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Fantasy / Una somiglianza allarmante
« il: Febbraio 25, 2014, 13:07:11 »
Una somiglianza allarmante
Sara era una ragazza attraente e socievole. Era nata a Milano dove abitava e s’era laureata. Aveva deciso di seguire un master e per questo si era recata all’università di Madrid. Qui aveva conosciuto tanti ragazzi che ammiravano i suoi occhi di un azzurro intenso, i lunghi capelli castani e la sua figura snella ed elegante. Aveva gusti
difficili, motivo per il quale ancora non aveva trovato il ragazzo del cuore.
La sua amicizia con Andrea era nata per caso su un autobus di Madrid. Avevano scambiato qualche parola rendendosi conto d’essere entrambi italiani.
-Oh scusa!- aveva detto dopo averlo urtato ad una frenata.
-Prego- aveva risposto lui -mi pare che sei italiana o sbaglio?
-Sì, sono italiana, di Milano - aveva risposto -ma anche tu sei
italiano.
-E guarda caso, sono anch’io di Milano. Cosa fai a Madrid?
-Sto seguendo un master all’università. E tu?
-Anch’io seguo un master all’università.
Si erano scambiati i numeri dei cellulari e da quel momento erano diventati grandi amici. Tra i due non era scattata la scintilla dell’amore e infatti si trattavano fraternamente, confidandosi segreti e facendosi scherzi da veri burloni. Sapevano di essere concittadini e conoscevano tutto di Milano, ne parlavano ricordando luoghi e tradizioni. Dicevano che era un peccato che non si fossero incontrati prima nella loro città.
Andrea era pure un bel ragazzo, alto, bruno, con occhi neri da arabo, ma non aveva fatto battere il cuore di Sara.
Abitavano in quartieri diversi di Madrid e i luoghi dove seguivano i masters erano distanti, ma si davano appuntamento e uscivano insieme la sera dopo aver studiato.
Una sera invece Andrea non poté uscire perché doveva terminare una tesina, e Sara si recò fuori in compagnia di una collega. Andarono in uno dei tanti pub madrileni e ordinarono da bere mentre continuavano a chiacchierare. Poi a un certo punto girandosi, Sara intravide da lontano Andrea. La cosa le sembrò strana, ma comunque si avvicinò al tavolo dove era seduto il ragazzo.
-Hai già finito di studiare, imbroglione?- disse ponendogli le mani
sulle spalle con fare confidenziale.
Il giovane in questione si girò sorpreso e la scrutò assumendo l’atteggiamento di un punto interrogativo.
A questo punto, Sara si accorse che non era Andrea ma che gli somigliava in modo sorprendente. Era bello, con gli stessi capelli neri e corti, gli stessi identici lineamenti, ma gli occhi non avevano lo sguardo del suo amico Andrea. Anzi la guardavano sbalordito.
Poi disse: -Ci conosciamo? Perché mi dai dell’imbroglione?
Sarà restò a bocca aperta a guardarlo. Non credeva potesse esistere una somiglianza così incredibile. Andrea e quel ragazzo non sarebbero potuti essere più eguali!
-Oh! Scusa! Conosco un ragazzo che è la tua copia vivente. Credevo
fossi lui. Sono Sara, come ti chiami?
-Sono Klaus, ciao, siediti e mi spieghi meglio.
-Il tuo sosia m’ha detto di dover studiare, quindi vedendolo qua, cioè vedendo te, mi sono meravigliata. Non puoi credere quanto ti somigli!
-Allora dovrò conoscerlo. Sono svizzero, di Zurigo. Ci sei mai stata?
-No. Ma come mai parli così bene l’italiano?
-Perché ho sempre studiato e mi sono laureato a Milano.
-Pure tu! Sei sicuro di non essere parente di un tale Andrea Cipriani?
-No. Mai sentito nominare; non sai che curiosità ho di conoscerlo.
Trascorsero tutta la sera a conversare e Klaus raccontò d’aver fatto sempre il pendolare tra Milano e Zurigo dove viveva con i nonni, poiché genitori erano morti quando aveva quindici anni.
Sara parlò di sé e alla fine della serata, si scambiarono i numeri dei cellulari ripromettendosi d’incontrarsi quanto prima in compagnia di Andrea.
L’indomani, appena sveglia, Sara si premurò di telefonare ad Andrea per informarlo dell’esistenza di qualcuno che era la sua copia vivente.
-Ma davvero?- esclamò l’amico -E l’hai scambiato per me?
-Dovevi vedere la scena! L’ho visto da dietro e l’ho raggiunto. Ero arrabbiata. Gli ho messo le mani sulle spalle e gli ho dato dell’imbroglione. Ah!ah!ah!ah! Mi ha guardato come se fossi un extraterrestre. Ah!ah!ah! Allora ho capito che non eri tu, anche perché non aveva i tuoi occhi. Per il resto era identico. Lo devi assolutamente
conoscere.
-Sì certo, lo voglio conoscere. Quando vi rivedrete?
-Ma, non so, mi ha dato il numero del cellulare e, se vuoi, lo richiamo e gli do appuntamento per stasera. O devi ancora studiare?
-No, no, stasera potremo uscire.
-OK. Allora gli dico di trovarsi allo stesso pub.
-A stasera d’accordo. Ciao Sara.
Telefonò a Klaus che fu lieto di risentirla così presto.
-Ho già parlato con il tuo sosia e siamo d’accordo di vederci stasera allo stesso pub. Andrea è curioso di conoscerti. Verrai?
-Ci puoi giurare. Potrebbe fermarmi solo il terremoto.
