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« il: Ottobre 05, 2014, 12:04:29 »
Vorrei chiederti com’è andata l’estate? Poi mi rendo conto che è una domanda stupida, banale, o meglio, troppo vasta, inafferrabile. L’estate è un microcosmo composto da mille conoscenze e incontri, o almeno da qualche occhiata fugace, nel peggiore dei casi. Eppure anche quelle occhiate lasciano qualcosa di indefinito, ma concreto. Io invece nella tua estate non ci sono stato, vorrei chiederti cosa hai fatto, cosa ti sarebbe piaciuto fare, cosa farai in futuro quando il cielo sarà quasi sempre grigio. Vorrei dirti che non ci sono stato, ma mi piacerebbe esserci, ora. Eppure l’insieme del tuo mondo, dello scorrere della tua vita in questi ultimi mesi mi bloccano dietro la tenda della mia timidezza. In realtà mi blocca l’insieme di tutto quello che hai vissuto, di tutto il tuo universo, perché non ti ho mai conosciuta. Come posso entrare nelle storie sedimentate da anni? Come posso trovare il coraggio di farmi largo dentro piccoli pertugi? Come non essere ridicolo, come, come?
Guardare quelli che ci sono già o che ci sono stati e che non vorrei mai conoscere, fantasmi nella mia mente, saranno in buona compagnia, ridere alle loro battute. Flusso di troppa coscienza, sconosciuto in una riunione di amici, attore che si presenta sul palco senza essere chiamato. Vorrei entrare piano, da una porta socchiusa, senza bussare, ma senza nemmeno spaventare e cominciare daccapo qualcosa di nuovo, senza timidezza, senza paura. Qualcosa di diverso da quello che c’è sempre stato e che, fino ad ora, ti ha fatto respirare.