Autore Topic: da una panchina  (Letto 610 volte)

ziaci

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da una panchina
« il: Aprile 11, 2012, 19:55:51 »
La ragazza camminava a testa bassa, nulla attirava la sua attenzione, casualmente buttava lo sguardo in avanti per assicurarsi di non finire addosso a qualcuno o ancor peggio sotto una macchina, restava concentrata su quanto vedeva sul marciapiede, questo l'aiutava a non perdersi in pensieri dolorosi,  a non tornare con la mente allo stesso momento, l'aveva vissuto e rivissuto e ora provava un senso di nausea, voleva solo che il cervello fosse libero di produrre altro, del diverso, del nuovo; cosí: le foglie, gli sputi, le carte, i mozziconi e tutto il resto rappresentavano una valida alternativa, uno svago per la testa.
La donna era ferma davanti un negozio di abbigliamento e pensava che quel vestito in vetrina le sarebbe stato bene, poi urló il nome del figlio, le era sfuggito di mano e ora il piccolo rincorreva la palla che dei ragazzini nel vicolo avevano perso; il bambino non l'aveva udita oppure aveva fatto finta di non udirla e continuava il suo inseguimento, si sentiva come un piccolo super eroe, pensava che dopo avrebbe potuto giocare con loro e, forse, avrebbe trovato dei nuovi amici; uno dei ragazzini con una corsa prese il pallone e tornó dal gruppo di amici, gli passò vicino ma non lo guardò.
L'uomo arrivó davanti i tavolini del bar, guardó l'ora e pensó che era in anticipo, si sedette, aspettava il cameriere per l'ordinazione, ma non aveva ancora deciso cosa prendere così avrebbe improvvisato al momento, tiró fuori dalla tasche della giacca gli occhiali, che si infiló, un piccolo taccuino e una penna e inizió a scrivere, il cameriere arrivó prese l'ordinazione e lui nell'attesa riprese a scrivere, faceva delle piccole pause alzando lo sguardo e socchiudendo un poco gli occhi per poi tornare al taccuino, ogni tanto guardava l'orologio, arrivó il suo drink e lo bevve a piccoli sorsi, non dimenticandosi del taccuino, poco dopo si alzó, andó a pagare, guardó l'orologio e riprese la strada.
Io ero seduta sulla panchina della piazza e mi guardavo attorno, vedevo una ragazza assorta, una donna desiderosa, un bambino sognante, dei ragazzini che giocavano, un uomo in attesa e un cameriere che serviva, vedevo i loro movimenti e immaginavo i loro pensieri.
Vedevo frammenti di vita e mi divertivo ad inventare storie.
Chissà se qualcuno vedendomi ha mai inventato la mia storia.
acrobata del tempo, sospesa a mezz'aria, senza rete sto.
C.

presenza

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Re:da una panchina
« Risposta #1 il: Aprile 11, 2012, 22:35:58 »
... chissà, è la voglia di ognuno di noi di rimanere immortali nella mente degli altri.

ziaci

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Re:da una panchina
« Risposta #2 il: Aprile 12, 2012, 01:57:26 »
... chissà, è la voglia di ognuno di noi di rimanere immortali nella mente degli altri.
Già...
acrobata del tempo, sospesa a mezz'aria, senza rete sto.
C.

nihil

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Re:da una panchina
« Risposta #3 il: Aprile 12, 2012, 14:30:13 »
bellissimo pezzo, mi ci ritrovo ad ammirare quel piccolo grande teatro che è la vita. abow

piccolofi

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Re:da una panchina
« Risposta #4 il: Aprile 12, 2012, 17:37:59 »

  Eh, si', non c'e' dubbio che sia tu che Nihil amate il teatro della vita.......
  E' davvero ben scritto, come sempre, ma in piu' c'e' quella sorridente riflessione finale che
  cambia la prospettiva e fa capire che mentre osserviamo e " fotografiamo ", e mentre ci
  figuriamo persino delle storie, a nostra volta siamo parte della scena, della varia umanita',
  e forse qualcuno sta figurandosi qualcosa su di noi.
  Chi lo sa?