Quella sera quando Klaus entrò nel pub, vide Sara seduta accanto ad un ragazzo il cui viso lo lasciò di stucco. Era un’altra copia di se stesso. S’avvicinò e s’accorse chiaramente che era identico a lui. Gli stessi capelli, la stessa forma del viso, le stesse spalle larghe e la medesima corporatura.
-Ciao Klaus, questo è Andrea- fece Sara.
I due ragazzi si strinsero la mano e Andrea era strabiliato: -Dicono che siamo in sette a somigliarci nel mondo. Ma qui non si tratta di somigliarsi, credo, ma di essere identici, di una somiglianza allarmante. È logico che Sara ti abbia scambiato per me.
Cominciarono a chiacchierare per conoscersi meglio e Andrea raccontò d’essere figlio unico e che suo padre era morto.
-Siete mai stati in piscina a Madrid?- chiese a un certo punto. - Io a Milano faccio parte di una squadra di palla a nuoto e anche qui ogni tanto vado a nuotare. Volete venire domani con me?
-In piscina?- fece Sara. -Sì, sì. Mi sono portata un costume e mi piacerebbe andare a nuotare.
-Io invece dovrò comprarlo- disse Klaus. -Però d’accordo, domani verrò con voi.
Continuarono per tutta la sera a scherzare e conversare e, alla fine, si diedero appuntamento per l’indomani mattina.
S’incontrarono davanti l’ingresso principale di una piscina che era abbastanza affollata. Si cambiarono e indossarono i costumi sotto un accappatoio. I due ragazzi se lo tolsero contemporaneamente per tuffarsi e, a quel punto, Sara emise un’esclamazione di sgomento. Infatti s’era accorta che entrambi avevano la medesima, identica voglia sulla spalla destra. Era una macchia cutanea di color rossastro a forma di foglia.
Klaus si girò e vide Sara che gli indicava la spalla di Andrea. Trasalì e non credeva ai propri occhi. Era rimasto a bocca aperta e quando Andrea lo guardò interrogativamente, si girò per mostrargli ciò che aveva anche lui sulla spalla. L’espressione di Andrea non fu diversa dalla sua, dopodiché cominciò a scuotere la testa e disse: -Ma non è possibile! No! Non è possibile!
Klaus aggiunse: -Pare impossibile e intanto è così. Hai la mia medesima voglia sulla spalla. Non solo ci somigliamo come due gocce d’acqua, ma per giunta abbiamo un segno di riconoscimento perfettamente identico. Tutto questo mi pare surreale!
-Calma- disse Sara, -calma, non lasciamoci impressionare. Nella vita c’è una spiegazione a tutto. Voi siete propri sicuri di non essere gemelli? Forse non sapevate d’avere un fratello gemello?
-Ma che gemello!- disse Klaus. -I miei nonni me ne avrebbero parlato. Invece sono sempre cresciuto da solo. Anche quando erano vivi i miei genitori non mi hanno mai parlato di un fratello gemello.
-Anche i miei- intervenne Andrea. -Mi avrebbero detto qualcosa e invece niente, assolutamente nulla.
-Eppure ci deve essere una spiegazione- disse Sara -perché convenite che è stranissimo! Se fosse stata la sola somiglianza, non ci avremmo più fatto caso, ma una voglia identica mi pare troppo!
-Dovremmo fare delle ricerche- disse Andrea con aria pensierosa. -Credo che l’unica persona cui potrei chiedere qualcosa sia mia madre. Domani le telefonerò e vi riferirò la sua reazione.
Si tuffarono, nuotarono e si divertirono, cercando di non pensare a quello che sembrava un vero mistero.
Ma l’indomani, quando si rividero, Andrea aveva un’aria stralunata e preoccupata.
-Ehi Andrea che c’è? Che novità?- s’affrettò a chiedere Sara.
-Quando ho detto a mia madre di Klaus, è rimasta taciturna, imbarazzata,
poi lentamente mi ha rivelato che io sono nato in provetta, grazie alla procreazione assistita che le ha praticato proprio un medico di Zurigo. Era dispiaciuta per non avermelo mai detto; credeva che non ce ne sarebbe mai stato bisogno. Comunque non sa spiegare la nostra somiglianza. Ha detto che potremmo andare a chiedere al dottore che le ha praticato la fecondazione, ma di cui non ricorda bene il cognome, perché era un cognome tedesco un po’ strano. L’unica cosa che ricorda con certezza è che portava sempre una sciarpa gialla.
-A Zurigo!- esclamò Klaus. -La mia città! Allora credo che dovremo cercare là quel dottore. Una sciarpa gialla. Bé, è sempre un indizio, anzi credo, l’unico indizio.
-Verrò anch’io. Non crederete di lasciarmi fuori da questo mistero d’ora in poi... - disse Sara.
I tre ragazzi, oltre a frequentare i masters, trascorsero i rimanenti giorni a Madrid uscendo sempre insieme. Continuarono ognuno a raccontare la propria vita passata, le proprie esperienze, i propri gusti musicali; andarono in tanti pub e visitarono i vari musei di quella splendida capitale. Parlarono delle proprie letture e Andrea e Klaus si accorsero che le loro preferenze erano identiche, infatti preferivano
entrambi i romanzi e i racconti gialli.
-Sono convinto che portiamo lo stesso tipo di mutande, ah ah ah- ironizzò Andrea.
La prima a partire fu Sara e Klaus l’invitò a Zurigo non appena anche lui fosse tornato: -Vi farò dormire a casa mia; i nonni ne saranno ben felici.
