Autore Topic: 013 - Pagine dal Diario di un Ragazzo felice - Il Feudo  (Letto 480 volte)

victor

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013 - Pagine dal Diario di un Ragazzo felice - Il Feudo
« il: Febbraio 19, 2012, 22:42:15 »
013 - IL FEUDO DI MIA MADRE

Mio nonno aveva suddiviso e donato ai suoi figli un feudo che aveva avuto da suo padre. La quota di mia madre era circa 120 ettari. Pertanto è facile valutare l’estensione di tutto il terreno con una semplice moltiplicazione.

Mio nonno mi raccontava che quando si recava in questo feudo, partiva la mattina a cavallo alle tre di notte. Ci metteva circa quattro ore prima di arrivare. Prima percorreva la strada nazionale, poi deviava ed attraversava il fiume, quindi si doveva inerpicare per sentieri scoscesi verso la montagna. Infatti il territorio di questo feudo si estendeva tra le montagne. Mi diceva che dal momento che lui attraversava il fiume e percorreva i sentieri della montagna era tenuto costantemente sotto controllo da occhi invisibili. Ma lui imperterrito continuava a percorrere la sua strada. Dei fischi segnalavano nel buio della notte il suo passaggio ed altri fischi a distanza rispondevano che avevano ricevuto il messaggio. All’alba raggiungeva la prima masseria e trovava i “gabelloti” ad attenderlo.

Poi saliva alla masseria in cima alla montagna. Questa ben a ragione era chiamata “il castelluccio” ed era posta in un luogo strategico. Era raggiungibile solo a piedi o a cavallo e con un percorso abbastanza lungo. Dominava tutti e tre i versanti della montagna e in fondo alle tre valli scorrevano tre fiumi. Chiunque volesse raggiungerla da qualunque lato giungesse veniva avvistato con oltre due ore di anticipo. Non per nulla negli anni ’20 del secolo scorso, per un certo periodo, questa masseria fu la residenza di uno dei più noti briganti della zona. Poi con l’avvento del fascismo il brigantaggio fu debellato e le proprietà tornarono ai legittimi proprietari.

Proprio questa zona con il Castelluccio era toccata a mia madre. In pratica, malgrado la sua estensione ritengo che rendesse poco, perché era prevalentemente terreno incolto buono solo per pascolo, per cui mio padre e mia madre decisero di venderla. Nello stesso periodo anche gli altri zii e cugini hanno venduto anch’essi la loro parte.

Mio padre, prima di venderla volle recarsi almeno una volta ad ispezionare il terreno e vedere come era fatto.

Era il 1949 e portò anche me. All’appuntamento, nel paese vicino, trovammo i gabelloti con i muli. Erano delle splendide bestie, alte, robuste, adatte a percorrere sentieri scoscesi di montagna portando in groppa carichi pesanti. Di animali io me intendevo. Mio padre non volle montare a cavallo e percorse tutta la strada a piedi. Io fui felice di poter cavalcare. Mi dissero che la mula che avevano scelto per me era la più docile e quindi potevo stare tranquillo. Anche i gabelloti, per rispetto a mio padre camminavano a piedi e così ci avviammo. Io solo ero a cavallo. E seguivo loro che precedevano a piedi. Dietro di me, uno di loro conduceva a piedi gli altri muli tenendoli per le briglie.

Percorremmo tutta la strada e visitammo la proprietà salendo fino in cima, fino al castelluccio. Qui restai sbalordito e lo ricordo ancora. Sotto ai miei piedi si estendeva un territorio sterminato, quasi infinito.

Solo una volta, in tutta la mia vita ho visto uno spettacolo della natura che superava quello che vidi allora: fu quando con alcuni miei amici decidemmo di andare a vedere il sorgere del sole dal cratere centrale dell’Etna. La notte prima dormimmo (si fa per dire … chi dormì quella notte?) al rifugio Sapienza e alle due di notte partimmo a piedi per scalare il cratere centrale, marciando a piedi. Arrivammo che ancora era buio, quando poi d’un tratto cominciò il chiarore dell’aurora … e poi l’alba … e poi … ancora … la luce di un cerchio di fuoco che lentamente, ma inesorabilmente sorgeva dal mare … Più tardi, quando la luce del giorno cominciò ad illuminare tutt’intorno vidi sotto i miei piedi tutta la Sicilia. Davanti, il mar Ionio da cui era spuntato il sole, alle mie spalle il Tirreno, e, alla mia destra, proprio in fondo il Mediterraneo.

Anche quella volta, lì nella masseria di Castelluccio, lo spettacolo era impressionante. D’un tratto mi tornò alla mente la storia del bandito che aveva abitato in quel posto e … compresi. Compresi come poteva sentirsi quell’uomo, braccato dalla legge, ma rispettato dagli uomini, quando si affacciava, come me, in quel momento, e spingeva il suo sguardo sui confini infiniti di quel territorio … Ogni tanto ritorno con la mente a quello spettacolo, a quel territorio sterminato, a quella proprietà di mia madre, a quella masseria … Se mia madre non l’avesse venduta mi sarebbe piaciuto tornare in quei luoghi … vivere in quelle case … morire in quella terra …

Il feudo fu venduto. Il terreno era stato frazionato e venduto alle stesse persone che prima lo avevano coltivato … L’atto di vendita fu fatto qualche tempo dopo. Anche quel giorno io accompagnai mio padre che per l’occasione si era fatto accompagnare ed assistere da un avvocato amico. Gli atti di vendita si susseguirono per tutto il giorno fino alle tre di notte. Un’altra pagina di storia della mia famiglia impressa nella mia mente …
« Ultima modifica: Febbraio 19, 2012, 22:44:08 da victor »
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