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Arte / Suzanne Valadon, pittrice
« Ultimo post da Doxa il Gennaio 26, 2025, 10:34:40 »
Stamane offro alla vostra visione tre opere  della pittrice francese Suzanne Valadon (1865 – 1938), un personaggio interessante, nata da padre sconosciuto.

Era la madre del noto pittore Maurice Utrillo, anche lui “figlio di padre ignoto”. La Valadon ebbe questo figlio quando aveva 18 anni di età.
Nata e cresciuta nella Montmartre operaia dei primi anni del ‘900,  Suzanne in età giovanile   fece da  modella per  vari pittori impressionisti, come Toulouse Lautrec   Pierre-Auguste Renoir.


Suzanne Valadon, Adamo ed Eva, olio su tela, 1909,  Musée National d’Art Moderne, Parigi.
In questo dipinto Suzanne raffigura il suo amante, André Utter, come Adamo,  e sé stessa come Eva, insieme nel giardino dell’Eden.

La donna  sorregge nella mano destra il “frutto proibito”, colto dall’albero della conoscenza del bene e del male.

La Bibbia non indica il tipo di frutto. La tradizione lo ha identificato con la mela. Il problema non è il frutto in sé, ma il divieto di mangiarlo. Il peccato fu la disobbedienza al comandamento di Dio. Mangiando il frutto (un atto di disobbedienza), Adamo ed Eva conobbero il "male".

In origine la tela raffigurava Utter nudo, ma successivamente la Valadon decise di aggiungere un tralcio con foglie di vite che gli coprono i genitali, per permettere alla sua opera di essere esposta in una mostra nel 1920.

Il pittore André Utter nato a Parigi nel 1886 e morto nella stessa città nel 1948,  era amico di Maurice, figlio della Valadon.  Conobbe Suzanne e la sposò. Aveva 21 anni meno di lei.   Fu il secondo marito per la pittrice,  e nel contempo suocero di Maurice.
 
Solo da ragazzo, nel 1891, Maurice prese il cognome dal pittore spagnolo Miguel Utrillo y Molins quando questo lo riconobbe legalmente, ma forse non era il padre.



Suzanne Valandon, Joie de vivre, dipinto ad olio su tela 1911, Metropolitan Museum of Art, New York

Anche in questo quadro è raffigurato il giovane André Utter, l’uomo nudo sulla destra che guarda quattro donne, nude o seminude in un ambiente boschivo.



Suzanne Valadon, Catherine nue allongée sur une peau de panthère, olio su tela, 1923, collezione Lucien Arkas
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Arte / Consolazione
« Ultimo post da Doxa il Gennaio 25, 2025, 20:57:31 »
 “Consolazione”:  questo lemma  deriva dal latino “consolationem”:  ed è una parola composta, formata da “con” (= insieme) + “solus” =  “stare con uno che è solo” condividendone l’afflizione; con significato più ampio: alleviare la sofferenza a chi è oggetto della consolazione.
 
Il filosofo e politico di epoca romana Lucius Annaeus Seneca (4 a. C. – 65 d. C.) nella “Consolatio ad Helviam Matrem”,  Seneca consola la madre, affranta per l’ingiusto destino del figlio: condannato a morte dall’imperatore Caligola, che  poi lo graziò, successivamente condannato alla “relegatio”  (= limitazione del diritto di scegliere il proprio luogo di residenza) dall’imperatore Claudio, che in seguito lo chiamò a Roma come tutore e precettore del futuro imperatore Nerone, su incarico della madre Giulia Agrippina Augusta. Quando Nerone e Agrippina entrarono in conflitto, Seneca approvò l’esecuzione di quest’ultima come male minore.
Dopo il cosiddetto “quinquennio di buon governo” o “quinquennio felice” (54-59), in cui Nerone governò  con la tutela di Seneca, i due divisero le loro strade.
Seneca, forse implicato in una congiura contro  Nerone,  fu coinvolto nella repressione neroniana e venne costretto al suicidio dall’imperatore.

