Autore Topic: Marie Rose  (Letto 1177 volte)

crisca

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Marie Rose
« il: Marzo 18, 2012, 15:57:49 »
Marie Rose

Marie Rose era una donna fragile nonostante la sua mole. Non c’erano argini alla sua inadeguatezza rispetto alla vita. In ogni luogo sentiva di essere troppo o troppo poco, presenza dirompente o assenza triste di se stessa.
Famiglia, lavoro, vicinato: tutto sembrava farla sentire irritante.
Eppure faceva di tutto per rispondere a quello che gli altri volevano da lei.
Si era sposata con un brav’uomo, un meccanico che lei ogni giorno lavava dal grasso dei motori sia negli abiti che sulla pelle. Gli preparava un bagno caldo, metteva i panni in ammollo con il sapone di Marsiglia, preparava la pasta lavamani con una ricetta fatta in casa a base di sale e limone, stirava e metteva sul letto gli abiti puliti, profumandoli con la lavanda che raccoglieva nelle aiuole dei giardinetti pubblici vicino casa. Niente: per suo marito queste attenzioni erano “superflue”, quel troppo che non serviva, quel troppo che lei voleva fare ma non era richiesto.
Se Marie Rose avesse fatto tutto questo solo per il piacere di fare, per il piacere di donare, per il piacere di prendersi cura di chi amava, non avrebbe sofferto nell’attesa di una carezza o di un grazie mai arrivato.
Ma Marie Rose non era tipo da guardare a se stessa.
Anche i figli prendevano avidamente quello che lei porgeva: le torte profumate di crema e marmellata, le merende con gli amici preparate in giardino tra tramezzini, schiacciate e pizze, le lenzuola fresche cambiate ogni settimana che odoravano di sapone e della sua pelle morbida e delicata, l’ordine che permetteva loro di ritrovare tutto ciò che perdevano, dal trenino al libro di scuola. Avrebbe voluto che gli sguardi dei suoi figli fossero rivolti a lei invece che a ciò che faceva.
Se Marie Rose avesse spazzato e pulito di meno ed avesse provato il piacere del gioco, forse altri sguardi sarebbero caduti su di lei.
Ma Marie Rose non era tipo da guardare a se stessa.
I vicini poi la consideravano una donna un po’ “dozzinale”. Soprabito sbiadito in cui nascondersi, capelli acconciati senza pretese e senza colore, con il suo borsone della spesa di fintapelle che ciondolava vuoto sopra le scarpe molto chiuse e molto serie, Marie Rose ogni mattina faceva il suo percorso casa- negozio -casa sempre uguale, sempre con il  solito passo pesante. Il suo peso non indifferente e la sua altezza evidente la portavano ad un leggero e ritmato dondolamento del corpo. Nel tragitto i saluti ai vicini che si affacciavano erano educati, ma solo accennati, per alcuni; per altri concedevano lunghe storie di vita parentale. Troppo o troppo poco ed ogni volta Marie Rose si rimproverava di aver parlato o non aver detto questo o quello.
Se avesse accettato di essere ogni giorno ciò che era, avrebbe camminato con passo leggero.
Ma Marie Rose non era tipo da guardare a se stessa.
Il tempo costruiva su di lei una strana corazza: rivestiva il suo corpo di diversi strati di pelle, di abiti, di polvere che lo rendevano simile ad una montagna sotto la coltre di neve. Irriconoscibile. Nella sua corazza Marie Rose affondava il collo e la testa, ritirava le sue braccia e le sue gambe, proprio come una tartaruga. Là dentro, al sicuro, ricordava se stessa da giovane: alta, snella, leggera sulle gambe quando ballava con i suoi amici, come se tutto potesse continuare a quel ritmo. Veniva scelta per la sua risata fragorosa, per le belle gambe in mostra, per i suoi sguardi generosi. Fino a quando tutta la sua speranza verso una vita ricca di felicità si era dissolta come nebbia al sole, senza un perché. Aveva alimentato la speranza della felicità con tutta se stessa, aveva continuato ad essere ciò che volevano gli altri, sicura che il gioco dell’essere scelta potesse durare a lungo. Come una bambola ben costruita, aspettava di venir acquistata. Non si era mai chiesta niente. “Le domande sono parole inutili se non sono accompagnate da risposte”, diceva sua nonna, quando era piccola. Lei non capiva bene cosa volesse dire, le sembrava solo un modo di scoraggiare sua sorella che ossessivamente chiedeva il perché di ogni cosa senza ascoltare le risposte. Al contrario di lei, preferiva tacere e aspettare; sarebbe passata una carrozza tutta d’oro, sarebbe arrivato un principe azzurro, avrebbe abitato in una reggia. Bastava aspettare.
Se avesse fatto più domande, avrebbe cercato più risposte.
Ma Marie Rose non era tipo da guardare a se stessa.
Così, adesso, nascosta nel suo stesso corpo, sentiva di sprofondare. La scelta era tra lasciarsi andare o aggrapparsi alle fondamenta della sua casa. I giorni passavano in bilico tra questi due possibili eventi, mantenendo all’esterno della sua corazza la monotonia della sua quotidianità. Passavano i giorni, passavano i mesi, passavano gli anni. Lei non si decideva. Sospesa nel vuoto della vita, tratteneva il respiro, incapace di prendere una direzione.
Un giorno Marie Rose scomparve. Nessuno la trovò più. Marito e figli cercarono sotto le sue vesti e tra le pieghe della sua pelle. Marie Rose non c’era più. Come un guscio vuoto.
Se avesse trovato il coraggio di scegliere, il grande meccanismo della vita si sarebbe messo in moto con sorprendente velocità.
Ma Marie Rose non era tipo da guardare a se stessa.

