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Anch'io Scrivo poesia! / IL TEMPO È VITA !!!!
« Ultimo post da Totale il Marzo 29, 2025, 17:24:04 »
(Testo nato ascoltando questa canzone)

Di : Disa Giato - Rap

Titolo della canzone :

 • IL TEMPO È VITA •

___________________________________

e se vuoi essere vivo pure domani....

beh....

incrocia le dita!!!!

IL PRESENTE .. è l'unico momento garantito....

ed io nell'arco della mia VITA ho già perso più di un amico....

e anche se io di anni ne ho quasi 50....

so che prima o poi la VITA ti (e ci) metterà a 90....

e con questo intendo dire....

che prima o poi per forza a tutti toccherà morire....

ovviamente questo tutti lo sappiamo....

ma chissà perché ogni tanto di questo non ne parliamo??!!

O magari alla morte pure tu ci pensi ogni tanto....

e magari pensandoci ti scappa poi pure di nascosto qualche pianto!!??

La VITA almeno per me scorre veloce....

e devo dire che la VITA con me in certi periodi è stata pure molto feroce....

e per VITA feroce intendo che ho passato dei gran e brutti periodi neri....

contornati pure da parte mia da mille scleri....

ma io spero vivamente di sti periodi neri di non passarne più....

e magari dei periodi neri li hai passati poi pure tu....

questi periodi neri non auguro a nessuno di passarli ovviamente....

non la penso io come la pensa a volte certa gente....

che augura le stesse cose brutte che han passato loro ad altra gente!!!!

(io) l'unica cosa che posso dire....

è che solo una persona che ha passato determinati periodi neri poi alla fine forse mi (e ti) potrà capire....

io ad esempio che anni fa' non volevo più vivere (come forse già sai)....

penso che potrò forse solo essere capito da chi ha avuto il mio stesso pensiero ed i miei stessi guai....

ma di passare ciò che ho passato io a nessuna persona lo augurerò mai!!!!

E CI TENGO A PRECISARE CHE RINGRAZIO DI ESSERE ANCORA IN VITA....

ed anche se l'ho detto all'inizio neanch'io ogni giorno che passa incrocio....

le dita....

per garantirmi ogni giorno in più di VITA!!!!

Anche perché magari per avere un giorno in più di VITA bastasse solo questo....

senno incrocerei le dita ogni giorno....

o comunque lo farei....

molto più spesso....
e pure tu magari lo faresti....
di riflesso!!!!
Incrociare le dita nella VITA non serve proprio a niente....

te lo dico io che sono un deficiente!!!!

Infatti nella mia VITA io non ho mai....

incrociato proprio un cazzo....

e chissà forse proprio per questo son poi diventato pure pazzo :D !!!!

E se tu nella tua VITA....

incroci spesso le dita....

ricordati solamente che :

• IL TEMPO È VITA •

 ___________________________________

E se la tua VITA non ha ancora una FORMA....

RICORDATI SEMPRE CHE IL TEMPO INDIETRO....

BEH OH....

 N

 O

 N

 •

 T

 O

 R

 N

 A

 •
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Anch'io Scrivo poesia! / del temporale
« Ultimo post da presenzadiritorno il Marzo 25, 2025, 18:13:37 »
Della vita che finisce come del temporale
quando all’alba ti sveglia
e non sai che fare
resta la pioggia che cade
un cielo pieno di nuvole
le luci della notte che si spengono
e un caffè dentro la tazzina di vetro
trasparente e leggero.


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Arte / Re:"Apocalisse, ieri e domani"
« Ultimo post da Doxa il Marzo 24, 2025, 22:02:27 »
“Apocalisse”: questa parola composta  deriva dal lemma di origine greca “ apokálypsis”: disvelamento, rivelazione. 

In ambito religioso la rivelazione è quella escatologica, che profetizza il destino ultimo dell’umanità, invece a molti evoca la catastrofe, voluta dalla divinità oppure naturale, perciò suscita paure e interrogativi, che si possono vedere rappresentati nell’arte anche  nella predetta mostra parigina, titolata “Apocalisse, ieri e domani”.

