"Come ti senti adesso?"
La domanda non suonava casuale. Sembrava una di quelle domande tirate appositamente per rompre le palle
"E dai, mica abbiamo tutta la notte"
"Perché? eravate invitati ad un party su un traghetto a vapore? sapete, quelli dei bei tempi di New Orealns? erano belli, pensate che il primo produttore di quei batteli..."
"Nonono, non cominciare con le stronzate, che tanto non ne esci con le chiacchere qui".
"E che volete che vi dica, mi sento...come mi sento? Mi sento e basta".
"Questa è una di quelle tipiche cagate con non vogliono dire niente che vi inventate voi scribacchini quando non avete niente da dire" disse quello che fino a quel momento aveva taciuto.
"Ci sarà un modo per descrivere il tuo stato d'animo, per Dio" irruppe quello magro dei tre che teneva il fucile in mano. Il passamontagna lo faceva sembrare ancora più magro di quello che era in realtà, ma ci si sarebbe potuti sbagliare facilmente in merito. Era uno di quelli che una volta lo vedi scendere le scale e giureresti che è un tipo robusto e poi lo vedi salire in macchina e sembra un mingherlino. Si poteva comunque intuire il guizzo di un naso appuntito da caucasico sotto la stoffa.
"Non lo so" risposi io in mezzo ai loro sguardi dubbiosi. Intanto, intorno a me la gente tremava con le mani alzate e nessuna sirena era venuta a rassicurarci con la sua presenza. L'allarme non doveva aver funzionato perché fuori dal negozio tutto procedeva normale come sempre. Dalla vetrina si poteva vedere il postino che apriva la cassetta delle lettere all'angolo della strada mentre confidavo le mie speranze sul maniaco delle 18 che veniva sempre a fare scorta di video porno prima della sua serata di "fuego". Era un po' che non lo vedevo in verità, ma confidavo che fosse della "vecchia scuola" e non si fosse abbandato alla semplice abbondanza dei video disponibili su internet e preferisse affidare le sue numerose raspe ad un nuovo, emozionante film in cd appena sfornato da un isola caraibica. Intanto quelli aspettavano.
"Ma dovete proprio farla questa cosa?" provai a protestare io timidamente.
"Te lo abbiamo già detto" disse il capo dei tre "abbiamo intenzione di ammazzare qualcuno e abbiamo deciso di affidare questa scelta alle vittima potenziali. La signora qui ha figli a cui badare, il vecchio non vuole morire perché dice che, nonostante l'età ha molto ancora da imparare, ed è stato molto convincente. E il ragazzino, bé, è un ragazzino e quindi ha più motivi di vivere di tutti e quindi resti solo tu, che francamente per ora non ci stai dando grande prova di essere attaccato a questa vita".
"In effetti no" dissi io "però mi sembra pure una stronzata morire così, perchè ve lo siete messi in testa voi".
"Non è che ce lo siamo messi in testa "disse quello con la voce da giovanotto del sud "è che, dopo tante rapine abbiamo deciso di fare il grande passo, capisci. Un po' come un salto di carriera"
"Già, gran bel salto!" disse la donna che però tacque subito non appena si accorse di essere guardata. Forse temeva di tornare in ballo.
"Allora" tagliò corto il capo "come ti senti, come giudichi la tua vita fino ad ora. Perché dovresti vivere".
Se mi avessero domandato perché comprare un computer, ascoltare una canzone o toccare le tette ad una ragazza avrei saputo rispondere. Ma sul rimanere vivo non avevo le idee molto chiare. Sapevo solo che era una cosa che facevo tutti i giorni. Che accadeva, così, per consuetudine. E che presto o tardi non sarebbe successo più, e basta.
Lanciavo sguardi tenaci alla vetrina. Erano le 18 passate. In questa bettola puzzolente non sarebbe venuto più nessuno fino a chissà quale ora. Ero stanco, mi bruciavano le braccia a suon di tenerle alte.
"Sentite" dissi ad un certo punto "io le braccia le abbasso. Tanto l'allarme già l'abbiamo suonato e non è servito a nulla, quindi posso pure tenere le braccia abbassate così sto più comodo". Mi parve che tra i delinquenti non vi fosse motivo di scontento in questo mio accorato appello ai miei diritti e quindi abbassai le braccia. In effetti ero stanco. Presi una sigaretta e continuai a scrutare le vetrine in attesa del maniaco. Forse sarebbe diventato un altro ostaggio, buono comunque per l'allegro gioco di società che avevamo ingaggiato. Io avevo almeno una donna, da qualche parte. Mi odiava a morte ma esisteva, mi aspettava in qualche misura. Non che non avesse ragione per volermi morto, ma sono certo che il mio freddo cadavere, ad un certo punto, non gli sarebbe stato di soddisfazione alcuna. Quello invece non aveva nessuno, sicuramente. Avreste dovuto vederlo. Era il tipico maniaco grassoccio e sudaticcio che non fareste mai avvicinare ai vostri figli nemmeno se avessero trent'anni. Veniva spesso da noi e chiedeva consigli sui pornazzi in prima visione. E che potevo dirli io? ultimanete aveva una predilizone per i manga. Sono convinto che fosse per quella ambiguità vergongosa e molsta che la sessualità giapponese rinchiude in sé.
