo 19, 2011, 12:12:33 »


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CIRI TREMA!!!!!!!!!!!

.Mya

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Re: don Giuseppe Diana
« Risposta #4 il: Marzo 19, 2011, 23:16:13 »
Grazie zoya.

E' importante ricordare certe persone, ma ancora più importante è aver avanti la loro figura sempre, tutti i giorni. Personalmente non credo molto al giorno commemorativo, dovremmo, appunto, tener presente certe cose sempre.

Per quanto la camorra voglia uccidere, non potranno di certo sopprimere l'azione e i pensieri lasciati da certe persone.
E adesso aspetterò domani per avere nostalgia,
signora Libertà, signorina fantasia.

victor

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Re:don Giuseppe Diana
« Risposta #5 il: Marzo 02, 2012, 19:38:58 »

La sete di libertà

Quando un popolo, divorato dalla sete della libertà, si trova ad avere a capo dei coppieri che gliene versano quanta ne vuole, fino ad ubriacarlo, accade allora che, se i governanti resistono alle richieste dei sempre più esigenti sudditi, sono dichiarati tiranni. E avviene pure che chi si dimostra disciplinato nei confronti dei superiori è definito un uomo senza carattere, servo; che il padre impaurito finisce per trattare il figlio come suo pari, e non è più rispettato, che il maestro non osa rimproverare gli scolari e costoro si fanno beffe di  lui, che i giovani pretendano  gli  stessi  diritti, le stesse  considerazioni dei  vecchi, e questi, per non parer troppo severi, danno ragione ai giovani. In questo clima di libertà, nel nome della medesima, non vi è più riguardo per nessuno. In mezzo a tale licenza nasce e si sviluppa una mala pianta: la tirannia.

Platone


(scritto 2500 anni fa)
Il duro impegno per l'acquisizione delle competenze, la passione e le doti personali creano eccellenza ... e distinguono il professionista dal lavoratore ... Victor