Nella prima parte della rassegna  vengono affrontati alcuni dei passi dell’Apocalisse, ricchi di simboli, metafore e allegorie che impressionano i lettori: il settimo sigillo e le sette trombe, i quattro cavalieri, la battaglia contro il dragone, la caduta di Babilonia, il giudizio universale, ecc..

Nel Medioevo  quei passi vennero utilizzati per tentare, tramite immagini, di rendere comprensibile all’incolta plebe devota il  misterioso messaggio giovanneo.

La più antica rappresentazione conosciuta  del giudizio universale è su una tavoletta d’avorio dell’VIII secolo.

Nel percorso espositivo ci sono circa 300 opere, comincia con un codice miniato del IX secolo, l’Apocalypse de Valenciennes, poi le belle miniature del “Beatus di Saint-Sever” dell’XI secolo; dello stesso periodo alcuni manoscritti.

E’ esposto un frammento del XIV secolo del cosiddetto “Arazzo dell’Apocalisse” che comprende  un ciclo di arazzi, commissionato fra il 1373 e il 1377 per il duca Luigi d’Angiò.


 Il ciclo dell’Apocalisse
 
L'arazzo fu collocato nell'arcivescovado di Arles all’inizio del XV secolo e, dal 1474 in seguito alla donazione fatta da  Renato d’Angiò, nella cattedrale di Saint-Maurice d'Angers.

Durante la Rivoluzione francese l'arazzo fu fatto a pezzi per realizzare coperte, stuoini, riparazioni domestiche: scomparso nel 1782, fu recuperato nel 1848 e restaurato fino al  1870,  dopodiché l'opera venne restituita alla cattedrale, ma non adatta  per la conservazione dell'arazzo, perciò questo venne trasferito nel vicino castello di Angers  in una sala le cui dimensioni permettono di ammirare l'opera,  composta inizialmente di sette pezzi per un totale di 140 m, ne sono giunti a noi solamente sei, lunghi ciascuno 23 m. Misura complessivamente 103 m di lunghezza per 6,1 m di altezza. Era composto da 90 scene, ne sono rimaste 71.
   

La cosiddetta  “fine del mondo”  è stata ispirazione per molti artisti, ed hanno creato alcune delle opere più belle della storia dell’arte: da Albrecht Dürer a Brassaï, passando per l’Espressionismo tedesco, William Blake, Vassilji Kandinskji, Anne Imhof e Kiki Smith.

Albrecht Dürer  all’inizio del XVI secolo fece 15 xilografie dedicate all’Apocalisse, che contribuirono a definire e strutturare l’immaginario occidentale sul tema.
Infatti le iconografie nate dalla fantasia dell’artista tedesco sono ancora diffuse, giunte fino a noi anche tramite vari film.

Gli artisti degli ultimi tre secoli sono nella seconda parte della mostra,  titolata “Il tempo delle catastrofi, che documenta la tematica apocalittica

Sono esposte le  tavole dei «Disastri della guerra» di Francisco Goya,  le opere di Vassillij Kandinskij, Odilon Redon, Ludwig Meidner, Natalia Gontcharova,  Judit Reigl, Otto Dix, Antonin Artaud, Unica Zürn, Tacita Dean con il suo struggente “The book end of  time”.

Sul tema del «Giorno dopo» è esposto «Infinito» di Luciano Fabro (1989), «Earth» di Kiki Smith (2012) e lavori di Miriam Cahn e Otobong Nkanga.

L’esposizione parigina dedicata alla “Apocalisse, ieri e domani”  prova a dare la dimensione più profonda del testo di Giovanni, la rivelazione della fine del mondo come passaggio verso una nuova era, come è scritto nell’incipit del XXI capitolo: “[COLOR="#FF0000"]E vidi un cielo nuovo e una terra nuova”[/COLOR]. Questo annuncio biblico è una sorta di viatico che accompagna il visitatore dell’esposizione verso l’uscita con l’inestinguibile bisogno di speranza.