Ma il tizio non arrivò. Che si maledetto internet. Sicurmante doveve aver ordinato del cibo cinese e adesso era in piena attività. Così che non poteva entrare nel bel gioco di questi allegri tizi che tenevano armi spianate pronte ad uccidere il più sfigato tra noi. Il più sfigato non era arrivato e quindi, di logica conseguenza, rimanevo io.
"Bé" conculse il capo "arriviamo al dunque. Vorrei anche cenare".
"Sì capisco" dissi io "non è bello andare a dormire con lo stomaco vuoto". A dire il vero non era bello nemmeno morire a stomaco vuoto, ma non aggiunsi questa considerazione per non sembrare troppo patetico. Ormai era sera. La strada libera dal sole sembrava esseresi inquinata di un oscurità senza il confornto di una materna luna o il bacio di una stella. Senza che il sole avesse lasciato nessuna traccia del suo passaggio né l'uomo si fosse impegnato a cercare un po' di rimedio a quel buio assoluto che dominiava la strada e ciò che la circondava, che ora diventava più irrilevante che di giorno, visto che veniva inghiottito da quel buio insopportabile.
"Arriviamo al dunque" dissi io.
Udii le armi che si caricavano e le canne dirigersi verso di me. Solo in quel momento, un brivido freddo di rabbia e di paura mi raggiunse come se fosse arrivato in ritardo con molte scuse "mi scusi, capo. Ho perso l'autobus" sembrava dirmi mentre prendeva possesso delle mie gambe e poi saliva, con diligente accuratezza sulla schiena, stringendo lo stomaco e aggrottando le mie sopracciglia.
"Allora" disse il capo "come ti senti? cosa ti tiene in vita?".
"Sono due domande molto diverse..."
"Come ti senti?" mi disse seccato.
"Come mi sento? come ti senti tu? io mi sento disperso. Mi sento come un mucchio di foglie al vento. Come un fiume disperso in mille rivoli. Mi sento come se non fossi mai nato e fossi vissuto mille volte. Come ti sentiresti tu se non avessi mai concluso davvero nulla nella vita? almeno hai una carriera da accrescere, ma io. Io rincorro pezzi di vita quà e là come fanno le gazze con le cose brillanti. Metto da parte, mi illudo. Cerco un oggetto luminoso che mi rifletta la luce altrui. Cosa volete che vi dica?" "Ma hai detto che scrivi" disse quello quasi stupito.
"Scrivevo, quando avevo qualcosa da screivere. Quando credevo che ci fosse qualcosa da scrivere e qualcuno che avrebbe letto. Adesso cosa dovrei scrivere? della vita che faccio? di quel misero istante di felicità che ogni uno di voi rincorre con occhi sognanti salvo poi scopire che era un giocattolo guasto ad attirarli? che è tutto falso dalla cima alle fondamenta di questo mondo e che l'unica cosa che conta è come riflette la nostra vita sugli altri? perfino ora, che mi si domanda di fare un sunto della mia vita mi si chiede come sto, come se fosse importante. Ma a qualcuno potrebbe mai importare come sto io? non importa a me, mi annoio solo a pensarci, perché dovrebbe fregare a qualcuno".
"Insomma, tu sei uno scrittore che non scrive" mi disse il capo con sguardo tra lo stupito e il deluso.
"Sì, maledizione, cosa volete che vi dica oltre? che sono un vivente che non vive? un senziente che non pensa? un cuore che non ama ma batte freddamente? Sono uno scrittore che pensa che siate così noiosi da preferire la morte piuttosto che parlare ancora di voi".
"E i tre mi guardarono divertiti. Si allontanarono dal bancone senza dire più nulla e se ne andarono. Io mi guardai intorno. A terra era tutto rovesciato. Questi tre avevano rotto il registratore di cassa e portato via quello che potevano. Avevano preso anche un paio di confezioni di birre e una scatola di patatine. Una festicciola notturna in effetti ci stava tutta. Avrei giurato anche che uno di loro si era infilato una scatola di preservativi in tasca. E aveva pure fatto bene attenzione a prendere quelli "perduranti per un lungo amore". Il che ci diceva qualcosa, ma non credo andasse bene per un identikit. Tutti si alzarono e si ricomposero e io finalemtne potei telefonare. Telefonai a Dora e gli dissi se voleva prendersi una birra con me. Mi mandò cortesemente a fanculo. Che bello se avessi potuto dirgli che l'ultimo mio pensiero era riservato a lei. Ma già il rischio era lontano e io sfoderavo l'ennesima sigaretta e,in fondo, avevo trovato qualcosa da scrivere.