Dal profano al sacro.

Nel Nuovo Testamento in lingua greca “paraklesis” significa  “invocazione”,  ma anche “esortazione”, “consolazione”.

Nella lingua italiana “paraclito” (dal greco paràkletos) allude a colui che è “chiamato accanto”  (para-kalèo; ad-vocatus) svolge la funzione di assistente, di avvocato, di sostegno.
In ambito ecclesiastico è l’epiteto dello Spirito Santo.

“Consolatrix Afflictorum”:  questa invocazione è presente nelle “litanie lauretane”. Deriva dai frati agostiniani che propagarono questa devozione.
Insieme ai Santi Agostino e Monica, la Madonna della Consolazione è una delle tre patrone degli ordini agostiniani.


Ed ora, anziché proporre alla vostra visione alcune immagini religiose dedicate alla “Madonna della Consolazione”, vi presento tre dipinti realizzati dal pittore norvegese Edvard Munch riferiti  alla consolazione  ed eseguiti in epoche diverse.

Questo pittore nelle opere che dedicò alla “consolazione” sembra esplorare l’anima di chi consola e le emozioni di chi questa consolazione l’accoglie.

L’uso dei colori e la postura delle figure comunicano la ricerca che induce  l’artista a cogliere la complessità dell’animo umano nella sofferenza.


Edvard Munch, Consolazione, puntasecca su carta tessuta giapponese 1894,
Museo nazionale di arti visive, architettura, design  e manufatti norvegesi, Oslo.

Una figura  abbraccia l’altra per consolarla, come suggerisce il titolo del dipinto. 
L'uso della puntasecca consente a Munch  di ottenere linee morbide. Sullo sfondo si vede la carta da parati a motivi geometrici.  L'enfasi è sullo scambio emotivo tra le figure. È un commovente ritratto di compassione ed empatia.




Edvard Munch, Consolazione, olio su tela, 1907, Oslo, Museo Munch



Edvard Munch, Consolazione nella foresta, olio su tela, 1924, Museo Munch, Oslo
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Cogito ergo Zam / Re:Capitale europea della cultura nel 2025
« Ultimo post da Doxa il Gennaio 23, 2025, 21:36:10 »
Per evitare confusione, debbo fare delle precisazioni.

Quest’anno c’è un proliferare di “capitali della cultura”.

Nel 2025 è cominciata l’era della  “Capitale europea della cultura trans-frontaliera”: sono state scelte due adiacenti località di confine: Gorizia e Nova Gorica, la prima italiana, la seconda slovena. Ne ho argomentato nel primo post.

Dopo la Seconda Guerra Mondiale, con il Trattato di Parigi del 1947,  Gorizia venne divisa in due. Tre quinti della città vennero ceduti all'allora Jugoslavia, i restanti due quinti rimasero sotto il controllo dell'Italia. Il confine venne segnato da un muro che attraversava diverse zone della città.
A seguito della dissoluzione della Jugoslavia e della creazione della moderna Slovenia, e a seguito del suo ingresso nel Trattato di Schengen nel 2007, le città di Gorizia e di Nova Gorica sono oggi compenetrate l'una nell'altra, senza confini visibili.

Dal 2000  ogni anno  viene selezionata anche una città per proclamarla Capitale europea della Cultura”
Per  il 2025 è stata scelta una città tedesca: Chemnitz, nella parte meridionale della Sassonia.

E’ dal 1985 che in Europa vige questa iniziativa, nata su proposta dell’attrice greca Melina Merkouri, in quell’anno ministra della Cultura del governo greco,  e Atene fu la città  scelta come capitale europea della cultura.


Per il 2025 come  Capitale italiana della “Cultura" è stata scelta  Agrigento, in Sicilia. 

