Belle le riflessioni che mi ispira la tua poesia, Errebi.
Bello il dibattito che si è sviluppato attorno ad essa.
Parto dalla tua poesia.
Si, talvolta basta un nonnulla, una immagine, un posto, un momento, per farci cadere addosso “come onda sismica” un cumulo di pensieri, di ricordi, di nostalgie …
E noi non possiamo fermarli.
Ed allora, non è accaduto soltanto a te, in quel momento proviamo:
la totale insensatezza
del tempo che mi resta,
incarcerato a vita
nella consapevolezza
d'aver perso il contatto
con la luce dei tuoi occhi.
So, … so bene, cosa significa … anch’io ho provato …
E qui interviene Presenza “... perché fermarsi invece di guardarsi attorno e scoprire che una vita pulsa e chiama? …”
Perché (dico io) noi, spesso, restiamo catalizzati, ipnotizzati dall’immagine su cui avevamo focalizzato tutta la nostra attenzione … tutte le nostre speranze … tutta la nostra vita …
Patapuffola, invece, dà un’altra spiegazione: noi “pensiamo di essercele lasciate alle spalle e poi, nei momenti più impensabili, la verità ci piomba addosso” … Ma in fondo è ciò che ho detto anche io visto da una angolazione diversa …
Errebi spiega che “non tutto dipende dalla nostra volontà … è solo illusorio pensare di poter guidare completamente il cammino della propria vita, non siamo monadi isolate...”
Presenza ribatte che “sta a noi scegliere di vederla e viverla (la vita) continuando ad essere tristi, malinconici e arrabbiati o voltare questa stessa energia in creativo e vivo”.
Ed a mio avviso ha ragione, ma la sua ragione è teorica … noi non sempre lo vogliamo …
Errebi si lancia in una disquisizione filosofica “la vita è così com'è. E come tale va rilevata”. Ed aggiunge “Non esiste la verità, esistono opinioni sugli accadimenti per come i singoli individui li percepiscono”.
Ed anche con questa tesi convengo. Anzi, aggiungo. Solo nella lingua italiana la parola “verità” è singolare (non ha il plurale). In quasi tutte le altre lingue ha anche il plurale. Addirittura nella lingua ebraica ha solo il plurale.
Presenza ribatte entrando, anche lei, in una disquisizione filosofica ispirata prevalentemente al pensiero orientale, certamente più fatalista e remissivo di quello nostro occidentale. Ci invita ad accettare il dolore solo per il tempo necessario a superarlo e ad accettare di godere per la sua assenza quando non è presente … Poi Presenza ci dà il suo saluto:
“Namasté”
“Mi inchino al luogo in te
in cui abita l’intero universo.
Mi inchino e onoro il luogo in te
dove dimora l’amore, la verità, la luce e la pace”
È un saluto meraviglioso. Il saluto che i popoli orientali si scambiano con un inchino del capo e con le mani giunte. Credo che non esista saluto più bello!
Grazie Presenza
Namasté … mi inchino davanti a te e davanti a tutti …
Victor