Scuola fiamminga, “Retablo (= pala d’altare) con Giudizio Universale”, fine del XV secolo, Parigi, Musée des Arts décoratifs

the end
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Arte / "Apocalisse, ieri e domani"
« Ultimo post da Doxa il Marzo 24, 2025, 18:50:40 »
A Parigi fino all’8 giugno,  nella Bibliothèque nationale de France, c’è la mostra denominata “Apocalisse, ieri e domani”.
 
In questa rassegna  tematica ci sono dipinti, sculture, arazzi,  vengono proiettati anche vecchi film sull’Apocalisse, testo  attribuito all’evangelista  Giovanni e  ultimo libro dell’Antico Testamento.

Fra i vari dipinti, c’è questo dedicato alla guerra, lo realizzò Henri Rousseau, detto “il doganiere”.


Henri Rousseau, La Guerre Vers, olio su tela, 1894, Musée d’Orsay, Parigi.

L’artista lo dipinse dopo  oltre vent’anni dalla fine del conflitto franco-prussiano del 1870, nel quale l’artista partecipò.

Quest’opera  allegorica vuole esprimere il rifiuto di ogni forma di violenza (compresa l’apocalisse divina :D).

Al centro  della tela è raffigurata  una donna  selvaggia e armata, ha il viso contratto in una smorfia,  indossa un abito bianco; mentre galoppa sorregge una fiaccola nella mano sinistra e una spada in quella destra.

Sembra una dea della guerra che cavalca un cavallo nero col pelo irto, somigliante ad un mostro ibrido; l’animale rappresenta la forza bruta della guerra.

Nella parte inferiore del dipinto sono rappresentati gli effetti della guerra: gli alberi bruciati, i rami spezzati,  sul campo di battaglia ci sono feriti e cadaveri, preda di corvi voraci. E’ un panorama desolante.

L’artista ha messo in scena il dramma con la scelta dei colori dominanti: il nero, il grigio e il rosso: scelse il colore rosa per le nuvole e l’azzurro per il cielo per attenuare  la drammaticità, non c’è  il verde, colore simbolo della speranza.

Henri Rousseau era un pacifista. Per il catalogo del “Salone degli Indipendenti”, in cui questa tela fu esposta, il pittore scrisse questo commento: “La guerra passa spaventosa, lasciando dappertutto la disperazione, i pianti e la rovina”.

Come contrasto propongo alla vostra visione questo bel  dipinto dello stesso pittore (ovviamente non esposto nella mostra parigina):  mi fa pensare ad una gita domenicale della famiglia sul calesse.



Henri Rousseau, La carriole du père Junier (il calesse di papà Junier), olio su tela, 1908, Musée de l’Orangerie, Parigi

L'uomo che tiene le redini è Claude Junier con la famiglia: la moglie Anna, una nipote e la figlia di quest'ultima, più i suoi animali (tre cani, la cavalla di nome Rosa). L'altro uomo, che porta in testa il cappello di paglia, è lo stesso Rousseau.

Il gruppo dei personaggi è immobile e silenzioso come in una posa fotografica, sullo sfondo il paesaggio: un viale stranamente deserto.

segue
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Anch'io Scrivo poesia! / Polvere padrona
« Ultimo post da Platino il Marzo 24, 2025, 07:28:30 »
Polvere padrona

Oggetto di ogni sguardo,
sovrana indiscussa
scendi nel tempo.
Ovunque a denuncia,
impalpabile testimone
di abbandoni materiali,
dell’anima stanca.
Copri ogni cosa, volontà
Del tempo che sorre
senza un protagonista: io.
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Letteratura che passione / L'animale uomo
« Ultimo post da Doxa il Marzo 23, 2025, 12:12:46 »


 
Guardo questa foto e penso al saggio dell’etologo e zoologo inglese Desmond Morris “ La scimmia nuda – Studio zoologico sull’animale uomo”, titolo originale “The Naked Ape”, pubblicato nel 1967, in lingua italiana nel 1968. 

La tesi principale del libro è che la pelle sia l’organo che distingue di più gli esseri umani dagli altri primati. La relativa assenza di peli (esclusa la testa, le ascelle, il petto maschile e la zona inguinale)  è legata, secondo l’autore, alla necessità del contatto fisico tra la madre  e il suo  bambino.

