Vado in giro tutto il giorno su una bicicletta gialla. I piedi sui pedali e le mani si confondono. Alla sera quando rientro, tolgo le scarpe ai piedi e lavo una ad una tutte le dita, poi il viso e le orecchie e pure i denti.
Trovo sempre il piatto in caldo dentro al forno, pane e vino e una fame di stomaco che non permette agli occhi di vedere. La radio mi guarda lì sul marmo accanto al sale e pepe, e il suo centrino lì sotto lavorato a punto croce ormai ingiallito ha smesso di chiedere.
L'altro giorno, quello in cui c'era un caldo infernale, andavo in giro bagnandomi il capo di continuo quando mi venne in mente un pensiero. Di quello che non si sa spiegare, d'improvviso come un lampo squarcia il cervello e ci si ritrova con una crepa lunga quanto tutta la testa. Stavo lì a quella fontana all'angolo tra la via dei tirreni e l'aiuola di via dei marmi, quando con quella crepa in testa non fui più capace di girare. E se non fosse stato per un ragazzino che giocando a pallone colpì senza volerlo la mia gamba sinistra, di certo la mia bicicletta non avrebbe avuto da sola la capacità di smuovermi da lì e riportarmi in giro. Le mani lo fecero, proprio così, s'impossessarono del manubrio e con tutte quelle vene azzurrine e le nocche quasi bianche, con forza decisero il da farsi. I piedi le seguirono e ritornai nel giro.
Forse le mani hanno una volontà, o la volontà guida le mani. Ricordo d'aver studiato alle medie quella storia degli organi, sì, quella in cui si diceva che è il cervello a comandare e di certo non le mani, i piedi o che so io. Però c'è anche il cuore che non è cervello e tuttavia è più forte.
E invece per me sono le mani, eh sì, è tutta lì la potenza, se loro non volessero il cervello comanderebbe ben poco e il cuore che farebbe se si rifiutassero.
Ah le mani, quando rientro a casa lavo una ad una tutte le dita e poi lascio che mi portino a dormire.
