Autore Topic: 019 - Pagine dal diario di un ragazzo felice - Priamo re di Troia  (Letto 802 volte)

victor

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PRIAMO RE DI TROIA

In questo contesto, ritengo che si adatti questo stralcio di uno scritto che fa parte di un’altra storia. È questo il motivo per cui voglio riportarlo.

Ricordo quando in seconda media studiavo l'Iliade … La guerra di Troia … Gli eroi e tutte le loro gesta …

Certo Achille era il più forte e il più valoroso di tutti, ma era stato anche fortunato in quanto sua madre lo aveva reso invulnerabile.

Anche Ettore era altrettanto forte e valoroso, ma non aveva l'invulnerabilità di Achille e per questo fu sconfitto e ucciso nel duello con quest'ultimo.

Ma quello che mi aveva impressionato più di tutti (anche se avevo solo dodici anni) era il re Priamo. Era potente e ricco. Il suo palazzo e la sua città erano pieni di oro. Era quell'oro che volevano i greci. Il tradimento di Elena era stato solo un pretesto. Non mi ricordo chi me lo spiegò, se il mio professore o qualche altra persona. Mi era stato spiegato che le guerre si fanno solo per denaro. Mi era stato spiegato che ai re greci non importava affatto se Elena avesse tradito suo marito. Mi era stato spiegato quello che negli anni a venire avrei capito meglio “c'est l'argent que fait la guerre”. Mi era stato spiegato che Menelao, in quanto re, a quei tempi, poteva prendere tutte le donne e le schiave che voleva. E poi a quei tempi le donne erano belle e generose, non solo con i re, ma con tutti, c'era una dea che le proteggeva!

Torniamo a Priamo ed alle mie riflessioni di allora … Aveva cento figli (caspita!), cinquanta maschi e cinquanta femmine! Era chiaro anche a me ragazzo che non li aveva potuti avere tutti con la moglie, ma anche con concubine e schiave... e questo pensiero mi intrigava parecchio...

Cercavo di immaginare come doveva essere il palazzo dove viveva Priamo. E non avendo altro termine di riferimento lo immaginavo come il palazzo di mio nonno, ma molto più grande. In altri miei appunti ho descritto il palazzo di mio nonno, per cui qui non mi ripeto. Immaginavo una casa immensa, dove abitavano tantissime persone, tutti parenti o servi del re, così come la casa di mio nonno era abitata da parenti e da servitù. Immaginavo i banchetti di Priamo, come quelli che avvenivano a casa di mio nonno nelle grandi occasioni, quando si riunivano tutti i parenti, ovviamente nei banchetti di Priamo gli ospiti erano molto più numerosi. Priamo, come mio nonno, seduto a capo tavola attorniato da figli, parenti e ospiti...

Pensavo che mi sarebbe piaciuto essere come mio nonno o, meglio ancora, come Priamo, ricco e potente. Questo mio pensiero era avvalorato dal fatto che avendo mio nonno perduto il figlio maschio ed essendo io il primo nipote, l'altro posto a capo tavola era stato assegnato a me. Non toccava neanche ai generi, che sedevano accanto alle loro mogli, a corona attorno a mio nonno, in ordine di anzianità.

Pensavo che mi sarebbe piaciuto avere cento figli, con tutto il relativo contesto ... Avere un figlio forte e coraggioso come Ettore, un altro bello come Paride, ed anche una figlia come Cassandra. Mi avevano spiegato che Cassandra aveva la capacità di vedere le cose in maniera razionale e realistica. Pertanto le sue capacità divinatorie non erano una dote divina, ma erano dovute alla sua intelligenza spiccata, alla quale si aggiungeva la capacità di dire apertamente e chiaramente quello che pensava, senza ipocrisie e senza paure. Era una donna forte e coraggiosa e gli uomini mediocri, non potendo eguagliarla e non potendo smentire le sue “profezie” la calunniavano accusandola di portare sventura o “iella”.

Questa ammirazione per Cassandra mi portava ad imitarla, avevo imparato ad analizzare i fatti ed a ragionarci sopra. A ciò mi avevano indotto anche gli insegnamenti di mia madre, la quale mi spingeva sempre a riflettere e a ragionare prima di esprimere giudizi o di prendere decisioni. Si aggiunga che avevo anche l'esempio di mio padre il quale non aveva alcuna remora a dire apertamente quello che pensava. Così in quegli anni si formò il mio carattere e la mia personalità. Imparai a pensare sempre prima di parlare o di agire e imparai anche a non temere il giudizio degli altri. Ed imparai anche ad assumermi sempre la responsabilità delle mie azioni rispondendone sempre ed a qualunque costo in prima persona, senza mai mentire o nascondere la verità. Mi fu insegnato che nascondere la verità o dirne soltanto una parte equivaleva a mentire.

E poi la storia continua … ma non fa parte di questa storia … e quindi la tralascio.
Il duro impegno per l'acquisizione delle competenze, la passione e le doti personali creano eccellenza ... e distinguono il professionista dal lavoratore ... Victor