Biografia Viktor Pelevin |
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Nato a Mosca nel 1962, studi di ingegneria aeronautica presto abbandonati, una passione per le filosofie orientali e la meditazione zen, Viktor Pelevin è oggi il più famoso e amato fra gli scrittori russi post-perestrojka. Il suo successo è enorme fra i giovani del suo Paese e con la pubblicazione in America è esploso in tutto il mondo.
Pelevin appartiene al filone della grande tradizione russa che risale a Gogol’ e a Dostoevskij, in cui le intuizioni metafisiche sul mistero dell’esistenza cozzano contro le grottesche banalità della vita reale. Ha preso in prestito da Tolstoj la dottrina dello "straniamento", nel tentativo di illuminare e riscattare la caoticità della vita quotidiana. Così il «New York Times»; ma Viktor Pelevin è stato avvicinato dai critici anche a Philip K. Dick, con cui ha in comune le atmosfere spesso incerte fra il sogno e la veglia, fra la realtà e un mondo virtuale, e alla scuola americana dell’avant-pop, per la rappresentazione visionaria e grottesca della moderna società iperconsumistica. C’è perfino chi ha ritrovato nella sua "satira esoterica" l’influenza dei metafisici-occultisti russi pre-rivoluzione d’Ottobre. "Se il tuo lavoro ricorda così tanti scrittori diversi", ribatte lui, "significa che o sei un compilatore – e io sono troppo pigro per esserlo – o in realtà non assomigli a nessuno e hai una voce assolutamente tua".
Pelevin, da parte sua, si tiene lontano dai riflettori, si rifugia di tanto in tanto in qualche monastero zen, snobba il mondo letterario ("Se vuoi scrivere libri, dai libri devi stare lontano il più possibile") e rifiuta il ruolo di portavoce politico o ideologico di una generazione.
Autore di numerose raccolte di racconti (in Italia è stato pubblicato Un problema di lupi mannari nella Russia centrale; ancora inedito, fra gli altri, Luce blu, che gli è valso nel 1993 il "Booker Prize" russo) e di romanzi: Omon Ra, la storia di un cosmonauta impegnato in una missione suicida nell’era sovietica della conquista dello spazio, in cui ai toni macabri e alle atmosfere inquietanti si mescola una straziante umanità; La vita degli insetti, ritratto spietato della Russia postsovietica e riflessione ironica e amara sull’esistenza umana attraverso una galleria di personaggi che sono al tempo stesso uomini d’affari e zanzare, bambini e scarabei, generali e formiche, giovani prostitute e mosche, intellettuali e falene; Babylon, racconto delle avventure, lisergiche e non, di un giovane copywriter in una Russia stravolta dall’irruzione del mercato di massa. Ce n’è abbastanza, insomma, per scatenare la fantasia dei recensori: lo slogan più azzeccato lo ha probabilmente coniato «Time», definendo Pelevin «un Nabokov psichedelico per l’era cibernetica».
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