Così, circa quindici giorni dopo, Sarà udì una voce da Zurigo che le diceva: -Ehi, bellissima ragazza, quando mi vieni a trovare? Andrea tornerà tra due giorni e la prossima settimana sarà qui da me.
-Klaus! Ciao! Come va? Hai saputo nient’altro? Sì certo, verrò anch’io con Andrea.
-Qui tutto bene e ho continuato a studiare. No, non ho fatto nessuna ricerca. Aspetto voi. Come prevedevo quando ho detto ai nonni che sarete miei ospiti, si sono mostrati contenti di conoscervi.
-D’accordo, mi sentirò con Andrea e arriveremo insieme.
La settimana successiva, infatti, Klaus era alla stazione di Zurigo ad attendere gli amici. Li condusse nella propria casa e conobbero i suoi nonni, gente affabile e gentile. La casa era ampia e spaziosa, con varie camere da letto. Non ebbero neppure l’inconveniente della lingua tedesca poiché anche i signori Dolff parlavano un po’ l’italiano.
-Potrete restare quanto vorrete- disse la nonna, -a me fa piacere che mio nipote abbia dei nuovi amici e cucinerò volentieri per tutti- disse con il suo accento teutonico.
Sara ringraziò e volle affrontare subito il problema della somiglianza:
-Signora, si sarà accorta di quanto si somiglino Andrea e Klaus e saprà che hanno la medesima voglia sulla spalla destra. Com’è possibile, secondo lei, un fatto del genere?
-Cara Sara, mio nipote mi ha detto pure che sono nati lo stesso anno e lo stesso mese con qualche giorno di differenza. La cosa mi ha impressionato. Voglio dirvi a questo punto che mia nuora, la mamma di Klaus, è ricorsa alla procreazione assistita, ma non so altro. Dovreste cercare il suo ginecologo credo, solo lui potrà darvi qualche
spiegazione.
-Sì, mettiamoci alla ricerca di quel dottore- disse Andrea -dai Klaus, a chi possiamo rivolgerci per avere informazioni su un ginecologo che porta sempre una sciarpa gialla?
-Secondo me- rispose l’amico -potremmo chiedere all’Ordine dei medici di Zurigo.
-È vero! Sicuramente lì qualcuno lo conosce.
Infatti, si recarono all’ufficio dell’Ordine dove si ricordavano del dottor Gutthartad il cui particolare vezzo era quello d’indossare sempre una sciarpa gialla. Dissero che purtroppo era deceduto. Fornirono comunque ai ragazzi il suo indirizzo civico e il suo vecchio numero telefonico.
I ragazzi furono molto delusi, ma Klaus non volle abbandonare le ricerche e provò lo stesso a telefonare. Gli rispose la moglie del medico. Lui parlò in tedesco presentandosi e spiegando il motivo della sua telefonata. Quella lo informò della morte del marito, ma il ragazzo non si perse d’animo e insistette: -Signora, mi scusi, potrei venire a trovarla per chiederle delle informazioni? Sa, si tratta di vecchie notizie che potrebbero ancora esistere negli archivi di suon marito o di cui lei potrebbe essere al corrente.
-Io? No, non credo. Non credo di poterle essere d’aiuto signor Dolff.
-La prego signora, lei rappresenta l’unico legame che mi resta con suo marito.
-No signor Dolff. Non insista.
-Voglio insistere invece. Di che si preoccupa? Non sono un malfattore, glielo assicuro. Non mi dica di no, la prego, mi riceva.
-E invece no, glielo ripeto. Vivo sola e non ricevo mai nessuno. Buon giorno signor Dolff.
Klaus era rimasto interdetto e aveva guardato gli amici lasciando capire il suo fallimento.
Sara disse: -Non fa niente, coraggio, andremo lo stesso in quella casa.
-Ma come? Se non l’hai capito, ha detto che non mi riceve!- replicò.
-Proviamoci! Tanto provare non nuoce e non abbiamo nulla da perdere. Andremo a bussare e può darsi che, vedendo una ragazza, la signora abbassi la guardia e ci riceva.
Quel pomeriggio si recarono a casa della signora Gutthartad. Quando l’anziana signora aprì la porta d’ingresso, non si aspettava di vedere tre giovani: -Chi siete?- chiese spaventata e facendo l’atto di richiudere.
-Sono Klaus Dolff, signora, mi perdoni se mi presento da lei, ma vede, la cosa è troppo importante e riguarda anche questo mio amico. È Andrea Ferretti. La signorina invece è qui perché... perché... è la mia fidanzata-. Non trovò di meglio per giustificare la presenza di Sara.
La signora continuava a sembrare spaventata, ma guardava incuriosita prima Klaus e poi Andrea. Finalmente si decise ad accoglierli, sempre con fare guardingo.
-Ma voi due siete identici! Siete gemelli? Mi ricordate tanto una persona!- disse a un certo punto facendoli accomodare.
-No, non siamo gemelli- disse Klaus -ed è proprio questo il motivo che ci ha portato da lei. Non solo ci somigliamo in modo impressionante, ma guardi un po’ qui-. Così dicendo scoprì la spalla destra, indicando ad Andrea di fare altrettanto.
La signora restò esterrefatta, con gli occhi sgranati. Dopo un po’ esclamò: -Avete la stessa voglia! Ho già visto qualcosa del genere!
-Consideri- aggiunse Klaus -che mia madre si sottopose alla fecondazione
assistita per farmi nascere e che quell’intervento lo eseguì suo marito.
La signora Gutthartad stava annuendo, ormai tranquillizzata sulle intenzioni dei tre. Parlava in tedesco e Sara e Andrea dovevano sforzarsi per capirla.