E’ dal 2014 che nella nostra nazione vengono selezionate le “Capitali italiane della Cultura”. quell’anno l’iniziativa fu dell’allora ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini.
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Pensieri, riflessioni, saggi / Re:Invidia e gratitudine
« Ultimo post da Doxa il Gennaio 19, 2025, 21:24:36 »
Di solito l’invidioso è una persona con bassa autostima e scarsa capacità introspettiva, perciò  tenta di sminuire gli altri screditandoli.

L’invidia cela differenti sentimenti: senso di inferiorità, inadeguatezza, frustrazione, odio e rabbia per il successo dell’altro/a. Non tollera chi emerge al di sopra della mediocrità, vuole l’uguaglianza sociale. Chi si distingue deve essere odiato ed emarginato.  E' un sentimento intimo e inammissibile, rabbioso, come quello covato dal ragionier Ugo Fantozzi.  In una intervista Paolo Villaggio disse: “L’invidia è considerata un peccato di cui vergognarsi, invece è un sentimento nobile, in una cultura dominata dall’idea del successo. Un tempo mi facevo vedere ovunque per ostentare il mio successo. Invecchiando sono diventato più buono, non invidio più nessuno e non cerco di suscitare invidie…. Io difendo gli invidiosi, perché tutti coloro che sono felici invidiano chi è più felice di loro….L’italiano medio si lamenta dicendo ‘Sono tutti ladri!’, ma il suo non è vero disprezzo è semplicemente invidia. In realtà vorrebbe rubare anche lui, solo che non ne ha l’abilità, né il coraggio. Il sogno di molti italiani è di fare una rapina in banca”.

La scrittrice e filosofa statunitense di origine russa  Ayn Rand O'Connor (1905 – 1982),  fu sostenitrice dell'individualismo e dell'egoismo razionale, da lei inteso come la più naturale e importante delle virtù, in quanto consiste nel cercare il proprio bene senza arrecare danno agli altri. E con riferimento al collettivismo comunista nell’ex Unione Sovietica, scrisse:  “Non vogliono possedere la tua fortuna, vogliono che tu la perda; non vogliono riuscire, vogliono che tu fallisca”. Questo “augurio”  malevolo è una “gufata”.

Perché si dice “gufare” ? In molte culture il gufo è considerato portatore di sventure, perciò  l'affermazione: “smetti di gufare” ad una persona  quando sta dicendo qualcosa che può “portare sfortuna”, ad esempio prevedendo un evento negativo.

Spesso la gufata viene usata in ambito sportivo, oppure al bar negli “sfottò” tra amici, quando parlano del prossimo incontro di calcio della squadra che amano. 

Il verbo gufare deriva dal verso del gufo, rapace notturno  e solitario


Gufo reale

Le abitudini notturne e il  suo verso cupo, detto “bubolare”,  hanno indotto la credenza popolare a considerare il gufo come un animale portatore di sfortune.
Ma nel Medioevo era considerato un simbolo di sapienza e saggezza, e così viene presentato ai giorni nostri  nel film “La spada nella roccia”.

L’antidoto  alle gufate e nei confronti dei gufatori è l’ironia.

Il gufatore è un  “haters”, parola inglese che  deriva da “hate” (= odio).Gli haters sono persone che esprimono con cattiveria o maleducazione il proprio dissenso verso un individuo, oppure un post, un articolo, un video. A Roma li chiamiamo “"rosiconi”, deriva da roditori.

Gli haters sono diffusi nei social. Nella lingua tedesca il gufatore è definito "schadenfreude”: parola  composta da  “schaden” (= danno) + “freude” (= contentezza, gioia), allude al piacere che si prova alla sfortuna di un’altra persona. 

Il filosofo Nietzsche usava la frase: “vendetta dell’impotente” per spiegare il significato di “schadenfreude”.
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Arte / Re:Paleoestetica e neuroestetica
« Ultimo post da Doxa il Gennaio 19, 2025, 15:48:32 »
Neuroestetica:  è un'area di ricerca che  comprende due rami: la neurologia e l’arte.  Coinvolge le scienze cognitive e l’estetica nello studio della produzione e fruizione delle opere d’arte. Esplora i meccanismi cerebrali, psicologici e sociali.