***

La sua scomparsa fu celebrata con la ritualità del senso comune: si abbracciano i parenti per affrancarli dal dolore senza confini che li pervade, si lodano le virtù della defunta innalzandole nei cieli più alti della spiritualità, si mostra tutto lo stupore di fronte all’evento della morte come se avesse colpito solo lei, reclamando un’ingiustizia infinita.
In realtà nei cuori di chi la conosceva, Marie Rose era morta da tempo.
Lei lo sapeva e, quando nella sua nuova dimensione, alleggerita dal suo corpo ingombrante e dalla preoccupazione di una presenza sempre misurata, poté vedere la traccia che aveva lasciato, pensò che proprio adesso poteva cominciare a vivere.
Aveva la possibilità di guardare suo marito mentre dormiva nel letto matrimoniale, dimentico di rispettare il suo posto a destra, quello vicino alla porta: se ne stava piazzato al centro, ben rilassato tra i cuscini che erano stati anche i suoi. Dapprima ne fu dispiaciuta nel vedere quel corpo che invadeva quello che era stato il suo spazio. Poi pensò come lo aveva occupato, quello spazio: silenziosa strisciava tra le coperte, dando uno sguardo alla schiena che a mo’ di muro le porgeva suo marito. Spesso tratteneva il respiro per non ascoltare il ritmo vitale dei suoi polmoni, come se lui potesse sentire l’aria che entrava e usciva dal suo corpo. Al mattino era come un fantasma agli occhi di chi scendeva in cucina per far colazione, tanto da sentire la solitudine della sua voce nel “buongiorno” che lanciava verso i suoi familiari. Le volevano bene, ma non la vedevano. Sentivano la sua presenza nella tavola apparecchiata e nei letti rifatti.
In realtà nei cuori di chi la conosceva, Marie Rose era morta da tempo.
Adesso, da morta, entrava in quella casa come l’aria che la pervadeva e, sia nel silenzio delle stanze vuote, che nell’affollamento delle serate in casa del marito e dei figli, riconosceva ciò che aveva amato di quegli spazi: colori, odori, morbidezze e spigolature che adesso, e solo adesso, raccontavano di lei. Possibile che i suoi familiari non riconoscessero tutto questo? I soprammobili scelti e sistemati con gusto, le tendine della cucina ricamate a fatica imparando il punto croce, le tazze della colazione ordinate su catalogo per personalizzarle: tutto parlava di lei. Ma nessuno dei suoi si fermava a considerare quello che le sue mani avevano toccato. Così, con il tempo, una tazza si ruppe, i soprammobili furono spostati e le tendine vennero sostituite con delle veneziane. Capiva che le cose non potevano rimanere ferme nella vita dei suoi familiari, ma non riusciva a trovare in loro il ricordo di lei.
Era scomparsa, cancellata la sua presenza. Forse questa era la cosa più dolorosa che non riusciva a superare.
Decise che adesso doveva lasciar andare quello che era stata e, in questa dimensione, poteva vivere. Sì, vivere ora che era morta!
Da viva non aveva scelto, ora poteva farlo.
Da viva non aveva trattenuto per sé il piacere, ora poteva godere.
Da viva aveva avuto paura a mostrare ciò che era, ora poteva essere senza giudizi.
Forse era una magra consolazione perché in questa dimensione non c’è compagnia dell’altro, ma solo una solitudine eterna. Tuttavia le sembrò di avere una grande opportunità: sarebbe stata tutto quello che non aveva scelto in vita!
Così senza corpo e dimensione si mosse in ogni direzione: all’inizio intorno a casa, curiosando nelle vite degli altri, poi girovagando nei paesaggi più lontani. Si inebriò dell’odore del mare, del calore della sabbia e dello spazio infinito davanti a lei. Percorse senza fatica i sentieri montani fino alle cime rocciose. Corse nei prati sconfinati della savana. Ascoltò i mille fruscii notturni della foresta pluviale. Si immerse nel silenzio della neve artica.
Le vite degli altri le passavano accanto portandosi dietro tutte le fatiche e le difficoltà dello stare insieme, ognuno con le proprie richieste, talvolta pretese. Marie Rose li guardava e lentamente si allontanava dal ricordo di sé, della sua vita vissuta. Riusciva a vedersi come era stata come si guarda ad un’altra persona. Bonariamente accarezzava quel ricordo, pacificata rispetto a ciò che non aveva vissuto. Pacificata rispetto a chi l’aveva già dimenticata.
In realtà nei cuori di chi la conosceva, Marie Rose era morta da tempo.