-Io non sono la prima moglie del dottore, ero la sua infermiera - disse - lui si era ammalato di depressione dopo la perdita della moglie. Sono stata sua assistente per vent’anni e dopo volle sposarmi, credo, per avere anche chi lo aiutasse in casa. Ma la cosa che mi ha sconvolto appena vi ho visto è che somigliate proprio alla prima
signora Gutthartad.
-Cosa! Somigliamo alla prima moglie?- esclamò Klaus.
-Non solo, ma lei aveva la stessa voglia sulla spalla destra.
-Aveva la stessa voglia?- ripeté il ragazzo.
A questo punto i tre erano impalliditi. Klaus strabiliato disse: -Ma come si può spiegare un fatto del genere? Allora è come se fossimo figli di quella signora!
-Ricordo- continuò la Gutthartad -che rovistando tra le carte di mio marito, una volta trovai una busta sulla quale era raffigurato qualcosa a forma di foglia. Dentro vi era uno scritto che conteneva delle strane rivelazioni.
Klaus continuava a tradurre nel timore che gli amici non capissero ciò che lei raccontava. Poi disse in tedesco: -Signora, ci potrebbe mostrare una foto della prima moglie? E, per favore, potrebbe cercare quella busta?
-Sì certo, lo posso fare, ma dovrei guardare in cantina fra i suoi vecchi archivi.
-È noioso, lo so, e le chiedo troppo, ma si tratta solo di una foto e di una busta. La prego le cerchi. Noi aspetteremo pazientemente.
Volle accontentarli e si assentò per qualche tempo. Ritornò con una foto e una busta in mano. Le mostrò ai ragazzi che, appena videro la fotografia, rimasero allibiti. Infatti, mostrava una bella donna a bezzo busto i cui lineamenti erano molto simili ai loro. Aveva capelli bruni e folti, occhi neri da orientale e un sorriso dolce che
metteva in evidenza una dentatura perfetta.
Sara esclamò: -Porca miseria! Somigliate a questa donna!
Era un momento particolare e un silenzio carico di tensione era sceso nella stanza. I due ragazzi avevano la sensazione di vedere per la prima volta la loro madre naturale. Ma com’era possibile? Com’era potuto accadere tutto ciò? Erano venuti a conoscenza di un mistero inspiegabile, ma quella nuova consapevolezza li sconvolgeva.
Come diceva Sofocle: < Tante cose è meglio che restino nascoste, poiché la conoscenza è terribile quando non giova a chi la possiede>.
Andrea e Klaus continuavano a guardare la foto e poi si guardavano
a vicenda.
La busta recava un disegno che riproduceva proprio la loro stessa voglia. Non mancava che leggere il foglio contenuto che forse avrebbe potuto svelare il mistero.
Klaus e Andrea lo svolsero con la massima cautela e fu Klaus a leggere e tradurre simultaneamente: “ Sono disperato da quando mia moglie è morta. Avevamo tanto desiderato un figlio. Lei avrebbe fatto di tutto per averlo. L’amavo da morire, è sempre stata l’unico, grande amore della mia vita. L’avevo sottoposta al prelievo degli ovociti dalle ovaie e li tenevo conservati in laboratorio. Ora che il cancro me l’ha portata via, ho deciso di utilizzarli. Proprio in questi giorni si sono presentate da me due signore, una di Zurigo e un’altra di Milano. Hanno detto di avere
difficoltà di concepimento e quindi hanno voluto che intervenissi con la fecondazione in provetta. L’ho fatto, è stato un altro dei miei tanti interventi di procreazione assistita. Ma questa volta ho fatto una specie di scherzo alla natura. Sì, mi sento furioso contro il mondo intero per aver perso la mia adorata moglie. La farò sopravvivere grazie a quegli ovuli. Il liquido seminale mi appartiene, sono io il
donatore. Così i figli nati saranno anche miei. Le signore non ne sapranno mai nulla. D’altronde saranno loro che per nove mesi porteranno avanti la gravidanza e saranno ben felici di avere i loro bambini. Lo so che è un’idea pazza e disonesta. Ma ormai è cosa fatta e tutto è andato bene, il concepimento in vitro è avvenuto e gli ovuli si
sono perfettamente impiantati. Le signore si erano fatte prelevare i propri ovociti e credono che siano quelli fecondati e impiantati nel loro utero. Ma non è così e ne sono a conoscenza solo io. Comincio talora a provare vergogna per ciò che ho fatto. Forse me ne pento e credo che i sintomi della depressione siano iniziati da quel momento, ma non avevo fatto a tempo ad impiantare gli ovuli alla mia povera
moglie perché, dopo il prelievo, ha cominciato ad accusare i primi sintomi del male. Adesso mi sono vendicato del destino! Chissà se quelle creature somiglieranno a lei! Spero di sì. Mi piacerebbe che avessero la sua stessa voglia sulla spalla, i suoi stessi occhi dolci e il suo medesimo sorriso. Siamo stati tanti anni felici insieme e adesso
quel ricordo genera e acuisce la mia infelicità. Allora il pensiero che lei potrà sopravvivere in due esseri nati dai suoi ovuli mi consola”.
Il mistero era risolto. L’amore di un uomo aveva vinto sul tempo, ma aveva lasciato dietro sé un senso di sconcerto, d’amarezza e d’incertezza. I ragazzi erano stati generati da persone ignote. Nessuno avrebbe mai saputo se il dottor Gutthartad avesse più conosciuto i suoi figli.
