Mi sento davvero una merdra a pensare che al mondo sono esisistiti, esistono ed esisterannno uomini eccelsi che con il loro ingegno fanno grandi cose, che con le loro idee meravigliose sono in grado di far progredire l’umanità mentre io povero tapino non riesco neanche a comprarmi un paio di scarpe che dopo due giorni non mi vadano scomodissime.
Ed eccomi qui a zoppicare mentre mi dirigo verso casa. Eppure nel negozio mi andavano bene. Le ho misurate tutte e due, su insistenza di mia sorella, ma ora mi vanno strette di punta e mi dolgono pure i talloni. La colpa è mia, ne sono consapevole, perchè ho il difetto di essere troppo frettoloso e noncurante quando faccio shopping.
Come mi piacerebbe vivere in una bella tribù africana col perizomino (anche se nel mio caso ci vorrebbe l’xxl), una lancia, un po’ di trucco blu e rosso e vai di gusto. Scorazzare scalzo a caccia di animali che non ucciderei mai, ma sarebbe solo un modo per far passare il tempo. Comunque non ce la faccio proprio a proseguire, mi siedo su una panchina e non ho neanche il tempo di posare per bene le chiappe che s’avvicina un venditore ambulante.
“Uè, uè giuvinò! Accattateve l’accendino!”
“No, grazie, non fumo”
“E accattateve i fazzulett!”
“Ma guarda già ce li ho”
“E accattateve o’ deodorante per la macchina!”
“Veramente quei cosi mi danno il mal di testa, non li uso”
“E accattateve l’orso porta monete!”
“É troppo grosso! Dove me lo appizzo?”
“E accatteteve a’ paparella pè fa’ o’ bbagno!”
A questo punto capisco che il venditore sarebbe in grado di asfissiarmi per ore e che ormai sono incastrato. Guardo la paperella ed è davvero ganza così gialla col beccuccio rosso e due occhi verdi e spiritati. Vuol dire che mi farà compagnia nella vasca.
“Vabbè, vada per la paperella. Quanto costa?”
“Venti euri, perchè siete voi”
“Azz, e se non ero io quanto mi facevi? Duecento euri?”
“Allora... facciamo quindici”
“No, te ne do due”
“Posso farvi massimo dieci”
“Arrivo fino a quattro, ultima offerta”
“Ve la regalo per cinque”
“Ok”
Il venditore mi dà la paperella, io gli do i soldi e finalmente si leva dalle palle. Devo ammettere però che la paperella è simpatica, morbidosa e fa pure un suono carino quando la premo. Dopo essermi riposato qualche minuto, me ne torno a casa canticchiando pappappero pappappero. Entro nel portone del mio palazzo, faccio un pernacchietto al portiere e prendo l’ascensore diretto al quarto piano. Giunto sul pianerottolo afferro le chiavi dalla tasca e le infilo nella toppa.
Mentre apro la porta sento un rumoroso scalpiccio. È mia madre che si precipita a portarmi le pantofole.
“Leddino, Leddino, bentornato a mamma!! Mettiti le pantofole, mammina tua ti va a prendere un tè caldo!”
“A' mà, siamo quasi ad agosto, sto tè caldo me le farebbe scendere a terra! Prendimi un po’ di vodka alla fragola ghiacciata!”
“Va bene! Come vuoi tu! Ci metto un po’ di panna dentro?”
“No, mà. Spruzzaci due gocce di watershine perlato alla frutta, grazie”
“Ok, vuoi che ti prepari la doccia?”
“No, mà. Ho comprato sta paperella farò il bagno nella vasca”
“Uuuh, ma quanto è carina! Le hai dato pure un nome?”
“Certo, l’ho chiamata Darma.”
“Bravo, bel nome. Ti preparo la vasca?”
“Alla vasca penso io, tu preparami la vodka.”
Finalmente mia madre si decide ad andarmi a prendere da bere che sto morendo di sete, io apro l’acqua e vado in camera mia a spogliarmi. La genitrice mi porge il bicchierino che bevo d’un fiato, poi mi chiudo in bagno per tuffarmi nell’agognato mare di sapone profumato dove mi rilasserò alla grande. Mentre giochicchio con le bolle che mi diverto a far scoppiare e faccio fare a Darma delle evoluzioni sottomarine, sento mia madre che bussa alla porta.
“Che c’è mà?”
“Leddino, ho dimenticato di dirti che ha telefonato Loredana”
“Ah, sì? Vabbè, dopo ci penso.”
“Dovresti chiamarla sai? Ha una voce tanto dolce, è tanto educata, viene da una famiglia tanto per bene, all’Università prende dei voti tanto alti ed è pure tanto bella”
“Già, il problema è che è pure tanto troia”