Non sono d’accordo con quanto scrisse Morris, perché nei filmati sul mondo animale si vedono gli abbracci tra madri e figli.
 
Il biologo e naturalista Charles Robert Darwin, celebre per aver formulato la teoria dell’evoluzione delle specie vegetali e animali per selezione naturale, pubblicata nel 1859 nel suo libro titolato “L’origine delle specie”, afferma che la selezione naturale  agisce sulla variabilità dei caratteri ereditari e della loro diversificazione  e moltiplicazione per discendenza da un antenato comune.

Torno a Desmond Morris. E’ ancora vivente: ha 97 anni, ed ha riscritto per i bambini una versione del suo noto libro. L’ha titolato “La scimmietta nuda. Breve storia degli animali” edito da Bompiani.

Il libro aiuta a capire da dove veniamo e cosa siamo.  Morris dice che “Se comprendiamo la nostra natura biologica, allora abbiamo gli strumenti per affrontare la vita. Siamo ancora influenzati dai nostri antichi impulsi animali, e li ignoriamo a nostro rischio e pericolo. Abbiamo trascorso un milione di anni evolvendoci come animali tribali e siamo ancora tribali oggi, anche se viviamo in grandi città. Oggi la tua tribù è nella tua rubrica telefonica, ma il significato resta lo stesso”.

Ed ancora: “Uno dei vantaggi di passare  il tempo al cellulare o al computer è che si evitano gravidanze indesiderate ! Lo svantaggio è che si perde il contatto con le gioie del cinema, della tv, dei libri, delle riviste e dei giornali,. E il divertimento di stare con altre persone…”.

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Arte / Re:Art Dèco
« Ultimo post da Doxa il Marzo 17, 2025, 17:51:50 »
I mitici "roaring twenties", i ruggenti anni ’20, furono caratterizzati dall’espansione industriale, il successo della musica jazz, dell'art dèco e le suffragette che chiedevano il diritto al voto delle donne. Volevano più libertà. Il loro desiderio di indipendenza lo manifestarono indossando abiti più corti, il trucco per il viso più marcato. Cominciò il periodo delle “flapper girls”.

A Milano, nella mostra dedicata all’art dèco sono esposti alcuni abiti per donna, di moda negli anni ’20



Questi abiti con lustrini, glitter e paillettes mi sono piaciuti perché mi suscitano i ricordi di alcuni vecchi film in bianco e nero, con ragazze che ballano il “charleston”: questo nome al ballo deriva dalla città statunitense di Charleston, nella Carolina del Sud.

Divenne popolare come ballo dopo essere apparso insieme alla canzone "The Charleston", di James P. Johnson, nel musical di Broadway "Runnin' Wild" nel 1923.

Quelle ragazze che ballano il charleston hanno l’acconciatura dei capelli corta, alla “garçonne”, resa celebre dallo stilista francese Coco Chanel. Quel taglio corto voleva essere manifesto e uguaglianza tra i sessi.

Molta risonanza ebbe pure la frangetta, come quella che aveva Louise Brooks iconica attrice e cantante jazz, ma pure lo chignon, la cuffia, la retina, il foulard erano espressione della moda in quegli anni.


 

Negli anni ’20 fu ideato per le signore il tubicino girevole col rossetto, pratico da portare con sé assieme alla cipria. E cominciò la moda della pelle femminile leggermente abbronzata, non più espressione di appartenenza ad una classe sociale inferiore, ma segno di salute e benessere fisico: Coco Chanel motivò le donne ad abbandonare l’ombrellino che proteggeva la pelle dai raggi solari, ad eliminare i guanti e ad accorciare le gonne.

Gli abiti femminili diventano più corti, frangiati, con lustrini e accessori in madreperla.

Le scarpe, col tacco a rocchetto non troppo alto e il cinturino alla caviglia.


 

Un esempio del look anni 20/30 si può vedere nel film “The Great Gatsby” diretto da Baz Luhrmann, che ripercorre la trama del libro di Francis Scott Fitzgerald
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Anch'io Scrivo poesia! / Lo specchio
« Ultimo post da presenzadiritorno il Marzo 17, 2025, 17:19:51 »
Al centro della stanza troneggiava
come un re di fronte alla sua regina,
dentro ad una cornice d’oro larga
quanto il palmo di una mano a primavera.