Adesso l’unica consolazione per Andrea e Klaus era quella di sapersi fratelli.
Sara era una ragazza attraente e socievole. Era nata a Milano dove abitava e s’era laureata. Aveva deciso di seguire un master e per questo si era recata all’università di Madrid. Qui aveva conosciuto tanti ragazzi che ammiravano i suoi occhi di un azzurro intenso, i lunghi capelli castani e la sua figura snella ed elegante. Aveva gusti
difficili, motivo per il quale ancora non aveva trovato il ragazzo del cuore.
La sua amicizia con Andrea era nata per caso su un autobus di Madrid. Avevano scambiato qualche parola rendendosi conto d’essere entrambi italiani.
-Oh scusa!- aveva detto dopo averlo urtato ad una frenata.
-Prego- aveva risposto lui -mi pare che sei italiana o sbaglio?
-Sì, sono italiana, di Milano - aveva risposto -ma anche tu sei
italiano.
-E guarda caso, sono anch’io di Milano. Cosa fai a Madrid?
-Sto seguendo un master all’università. E tu?
-Anch’io seguo un master all’università.
Si erano scambiati i numeri dei cellulari e da quel momento erano diventati grandi amici. Tra i due non era scattata la scintilla dell’amore e infatti si trattavano fraternamente, confidandosi segreti e facendosi scherzi da veri burloni. Sapevano di essere concittadini e conoscevano tutto di Milano, ne parlavano ricordando luoghi e tradizioni. Dicevano che era un peccato che non si fossero incontrati prima nella loro città.
Andrea era pure un bel ragazzo, alto, bruno, con occhi neri da arabo, ma non aveva fatto battere il cuore di Sara.
Abitavano in quartieri diversi di Madrid e i luoghi dove seguivano i masters erano distanti, ma si davano appuntamento e uscivano insieme la sera dopo aver studiato.
Una sera invece Andrea non poté uscire perché doveva terminare una tesina, e Sara si recò fuori in compagnia di una collega. Andarono in uno dei tanti pub madrileni e ordinarono da bere mentre continuavano a chiacchierare. Poi a un certo punto girandosi, Sara intravide da lontano Andrea. La cosa le sembrò strana, ma comunque si avvicinò al tavolo dove era seduto il ragazzo.
-Hai già finito di studiare, imbroglione?- disse ponendogli le mani
sulle spalle con fare confidenziale.
Il giovane in questione si girò sorpreso e la scrutò assumendo l’atteggiamento di un punto interrogativo.
A questo punto, Sara si accorse che non era Andrea ma che gli somigliava in modo sorprendente. Era bello, con gli stessi capelli neri e corti, gli stessi identici lineamenti, ma gli occhi non avevano lo sguardo del suo amico Andrea. Anzi la guardavano sbalordito.
Poi disse: -Ci conosciamo? Perché mi dai dell’imbroglione?
Sarà restò a bocca aperta a guardarlo. Non credeva potesse esistere una somiglianza così incredibile. Andrea e quel ragazzo non sarebbero potuti essere più eguali!
-Oh! Scusa! Conosco un ragazzo che è la tua copia vivente. Credevo
fossi lui. Sono Sara, come ti chiami?
-Sono Klaus, ciao, siediti e mi spieghi meglio.
-Il tuo sosia m’ha detto di dover studiare, quindi vedendolo qua, cioè vedendo te, mi sono meravigliata. Non puoi credere quanto ti somigli!
-Allora dovrò conoscerlo. Sono svizzero, di Zurigo. Ci sei mai stata?
-No. Ma come mai parli così bene l’italiano?
-Perché ho sempre studiato e mi sono laureato a Milano.
-Pure tu! Sei sicuro di non essere parente di un tale Andrea Cipriani?
-No. Mai sentito nominare; non sai che curiosità ho di conoscerlo.
Trascorsero tutta la sera a conversare e Klaus raccontò d’aver fatto sempre il pendolare tra Milano e Zurigo dove viveva con i nonni, poiché genitori erano morti quando aveva quindici anni.
Sara parlò di sé e alla fine della serata, si scambiarono i numeri dei cellulari ripromettendosi d’incontrarsi quanto prima in compagnia di Andrea.
L’indomani, appena sveglia, Sara si premurò di telefonare ad Andrea per informarlo dell’esistenza di qualcuno che era la sua copia vivente.
-Ma davvero?- esclamò l’amico -E l’hai scambiato per me?
-Dovevi vedere la scena! L’ho visto da dietro e l’ho raggiunto. Ero arrabbiata. Gli ho messo le mani sulle spalle e gli ho dato dell’imbroglione. Ah!ah!ah!ah! Mi ha guardato come se fossi un extraterrestre. Ah!ah!ah! Allora ho capito che non eri tu, anche perché non aveva i tuoi occhi. Per il resto era identico. Lo devi assolutamente
conoscere.
-Sì certo, lo voglio conoscere. Quando vi rivedrete?
-Ma, non so, mi ha dato il numero del cellulare e, se vuoi, lo richiamo e gli do appuntamento per stasera. O devi ancora studiare?
-No, no, stasera potremo uscire.
-OK. Allora gli dico di trovarsi allo stesso pub.
-A stasera d’accordo. Ciao Sara.
Telefonò a Klaus che fu lieto di risentirla così presto.
-Ho già parlato con il tuo sosia e siamo d’accordo di vederci stasera allo stesso pub. Andrea è curioso di conoscerti. Verrai?
-Ci puoi giurare. Potrebbe fermarmi solo il terremoto.
