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Pensieri, riflessioni, saggi / La banana di Cattelan e il Romanticismo
« Ultimo post da greenintro il Novembre 21, 2024, 20:06:27 »
La banana di Cattelan venduta da Soteby a più di 6 milioni di Euro è l'esito estremo di una tendenza che nasce nell'estetica romantica, la deriva soggettivista dell'idea di Bello, per cui la bellezza di un'opera non è data dalle proprietà oggettive della stessa, ma semplicemente dal fatto di essere creata da un artista, che autoreferenzialmente si presenta come tale. Questa è la radicalizzazione dell'ideale romantico ottocentesco del "genio", visto come semidio, titano, superuomo, artista in un modo che il pubblico non può comprendere, da ciò l'idea di separare il concetto di "bello" dal gradimento dei fruitori. Nell'arte classica e medioevale, l'artista era solo il veicolo, il canale espressivo di valori e significati extra-estetici, di natura etica, politica e religiosa, e la bellezza dell'opera era definita dalla capacità di quel veicolo di infondare quei contenuti nell'anima del pubblico per il tramite dell'emotività. Col romanticismo inizia la tendenza a porre l'idea di Bello, non come contenuto che l'artista veicola, ma come prodotto stesso del suoatto creatore. Qua si nota il collegamento a livello filosofico con l'idealismo moderno: Il Bello, come il Vero non sono più visti come realtà oggettive che l'arte deve disvelare e comunicare, ma creazioni del soggetto stesso, la cui attività, teoretica ed estetica coincide con la realtà stessa, non la rappresenta, non la rispecchia, la crea. Per quanto, scolasticamente, siamo portati a vedere il Romanticismo come quella corrente culturale che recupera la religiosità cristiana in contrapposizione all'Illuminismo, a ben vedere, le categorie di quella religiosità vengono riprese deformandone il significato, per adattarlo a un idealismo filosofico in cui pensiero umano e realtà si identificano, in modo incompatibile con l'idea cristiana di trascendenza. Questa  è la componente antimetafisica del Romanticismo, in un certo senso persino più forte che nell'Illuminismo, se si guardano le cose oltre la superficie.
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Letteratura che passione / "Chimere"
« Ultimo post da Doxa il Novembre 19, 2024, 20:05:31 »
Cosa distingue un ricordo da un sogno ?

Perché alcuni sogni si ricordano e altri no ?

Comunque sia il ricordo sia il sogno si possono raccontare. Ma cosa accade quando i ricordi cominciano a sbiadire fino a cancellarsi ? Tale problema è il soggetto di film memorabili, come “Eternal sunshine of the spotless mind”, “Le pagine della nostra vita” o “Still Alice”, che raccontano ciò che si ostina a sfuggire alla perdita di sé.

Ne parla anche lo scrittore e poeta olandese Hendrik Jan Marsman (1937 – 2012), meglio conosciuto con il suo pseudonimo: J. Bernlef, nel libro titolato “Chimere”, romanzo pubblicato in Olanda nel 1984 col titolo: “Hersenschimmen”, in inglese: “Out of mind”. Il libro esplora il tema della memoria e della sua dissolvenza, offre una rappresentazione realistica della discesa della mente nella demenza dal punto di vista del malato.

Protagonista è Maarten Klein, un settantenne che vive con la moglie Vera a Gloucester, sulla costa a nord di Boston. Le giornate dei due, emigrati da tempo in America, si ripetono, scandite da abitudini rassicuranti: la pizza la domenica, le passeggiate col cane Robert, brevi conversazioni con i vicini. I figli, ormai adulti, non si fanno né vedere né sentire.

In quel “quadro” di vita tranquilla s’insinua la malattia. La mente di Maarten non è più pronta e lucida,  comincia a dimenticare, a perdersi anche nei gesti quotidiani.

Come in tanti casi di demenza, sono più vivi i ricordi di un passato lontano, di decenni prima vissuti in Olanda.

Finché un giorno d’inverno  tutto cambia. Accade quando Maarten guarda fuori dalla finestra  e non vede quello che si aspettava di vedere: i bambini che tutte le mattine salgono sul pullmino per andare a scuola, con i loro zaini colorati e gli schiamazzi che danno allegria. Non li vede perché quel giorno è domenica e non è mattina, gli dice Vera, porgendogli una tazza del loro tè pomeridiano.

Marteen rimane perplesso, non ricorda nulla delle ore precedenti. Pensa che non ha mai avuto una buona memoria, e si domanda come ha fatto a dimenticare un’intera mattina. Come se non ci fosse mai stata.

E’ un episodio da cui l’uomo non tornerà più indietro. Lui stesso racconta le vicende di quell’inverno che è anche la sua ultima stagione, quella in cui tutto s’addormenta, quella in cui il ciclo vitale naturale ha fine.

Il giorno dopo porta fuori casa il cane per la passeggiata quotidiana e torna a casa da solo, perdendo di vista il cane e ignorando il motivo per cui era uscito.