Irresistibile il suo canto come una sirena
attirava i passanti per la via
così tanto per gioco e tanto per amore illudeva
ma quella era tutta la sua bugia.



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Arte / Re:Art Dèco
« Ultimo post da Doxa il Marzo 17, 2025, 17:13:29 »
“Invochiamo il dono di un po' di bellezza per addolcire […] l’aspra vita quotidiana con il sorriso del divino, del solo indispensabile superfluo”.

Questa la frase di Margherita Sarfatti, con la quale si apre la mostra dedicata all'Art Dèco, a Milano.

Nella prima sala c'è questo bel dipinto



Alberto Martini, Ritratto di Wally Toscanini, 1925. Il pittore ritrae la figlia del famoso direttore d'orchestra mentre lei indossa un abito da ballo giallo, sdraiata su un divano, come se fosse una dea della bellezza. Collezione privata
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Arte / Re:Art Dèco
« Ultimo post da Doxa il Marzo 16, 2025, 23:56:45 »
Art Dèco: questo movimento artistico  dello scorso secolo ebbe successo negli anni tra la prima e la seconda guerra mondiale. 

Fu descritto anche da Margherita Grassini,  la prima donna che si dedicò con competenza alla critica d’arte e nota  sia per essere stata una delle amanti di Benito Mussolini  sia per la sua importanza nell’ambito culturale internazionale. 


 
Margherita Grassini, ebbe una vita avventurosa e anche drammatica per i lutti subìti.

Nata a Venezia nel 1880 in una ricca famiglia ebraica. Il padre, Amedeo Grassini, era avvocato (amico del patriarca di Venezia, Giuseppe Sarto, in seguito scelto come pontefice: papa Pio X) e imprenditore: fondò  la prima società di vaporetti della città di cui era anche consigliere comunale. La madre, Emma Levi, era cugina di Giuseppe Levi, padre di Natalia Ginzburg.

Nel 1898 Margherita, nonostante il divieto dei genitori, sposò l’avvocato Cesare Sarfatti, militante socialista, e lei  ne assunse il cognome, con il quale firmò i suoi scritti.

Nel 1902 col marito si trasferì a Milano e cominciò a collaborare con il quotidiano “L’Avanti”, giornale del partito socialista italiano.  Nel 1909, nello stesso giornale, divenne responsabile della rubrica dedicata alla critica d’arte.

Nel 1912 Margherita incontra  Benito Mussolini, allora dirigente del Partito Socialista Italiano e in procinto di di divenire direttore de "L'Avanti".  Vicina alle sue idee politiche,  diventa redattrice de “Il Popolo d’Italia”, quotidiano fondato e diretto dal futuro dittatore. Nel contempo collabora con il quotidiano  “La Stampa” di Torino e la rivista di teoria politica “Gerarchia” che dirige dopo il 1922, anno in cui fonda anche il “Gruppo del Novecento” che, a causa della sua adesione al fascismo, vede allontanarsi da lei alcuni artisti,  contrari alla nascita di un’arte fascista.

Nel 1913 Benito e Margherita  erano già amanti. E lei rimase nell’immaginario collettivo come “l’amante ebrea” di Mussolini.

In quell'anno Margherita aveva 33 anni, era ricca, colta, poliglotta, cosmopolita.
 

 
Dopo  circa 20 anni, nel 1932, fu lui a imprimere una brusca svolta alla loro relazione, allontanandola dal quotidiano “Popolo d’Italia”. 

Un mese dopo  avvenne il fatale incontro di Mussolini con Claretta Petacci, e la Sarfatti lentamente uscì sia dalla vita sentimentale del duce sia da quella politica.

La legislazione antisemita costrinse Margherita a fuggire prima a Parigi e poi  in Sud America.

Nel 1947 tornò in Italia e visse in una località vicino Como.  Morì il 30 ottobre 1961. Aveva 81 anni



 
Margherita all’età di 80 anni
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