Quella sera quando Klaus entrò nel pub, vide Sara seduta accanto ad un ragazzo il cui viso lo lasciò di stucco. Era un’altra copia di se stesso. S’avvicinò e s’accorse chiaramente che era identico a lui. Gli stessi capelli, la stessa forma del viso, le stesse spalle larghe e la medesima corporatura.
-Ciao Klaus, questo è Andrea- fece Sara.
I due ragazzi si strinsero la mano e Andrea era strabiliato: -Dicono che siamo in sette a somigliarci nel mondo. Ma qui non si tratta di somigliarsi, credo, ma di essere identici, di una somiglianza allarmante. È logico che Sara ti abbia scambiato per me.
Cominciarono a chiacchierare per conoscersi meglio e Andrea raccontò d’essere figlio unico e che suo padre era morto.
-Siete mai stati in piscina a Madrid?- chiese a un certo punto. - Io a Milano faccio parte di una squadra di palla a nuoto e anche qui ogni tanto vado a nuotare. Volete venire domani con me?
-In piscina?- fece Sara. -Sì, sì. Mi sono portata un costume e mi piacerebbe andare a nuotare.
-Io invece dovrò comprarlo- disse Klaus. -Però d’accordo, domani verrò con voi.
Continuarono per tutta la sera a scherzare e conversare e, alla fine, si diedero appuntamento per l’indomani mattina.
S’incontrarono davanti l’ingresso principale di una piscina che era abbastanza affollata. Si cambiarono e indossarono i costumi sotto un accappatoio. I due ragazzi se lo tolsero contemporaneamente per tuffarsi e, a quel punto, Sara emise un’esclamazione di sgomento. Infatti s’era accorta che entrambi avevano la medesima, identica voglia sulla spalla destra. Era una macchia cutanea di color rossastro a forma di foglia.
Klaus si girò e vide Sara che gli indicava la spalla di Andrea. Trasalì e non credeva ai propri occhi. Era rimasto a bocca aperta e quando Andrea lo guardò interrogativamente, si girò per mostrargli ciò che aveva anche lui sulla spalla. L’espressione di Andrea non fu diversa dalla sua, dopodiché cominciò a scuotere la testa e disse: -Ma non è possibile! No! Non è possibile!
Klaus aggiunse: -Pare impossibile e intanto è così. Hai la mia medesima voglia sulla spalla. Non solo ci somigliamo come due gocce d’acqua, ma per giunta abbiamo un segno di riconoscimento perfettamente identico. Tutto questo mi pare surreale!
-Calma- disse Sara, -calma, non lasciamoci impressionare. Nella vita c’è una spiegazione a tutto. Voi siete propri sicuri di non essere gemelli? Forse non sapevate d’avere un fratello gemello?
-Ma che gemello!- disse Klaus. -I miei nonni me ne avrebbero parlato. Invece sono sempre cresciuto da solo. Anche quando erano vivi i miei genitori non mi hanno mai parlato di un fratello gemello.
-Anche i miei- intervenne Andrea. -Mi avrebbero detto qualcosa e invece niente, assolutamente nulla.
-Eppure ci deve essere una spiegazione- disse Sara -perché convenite che è stranissimo! Se fosse stata la sola somiglianza, non ci avremmo più fatto caso, ma una voglia identica mi pare troppo!
-Dovremmo fare delle ricerche- disse Andrea con aria pensierosa. -Credo che l’unica persona cui potrei chiedere qualcosa sia mia madre. Domani le telefonerò e vi riferirò la sua reazione.
Si tuffarono, nuotarono e si divertirono, cercando di non pensare a quello che sembrava un vero mistero.
Ma l’indomani, quando si rividero, Andrea aveva un’aria stralunata e preoccupata.
-Ehi Andrea che c’è? Che novità?- s’affrettò a chiedere Sara.
-Quando ho detto a mia madre di Klaus, è rimasta taciturna, imbarazzata,
poi lentamente mi ha rivelato che io sono nato in provetta, grazie alla procreazione assistita che le ha praticato proprio un medico di Zurigo. Era dispiaciuta per non avermelo mai detto; credeva che non ce ne sarebbe mai stato bisogno. Comunque non sa spiegare la nostra somiglianza. Ha detto che potremmo andare a chiedere al dottore che le ha praticato la fecondazione, ma di cui non ricorda bene il cognome, perché era un cognome tedesco un po’ strano. L’unica cosa che ricorda con certezza è che portava sempre una sciarpa gialla.
-A Zurigo!- esclamò Klaus. -La mia città! Allora credo che dovremo cercare là quel dottore. Una sciarpa gialla. Bé, è sempre un indizio, anzi credo, l’unico indizio.
-Verrò anch’io. Non crederete di lasciarmi fuori da questo mistero d’ora in poi... - disse Sara.
I tre ragazzi, oltre a frequentare i masters, trascorsero i rimanenti giorni a Madrid uscendo sempre insieme. Continuarono ognuno a raccontare la propria vita passata, le proprie esperienze, i propri gusti musicali; andarono in tanti pub e visitarono i vari musei di quella splendida capitale. Parlarono delle proprie letture e Andrea e Klaus si accorsero che le loro preferenze erano identiche, infatti preferivano
entrambi i romanzi e i racconti gialli.
-Sono convinto che portiamo lo stesso tipo di mutande, ah ah ah- ironizzò Andrea.
La prima a partire fu Sara e Klaus l’invitò a Zurigo non appena anche lui fosse tornato: -Vi farò dormire a casa mia; i nonni ne saranno ben felici.
