Ho letto con piacere il tuo monologo che è, direi, perfetto drammaturgicamente. Poggia su una contraddizione implicita nel determinismo: se il destino, il fato, Dio ha deciso per me un ruolo specifico, come posso io esserne responsabile? come posso io pagare, per questo, un così alto prezzo? In sintesi: se c'è un disegno io devo essere assolto, come ognuno di noi. Se invece non c'è un disegno o, questo, non è completo, ovvero lascia libertà al singolo, il libero arbitrio, allora la responsabilità personale esiste. Allora su cosa si basava il compimento del disegno? sul caso, sulla probabilità che uno, tra i tanti, avrebbe tradito; probabilmente un'alta probabilità ma non la certezza. Condannare Giuda, sembra dirci nella sua autodifesa, vuol dire accettare l'epilogo come probabile ma non certo. Oppure lasciarlo condannare nella coscienza dei più, vuol dire perpetrare un'ingiustizia ("lasciarmi solo"). Io propendo per la libertà e la probabilità, perchè si coniughi "caso" e "necessità" (come in un famoso saggio di Monod), altrimenti non avrebbe molto senso vivere. Se fossi un giurato, respingerei la difesa del Nostro. R.