Una mattina si alza dal letto, si veste per andare al lavoro, ma è in pensione da anni.

A volte è convinto di essersi appena svegliato e di dover bere il caffè, invece è l’ora di cena.

La malattia si incunea piuttosto velocemente nella mente di Maarten: l’uomo dapprima si scorda di prendere la legna, poi va alla ricerca di qualcosa che, nel frattempo, non ricorda più cosa fosse.

“Provo a leggere il libro che ho in mano ma le parole non si decidono a fare una frase. È come se all’improvviso non padroneggiassi più l’inglese malgrado negli ultimi anni sia diventato praticamente bilingue”.

L’uomo è angosciato. Capisce che c’è qualcosa che non va.

La moglie è sempre  accanto  al marito; sfogliano l’album di fotografie che raccontano decenni di vita insieme per recuperare ciò che si sta dissolvendo nella mente di Maarten, spesso confuso e irritato.

Vera durante una telefonata così si confida: “Comincio a preoccuparmi sul serio. A vederlo non ha niente di strano ma è proprio questo che fa tanta paura. Certe volte racconta cose di noi che io non ho mai vissuto. Come se ai suoi occhi fossi un’altra [...] Mi sento inerme, non so come aiutarlo. È diventato così, praticamente dall’oggi al domani”.

Intorno a questa anziana coppia ci sono altre persone che rispondono ai richiami d’aiuto di Vera: sono il dottor Eardly,   la giovane badante Phil Taylor, che il protagonista scambia per un’amica dei figli e che, giorno dopo giorno, continua a non riconoscere nonostante lei ora faccia parte della famiglia. Maarten smarrisce i tanti frammenti del suo vissuto: non riconosce più i luoghi e poi perde anche la dimensione del tempo.

Vien voglia di abbracciarlo quando non riesce a compiere i gesti più ordinari, come vestirsi da solo, quando crede che i suoi genitori siano ancora vivi. Di confortarlo quando si sente in colpa per le lacrime di Vera, che dalla rabbia iniziale è passata alla disperazione perché ha capito che l’uomo che ama sta dimenticando tutta la sua vita e la loro vita.

“La gente della nostra età vive dei propri ricordi. Persi i ricordi, non rimane nulla”, dice Vera tenendosi la testa tra le mani.

"Chimere" è una storia commovente e toccante. J. Bernlef descrive la malattia in maniera accurata e pertinente racconta di essa con  espressioni coinvolgenti, emozionanti.

L’avvicinarsi della fine è triste ma anche questo fa parte della vita.

L’autore delinea quel doloroso tratto che ognuno di noi dovrà percorrere e che forse ha vissuto accanto a qualche familiare o amico.

L’argomento su cui la narrazione ruota è quello della transitorietà: la consapevolezza che per tutti il tempo passa, tutto cambia e nulla resta uguale.

Il nostro orologio interno va con quello delle stagioni. Ma, proprio alla fine, nella più fredda delle stagioni, l’inverno, quando la mente non è più lucida e non comprende neanche più la sofferenza, s’insinua la speranza.

“Ascolti solo la voce che sussurra [...] si può guardare, guardare fuori… il bosco e la primavera imminente... la primavera che sta per cominciare”.

 
p. s. leggo che la demenza senile è una  malattia neurodegenerativa dell’encefalo.

Colpisce molte persone anziane e determina una riduzione graduale e irreversibile delle facoltà cognitive.

La perdita della memoria (o amnesia) consiste nell'impossibilità, parziale o totale, di ricordare esperienze passate, recenti o più remote. In casi gravi, il soggetto affetto da amnesia può anche non riuscire ad acquisire stabilmente nuovi ricordi.

Esistono vari tipi di demenza senile, uno è il morbo di Alzheimer.
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Letteratura che passione / Re:"Inviti superflui"
« Ultimo post da ninag il Novembre 19, 2024, 18:48:30 »
Non lo avevo letto, è un post stupendo. Avevo letto" Il deserto dei tartari" , tanti anni fa.
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Anch'io Scrivo poesia! / Vivere
« Ultimo post da presenzadiritorno il Novembre 17, 2024, 19:10:41 »
E niente, poi passa il tempo e ti accorgi
che vivere non significa averlo fatto veramente
così scorrono le pagine, le lancette dell’orologio
il sole con i suoi tramonti e le giornate in mezzo
ai ciò che non sono accaduti.
E uno tira l’altro come si mangiano le ciliegie
sognando d’essere in mezzo al prato
e senza alcun rimpianto.
Ma vivere, sarebbe come andare senza alcun ritorno
lontano dalle stanze, da luci artificiali
da quei fiori di plastica lungo le balconate.
Sarebbe come spendere, spogliarsi dei risparmi
non possedere nulla e cominciare daccapo.
 
