Villeggiare: questo verbo evoca tempi lontani, abitudini della nobiltà e parte della borghesia, che durante l’estate dalla città si trasferivano nella villa rurale: si andava e si stava in villa, o nella residenza padronale di campagna, con radi e scelti incontri: persone che avevano opinioni simili.
Evariste Carpentier, “In villeggiatura”, olio su tela, 1902 circa, Musée Fabre, Montpellier.
La villeggiatura richiama alla mente le tre commedie che
Carlo Goldoni scrisse nel 1761:
“Le smanie della villeggiatura”, “Le avventure della villeggiatura”, Il ritorno dalla villeggiatura”; esse costituiscono la cosiddetta «trilogia della villeggiatura», rappresentate per la prima volta al teatro San Luca di Venezia nell’autunno del 1761.
Le tre esilaranti rappresentazioni teatrali puntano gli strali contro la moda del villeggiare da parte di numerose famiglie della borghesia contemporanea al commediografo: volevano un tenore di vita dispendioso, non adeguato ai propri mezzi finanziari.
Tra cicisbei, gelosie, amori passionali, sprechi e dissipazioni, Goldoni descrive tre diversi momenti del villeggiare borghese.
I personaggi principali di queste tre commedie sono
“persone che ho voluto prendere precisamente di mira; cioè di un rango civile, non nobile e non ricco; poiché i nobili e ricchi sono autorizzati dal grado e dalla fortuna a fare qualche cosa di più degli altri. L'ambizione de' piccioli vuol figurare coi grandi, e questo è il ridicolo ch'io ho cercato di porre in veduta, per correggerlo, se fia possibile”.
Nel nostro tempo anziché villeggiatura usiamo il sostantivo “vacanza”, ma questo ha diversa capacità evocativa. C’è l’eco di qualcosa a cui ci sottraiamo e che ci tiene “legati”, per esempio il lavoro.
Andare in vacanza significa sciogliersi dai “lacci”, ma non denota “verso dove” (in villa) come indica il verbo villeggiare, che fa presumere il possesso di un’ampia abitazione con giardino o parco.
Oggi tutti si scambiano domande sulle vacanze o sulle ferie, fanno programmi di come trascorrerle, cosa fare.
Andare in ferie, però, non è né villeggiare né andare in vacanza.
La villeggiatura e la vacanza fanno pensare alla decisione soggettiva, invece le ferie appartengono alla razionalità delle aziende: ripartiscono individui, determinano i tempi, prevedono le sostituzioni, fissa le presenze. Ferie irregolari e arbitrarie romperebbero il ciclo produttivo dell’impresa.
Il nostro tempo poco conosce la “civiltà del villeggiare” o l’estrosità della vacanza, perché chiuso nella “gabbia” rigida e razionale delle ferie, nelle soste organizzate. Ma pur in esse ci sono varchi di libertà, di spensieratezza, senza vincoli di luogo o di classi sociali.
Villeggiatura, vacanza e ferie: queste tre specie sono comunque raccolte nel cerchio magico dell’
otium, che è la componente estetica del vivere, in contrapposizione all’
ananke, il fato/necessità che ci prende gran parte della vita.