Cosa succede a livello cerebrale quando osserviamo un dipinto ? La risonanza magnetica permette di avere  informazioni sulle zone del cervello che si attivano e  di sapere con quale intensità. Alcuni studi utilizzano tecniche diagnostiche come l’elettroencefalogramma.

Dal punto di vista fisiologico la risposta estetica potrebbe essere una forma specifica dell’attrazione. Infatti  percepire la bellezza ed  essere attratti da un certo tipo di arte è anche una questione culturale.
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Arte / Paleoestetica e neuroestetica
« Ultimo post da Doxa il Gennaio 19, 2025, 15:35:29 »
Se vi state annoiando vi propongo la lettura di due post per addormentarvi tra le braccia di Morfeo, il dio della mitologia greca che prende la forma e le caratteristiche dei sogni.  ;D

Mentre siete nella fase della veglia  sappiate che Michele Cometa, docente  di “Storia della cultura” e “Cultura visuale” nell’Università di Palermo, nel suo recente libro titolato: “Paleoestetica. Alle origini della cultura visuale” (edit. Raffaello Cortina) narra il bisogno dell’homo sapiens di raffigurare immagini fin dall’epoca paleolitica. Sono disegni di animali: bufali, tori, cavalli, rinoceronti, mammut, orsi, uccelli, ecc.. Sembrano fotogrammi di un film.


Arte rupestre nelle grotte di Lascaux, Francia).
 Ormai sono anni che studiosi di discipline diverse (antropologia, psicologia sociale, neuroscienze, paleontologia, biologia, archeologia cognitiva) lavorano insieme  per comprendere le coordinate evolutive della cultura visuale e narrativa. Ciò significa scrivere la storia dell’autocoscienza, l’attività riflessiva del pensiero,  tramite la quale l’io diventa cosciente di sé mediante il processo di introspezione.

(l’io si può considerare la “cabina di regia” della nostra personalità. Secondo la psicoanalisi, l'Io svolge la funzione di mediare tra gli istinti, le esigenze della realtà esterna e le regole della nostra coscienza morale.

Il prof. Cometa dice che prima dei miti ci furono le immagini, il “fare-immagine”  nelle pitture rupestri nelle grotte, o scolpite nelle miniature. Erano una forma di conoscenza attraverso i sensi.

Che i meccanismi cognitivi collegati al “fare immagine” siano stati vantaggiosi per l’homo sapiens è testimoniato dal fatto che quell’estetica è ancora la nostra estetica. Quelle figure nelle grotte di Chauvet (Francia), Altamira (Spagna), Leang Tedongnge (Indonesia), ecc., sono parte del nostro patrimonio visuale. Anche se non sappiamo  che cosa significhino le riconosciamo.

Con quelle rappresentazioni gli antichi umani non facevano solo immagini: “facevano-mente”. Le neuroscienze insegnano che la mente non è un viaggio solitario nel nostro cervello ma è un processo relazionale.

Dire che “facendo-immagine” l’homo sapiens ha “fatto-mente” significa riconoscere nell’atto estetico una delle forme originarie e primordiali dall’autocoscienza.



Guardo l’immagine e penso alla meraviglia suscitata negli umani in epoca paleolitica dalla conoscenza e l’utilizzo delle sostanze coloranti presenti in natura.

Gli studiosi affermano che 32 mila anni fa l’uomo era capace di miscelare i pigmenti. Ad esempio,  usavano terre contenenti ossido di ferro dall’Ematite per il rosso, l’ocra e il giallo; terre verdi dalla  Celadonite e Glauconite; il bianco dal gesso o caolino; l’ossido di manganese o il carbone vegetale per il nero. Come leganti usavano sostanze estratte dagli animali oppure dall’olio vegetale. 

La forma più elementare di pittura parietale preistorica è costituita dalle impronte delle mani, ottenute premendo sulla parete rocciosa la mano imbrattata nel colore.