Così, circa quindici giorni dopo, Sarà udì una voce da Zurigo che le diceva: -Ehi, bellissima ragazza, quando mi vieni a trovare? Andrea tornerà tra due giorni e la prossima settimana sarà qui da me.
-Klaus! Ciao! Come va? Hai saputo nient’altro? Sì certo, verrò anch’io con Andrea.
-Qui tutto bene e ho continuato a studiare. No, non ho fatto nessuna ricerca. Aspetto voi. Come prevedevo quando ho detto ai nonni che sarete miei ospiti, si sono mostrati contenti di conoscervi.
-D’accordo, mi sentirò con Andrea e arriveremo insieme.
La settimana successiva, infatti, Klaus era alla stazione di Zurigo ad attendere gli amici. Li condusse nella propria casa e conobbero i suoi nonni, gente affabile e gentile. La casa era ampia e spaziosa, con varie camere da letto. Non ebbero neppure l’inconveniente della lingua tedesca poiché anche i signori Dolff parlavano un po’ l’italiano.
-Potrete restare quanto vorrete- disse la nonna, -a me fa piacere che mio nipote abbia dei nuovi amici e cucinerò volentieri per tutti- disse con il suo accento teutonico.
Sara ringraziò e volle affrontare subito il problema della somiglianza:
-Signora, si sarà accorta di quanto si somiglino Andrea e Klaus e saprà che hanno la medesima voglia sulla spalla destra. Com’è possibile, secondo lei, un fatto del genere?
-Cara Sara, mio nipote mi ha detto pure che sono nati lo stesso anno e lo stesso mese con qualche giorno di differenza. La cosa mi ha impressionato. Voglio dirvi a questo punto che mia nuora, la mamma di Klaus, è ricorsa alla procreazione assistita, ma non so altro. Dovreste cercare il suo ginecologo credo, solo lui potrà darvi qualche
spiegazione.
-Sì, mettiamoci alla ricerca di quel dottore- disse Andrea -dai Klaus, a chi possiamo rivolgerci per avere informazioni su un ginecologo che porta sempre una sciarpa gialla?
-Secondo me- rispose l’amico -potremmo chiedere all’Ordine dei medici di Zurigo.
-È vero! Sicuramente lì qualcuno lo conosce.
Infatti, si recarono all’ufficio dell’Ordine dove si ricordavano del dottor Gutthartad il cui particolare vezzo era quello d’indossare sempre una sciarpa gialla. Dissero che purtroppo era deceduto. Fornirono comunque ai ragazzi il suo indirizzo civico e il suo vecchio numero telefonico.
I ragazzi furono molto delusi, ma Klaus non volle abbandonare le ricerche e provò lo stesso a telefonare. Gli rispose la moglie del medico. Lui parlò in tedesco presentandosi e spiegando il motivo della sua telefonata. Quella lo informò della morte del marito, ma il ragazzo non si perse d’animo e insistette: -Signora, mi scusi, potrei venire a trovarla per chiederle delle informazioni? Sa, si tratta di vecchie notizie che potrebbero ancora esistere negli archivi di suon marito o di cui lei potrebbe essere al corrente.
-Io? No, non credo. Non credo di poterle essere d’aiuto signor Dolff.
-La prego signora, lei rappresenta l’unico legame che mi resta con suo marito.
-No signor Dolff. Non insista.
-Voglio insistere invece. Di che si preoccupa? Non sono un malfattore, glielo assicuro. Non mi dica di no, la prego, mi riceva.
-E invece no, glielo ripeto. Vivo sola e non ricevo mai nessuno. Buon giorno signor Dolff.
Klaus era rimasto interdetto e aveva guardato gli amici lasciando capire il suo fallimento.
Sara disse: -Non fa niente, coraggio, andremo lo stesso in quella casa.
-Ma come? Se non l’hai capito, ha detto che non mi riceve!- replicò.
-Proviamoci! Tanto provare non nuoce e non abbiamo nulla da perdere. Andremo a bussare e può darsi che, vedendo una ragazza, la signora abbassi la guardia e ci riceva.
Quel pomeriggio si recarono a casa della signora Gutthartad. Quando l’anziana signora aprì la porta d’ingresso, non si aspettava di vedere tre giovani: -Chi siete?- chiese spaventata e facendo l’atto di richiudere.
-Sono Klaus Dolff, signora, mi perdoni se mi presento da lei, ma vede, la cosa è troppo importante e riguarda anche questo mio amico. È Andrea Ferretti. La signorina invece è qui perché... perché... è la mia fidanzata-. Non trovò di meglio per giustificare la presenza di Sara.
La signora continuava a sembrare spaventata, ma guardava incuriosita prima Klaus e poi Andrea. Finalmente si decise ad accoglierli, sempre con fare guardingo.
-Ma voi due siete identici! Siete gemelli? Mi ricordate tanto una persona!- disse a un certo punto facendoli accomodare.
-No, non siamo gemelli- disse Klaus -ed è proprio questo il motivo che ci ha portato da lei. Non solo ci somigliamo in modo impressionante, ma guardi un po’ qui-. Così dicendo scoprì la spalla destra, indicando ad Andrea di fare altrettanto.
La signora restò esterrefatta, con gli occhi sgranati. Dopo un po’ esclamò: -Avete la stessa voglia! Ho già visto qualcosa del genere!
-Consideri- aggiunse Klaus -che mia madre si sottopose alla fecondazione
assistita per farmi nascere e che quell’intervento lo eseguì suo marito.
La signora Gutthartad stava annuendo, ormai tranquillizzata sulle intenzioni dei tre. Parlava in tedesco e Sara e Andrea dovevano sforzarsi per capirla.