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Anch'io ho scritto un aforisma / Re:Ognissanti
« Ultimo post da piccolofi il Novembre 17, 2024, 15:59:31 »
  Sic transit gloria mundi.
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Anch'io Scrivo poesia! / Sguardi
« Ultimo post da presenzadiritorno il Novembre 17, 2024, 14:57:00 »
Quanti sguardi ci sono a questo mondo
e quanti sfuggono senza poterli acchiappare
anche solo per domandare.
Quanti sguardi senza fermarsi e aspettare
che un mistero svelino al cuore e quanti ce ne sono
mentre affannati siamo a cercare.
Quanti sguardi rimangono una sfuggita
e li lasciamo andare come ore
e quanti ne incrociamo mentre il presente scorre
e a mani vuote  privi di un nome
per giorni tentiamo di ricordare.
Quanti gli sguardi avvistati
che non fanno mai ritorno
e quanti ancora rimangono
perché possano cominciare
un nuovo giorno?

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Letteratura che passione / Santa Marcia
« Ultimo post da Doxa il Novembre 16, 2024, 15:19:52 »

Santa Marcia, si guarda allo specchio e dipinge l’autoritratto, miniatura  dal “De claris mulieribus” di Giovanni Boccaccio.

De mulieribus claris o De claris mulieribus (= Le donne famose) è un testo in lingua latina elaborato tra il 1361 e il 1362 per descrivere le biografie di 106 donne famose e le loro azioni malvage o virtuose.

Per scrivere questo libro Boccaccio fu motivato dal “De viris illustribus” di Francesco Petrarca, contenente le biografie di vari uomini.

In precedenza lo scrittore toscano compose un testo titolato “De casibus virorum  illustrium” con le biografie di 56 uomini e donne, poi elaborò il De mulieribus claris, dedicato soltanto a personaggi femminili.

Le biografie cominciano con quella di Eva, la prima donna secondo la Genesi, e concluse con quella della regina Giovanna I d’Angiò, di Napoli,  donna famosa  al tempo di Boccaccio.


Nell'elenco ci sono molte donne leggendarie, come Elena di Troia o le Amazzoni, che al tempo di Boccaccio si pensava fossero reali personaggi storici.

Ma chi era santa Marcia ?  Questo nome è di origine latina, e secondo alcuni deriva da Mars (Marte), il dio della guerra.

Martia e Marcia sono  le forme femminili  dei nomi latini  Martius e Marcius.

“Marcia” significa “appartenente a Marte”. In epoca romana era diffuso tra le figlie dei soldati.

Nel Rinascimento il nome “Márcia” fu di “moda” nelle famiglie aristocratiche.

Sinonimi di Marcia sono Marzia, Mara e Marta.

Marta è  un nome semitico e in aramaico  significa “signora” o “padrona”.

Marta è la figura biblica descritta nei vangeli di Luca e Giovanni come sorella di Maria e Lazzaro. I tre abitavano a Betania, vicino Gerusalemme.

Nel Vangelo di Luca (10, 38 – 42) le due sorelle accolgono Gesù in casa. Mentre Marta si occupa delle faccende domestiche, Maria si siede  per ascoltare ciò che dice Gesù. Marta se ne lamenta, ma Gesù  le risponde: “Marta, Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose, ma una sola è la cosa di cui c'è bisogno. Maria si è scelta la parte migliore, che non le sarà tolta”.

Invece nel Vangelo di Giovanni (11, 1–45) le due sorelle mandano a chiamare Gesù perché venga a guarire Lazzaro che si è ammalato, ma Gesù si attarda e quando giunge Lazzaro è già morto. Gesù dialoga con Marta e ottiene da lei una professione di fede: “Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio che deve venire nel mondo”. Quindi  Gesù si reca al sepolcro e resuscita Lazzaro.

Ancora il Vangelo di Giovanni (12, 1–3): “Sei giorni prima della Pasqua, Gesù andò a Betània, dove si trovava Lazzaro, che egli aveva risuscitato dai morti. E qui gli fecero una cena: Marta serviva e Lazzaro era uno dei commensali. Maria allora, presa una libbra di olio profumato di vero nardo, assai prezioso, cosparse i piedi di Gesù e li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì del profumo dell'unguento”.

Questo episodio c’è anche nel Vangelo di Matteo (26, 6–13) e in quello di Marco (14, 3–9), ma non nominano le due sorelle e situano la cena in casa di Simone il lebbroso.
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Anch'io Scrivo poesia! / Sarà
« Ultimo post da presenzadiritorno il Novembre 16, 2024, 11:58:24 »
Sarà che il forte vento
ha spazzato via tutte le foglie dal tetto
e ora giacciono sul pavimento.

La pioggia le inzuppa adesso
e prive di senso si arrendono
al cammino del tempo.

Sarà che le nuvole
di passaggio in questo momento
corrono libere nel cielo

e squarciando l’azzurro mostrano
com’ è effimero un sentimento
ad ogni movimento.

Sarà che in questo spazio chiamato universo
c’è posto anche per chi è semplice e spento
senza bisogno di gridarlo al vento.

Ed è per questo che attendo.


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Anch'io Scrivo poesia! / Re:Senza voce
« Ultimo post da presenzadiritorno il Novembre 16, 2024, 11:55:31 »
Grazie :-[
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