Immagini di mani umane analoghe sono state ritrovate in vari luoghi in Francia come nelle grotte di Pech Merle e, soprattutto, in quelle di Gargas, poco distante da Lourdes. Quest'ultima è una grotta con diverse pareti ricoperte da circa centocinquanta segni di mani umane di diversi colori.
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Pensieri, riflessioni, saggi / Arte "grammatica"
« Ultimo post da Doxa il Gennaio 17, 2025, 18:53:26 »
L’Accademia d’arte grammatica   :) è una "società segreta" che ha come sacro testo il vocabolario per ingaggiare cacce ai tesori linguistici, tenendo conto anche delle variabili territoriali.

Per farne sapere di più il linguista Giuseppe Antonelli, docente di “Storia della lingua italiana” all’Università di Pavia ha pubblicato il libro titolato: “Il mago delle parole” (edit. Einaudi).

Apprendere bene la nostra lingua italiana è un’avventura  conoscitiva e di libertà. Aiuta  a diventare cittadini autonomi, mai sudditi del potere politico, di quello intellettuale, dei media e dei social.

L’autore invita a “rivoltare” le parole fino a trovarne il lato che ci piace di più, fino a trovare ogni volta l’incastro giusto per ciò che vogliamo dire.

Non fermarsi mai alla superficie, non accontentarsi mai del primo significato, ma scavare a fondo per capire che cosa vogliono dire le parole che ascoltiamo.

La grammatica non è noiosa ma intrigante.

Il sostantivo “grammàtica”  deriva dall’omonima parola in lingua latina e questa dal greco grammatiké, con riferimento all’arte o tecnica della scrittura.

Grammatiké deriva a sua volta dal greco gráphein (= scrivere).

Etimologicamente “grammàtica” allude all’arte di scrivere, ma  nell’ambito della linguistica la grammatica fa riferimento al complesso di norme o  regole necessarie per formare frasi, sintagmi e parole di una determinata lingua.


Gentile da Fabriano e collaboratori,   frammenti del ciclo di affreschi realizzati tra il 1411 e il 1412   nella Sala delle Arti liberali e dei Pianeti,  Palazzo Trinci, Foligno.
Sulla destra si vede il dipinto dell’allegoria della grammatica.


particolare



Luca della Robbia, Prisciano e la grammatica, ex formella del “Campanile di Giotto” 1437-1439,  Museo dell’Opera del duomo, Firenze

Il campanile di Giotto è la torre campanaria  del duomo, dedicato a “Santa Maria del Fiore.

Chi era Prisciano ? Un grammatico del VI secolo. Il suo nome: Priscianus Caesariensis, nato  a Cesarea, in Mauritania, l’attuale Cherchell, in Algeria. In quel tempo la città nordafricana di Cesarea era la capitale della provincia romana della Mauritania.

Prisciano scrisse le “Istituzioni di grammatica, che divenne l'abituale libro di testo per lo studio del latino durante il Medioevo.
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Anch'io Scrivo poesia! / In questo mondo
« Ultimo post da presenzadiritorno il Gennaio 16, 2025, 17:20:26 »
Di là c’è chi sparge il mare
come fosse un cassetto
e in mezzo il mondo intero
del vengo prima io e tu stai dietro

Di qua c’è chi conta le giornate
come fosse  scala a scendere e salire
solo per faticare

Basterebbe una valigia per andare via
una di quelle senza cartellino
due ruote e tanta gioia nel cuore
per poter vivere
senza bisogno di parlare
e giorno dopo giorno solo viaggiare.


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Letteratura che passione / Re:"Chimere"
« Ultimo post da ninag il Gennaio 15, 2025, 23:21:04 »
Una di quelle cose che spaventano, il film lo avevo visto.
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Presentazioni / Re:Presentazione!!!!
« Ultimo post da Totale il Gennaio 15, 2025, 22:35:18 »
Grazie mille  ;D
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