-Io non sono la prima moglie del dottore, ero la sua infermiera - disse - lui si era ammalato di depressione dopo la perdita della moglie. Sono stata sua assistente per vent’anni e dopo volle sposarmi, credo, per avere anche chi lo aiutasse in casa. Ma la cosa che mi ha sconvolto appena vi ho visto è che somigliate proprio alla prima
signora Gutthartad.
-Cosa! Somigliamo alla prima moglie?- esclamò Klaus.
-Non solo, ma lei aveva la stessa voglia sulla spalla destra.
-Aveva la stessa voglia?- ripeté il ragazzo.
A questo punto i tre erano impalliditi. Klaus strabiliato disse: -Ma come si può spiegare un fatto del genere? Allora è come se fossimo figli di quella signora!
-Ricordo- continuò la Gutthartad -che rovistando tra le carte di mio marito, una volta trovai una busta sulla quale era raffigurato qualcosa a forma di foglia. Dentro vi era uno scritto che conteneva delle strane rivelazioni.
Klaus continuava a tradurre nel timore che gli amici non capissero ciò che lei raccontava. Poi disse in tedesco: -Signora, ci potrebbe mostrare una foto della prima moglie? E, per favore, potrebbe cercare quella busta?
-Sì certo, lo posso fare, ma dovrei guardare in cantina fra i suoi vecchi archivi.
-È noioso, lo so, e le chiedo troppo, ma si tratta solo di una foto e di una busta. La prego le cerchi. Noi aspetteremo pazientemente.
Volle accontentarli e si assentò per qualche tempo. Ritornò con una foto e una busta in mano. Le mostrò ai ragazzi che, appena videro la fotografia, rimasero allibiti. Infatti, mostrava una bella donna a bezzo busto i cui lineamenti erano molto simili ai loro. Aveva capelli bruni e folti, occhi neri da orientale e un sorriso dolce che
metteva in evidenza una dentatura perfetta.
Sara esclamò: -Porca miseria! Somigliate a questa donna!
Era un momento particolare e un silenzio carico di tensione era sceso nella stanza. I due ragazzi avevano la sensazione di vedere per la prima volta la loro madre naturale. Ma com’era possibile? Com’era potuto accadere tutto ciò? Erano venuti a conoscenza di un mistero inspiegabile, ma quella nuova consapevolezza li sconvolgeva.
Come diceva Sofocle: < Tante cose è meglio che restino nascoste, poiché la conoscenza è terribile quando non giova a chi la possiede>.
Andrea e Klaus continuavano a guardare la foto e poi si guardavano
a vicenda.
La busta recava un disegno che riproduceva proprio la loro stessa voglia. Non mancava che leggere il foglio contenuto che forse avrebbe potuto svelare il mistero.
Klaus e Andrea lo svolsero con la massima cautela e fu Klaus a leggere e tradurre simultaneamente: “ Sono disperato da quando mia moglie è morta. Avevamo tanto desiderato un figlio. Lei avrebbe fatto di tutto per averlo. L’amavo da morire, è sempre stata l’unico, grande amore della mia vita. L’avevo sottoposta al prelievo degli ovociti dalle ovaie e li tenevo conservati in laboratorio. Ora che il cancro me l’ha portata via, ho deciso di utilizzarli. Proprio in questi giorni si sono presentate da me due signore, una di Zurigo e un’altra di Milano. Hanno detto di avere
difficoltà di concepimento e quindi hanno voluto che intervenissi con la fecondazione in provetta. L’ho fatto, è stato un altro dei miei tanti interventi di procreazione assistita. Ma questa volta ho fatto una specie di scherzo alla natura. Sì, mi sento furioso contro il mondo intero per aver perso la mia adorata moglie. La farò sopravvivere grazie a quegli ovuli. Il liquido seminale mi appartiene, sono io il
donatore. Così i figli nati saranno anche miei. Le signore non ne sapranno mai nulla. D’altronde saranno loro che per nove mesi porteranno avanti la gravidanza e saranno ben felici di avere i loro bambini. Lo so che è un’idea pazza e disonesta. Ma ormai è cosa fatta e tutto è andato bene, il concepimento in vitro è avvenuto e gli ovuli si
sono perfettamente impiantati. Le signore si erano fatte prelevare i propri ovociti e credono che siano quelli fecondati e impiantati nel loro utero. Ma non è così e ne sono a conoscenza solo io. Comincio talora a provare vergogna per ciò che ho fatto. Forse me ne pento e credo che i sintomi della depressione siano iniziati da quel momento, ma non avevo fatto a tempo ad impiantare gli ovuli alla mia povera
moglie perché, dopo il prelievo, ha cominciato ad accusare i primi sintomi del male. Adesso mi sono vendicato del destino! Chissà se quelle creature somiglieranno a lei! Spero di sì. Mi piacerebbe che avessero la sua stessa voglia sulla spalla, i suoi stessi occhi dolci e il suo medesimo sorriso. Siamo stati tanti anni felici insieme e adesso
quel ricordo genera e acuisce la mia infelicità. Allora il pensiero che lei potrà sopravvivere in due esseri nati dai suoi ovuli mi consola”.
Il mistero era risolto. L’amore di un uomo aveva vinto sul tempo, ma aveva lasciato dietro sé un senso di sconcerto, d’amarezza e d’incertezza. I ragazzi erano stati generati da persone ignote. Nessuno avrebbe mai saputo se il dottor Gutthartad avesse più conosciuto i suoi figli.
Adesso l’unica consolazione per Andrea e Klaus era quella di sapersi fratelli.