***
Essere senza confini poneva Marie Rose nella condizione di felicità che aveva tanto cercato quando era viva. Ogni limite era stato frantumato e non c’erano preoccupazioni per trovare la misura di sé. Luce abbagliante e buio totale, infinitamente grande ed infinitamente piccolo, troppo o niente: ogni misura era azzerata.
Marie Rose fluttuava nel tempo e nello spazio divenuta puro piacere di se stessa.
La solitudine eterna di questa nuova dimensione la inebriava; tutto poteva essere scelto da lei. Si trasformava nel vento, si insinuava nei vicoli e nelle stanze più intime delle persone. Guardava, osservava, ma con distacco. Non poteva più toccare quel mondo, non poteva determinare nessun atto del proprio agire; mancando ogni senso di responsabilità si limitava a registrare il bene e il male della condizione umana, senza giudicare. Anche questo era gradevole.
Marie Rose fluttuava nel tempo e nello spazio divenuta puro piacere di se stessa.
L’unica curiosità era suscitata dai bambini, quelli molto piccoli. I gorgheggi, i sorrisetti o i pianti disperati le animavano un senso di stupore. Era questo l’unico momento in cui si fermava per capire, per decifrare questo suo scivolare così vicino alla vita. Per tutto il resto della sua eternità era immersa nella gioia.
Marie Rose fluttuava nel tempo e nello spazio divenuta puro piacere di se stessa.
Tuttavia sempre più spesso le capitava di perdersi dietro a qualche neonato, avvicinandosi così tanto al limite della sua dimensione che si sentì ben presto turbata da questa attrazione.
Allora si fermò concentrando la sua non dimensione in un punto, divenendo una massa compatta, cercando tutto quello che aveva perso della propria identità. Si ascoltò con la profondità di chi scandaglia gli abissi degli oceani, si guardò con lo sguardo lungo di chi osserva i limiti dell’universo.
Capì e in un tuffo s’immerse nel neonato di poche ore che la mamma teneva in braccio come cosa preziosa.
Fu un capitombolo dove ritrovò la fatica del respiro, il calore ed il brivido della sua pelle, le paure, le ansie e i sorrisi degli sguardi rivolti a lei.
Marie Rose non fluttuava più nel tempo e nello spazio, ma teneva stretto a sé il piacere di essere.

presenza

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Re:Marie Rose
« Risposta #1 il: Marzo 18, 2012, 23:40:57 »
Così dev'essere.

Rubio

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Re:Marie Rose
« Risposta #2 il: Aprile 05, 2012, 16:18:17 »
Bellissimo! Complimenti Crisca!

nihil

  • Mucchine
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Re:Marie Rose
« Risposta #3 il: Aprile 18, 2012, 09:05:51 »
Veramente un pezzo notevole! quante donne, o persone, vivono la condizione di non essere visibili! e magari quando pretendono di esserlo almeno un poco, vengono tacciate di superbia. Triste , amaro, ma in fondo al racconto c'è anche la speranza.

Brunello

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Re:Marie Rose
« Risposta #4 il: Luglio 08, 2012, 14:26:15 »
Bello, ben scrittio e avvincente, complimenti.

patriziagiangregorio

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Re:Marie Rose
« Risposta #5 il: Luglio 16, 2012, 19:39:16 »
davvero molto bello.E' la vita di tante donne che a volte,per paura ,per timidezza, si accontentano semplicemente di sopravvivere,cosi' in punta di piedi.
Pero' le donne sono la vita :rose: