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Biografia Fortunato Depero
Fortunato Depero
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Nato nel 1892 a Fondo, in Val di Non - all'epoca nell'Impero Austro-Ungarico - giovanissimo si trasferisce a Rovereto, in provincia di Trento, ove frequenta la Scuola Reale Elisabettina, istituto superiore ad indirizzo di arti applicate, in un ambiente mitteleuropeo in cui si innestano, in quegli anni, stimoli diversi, dalle istanze irredentiste agli echi della nascente rivoluzione futurista. Le prime esposizioni - disegni realisti e simbolisti - risalgono al 1911, al '13 il primo libro con poesie, liriche, pensieri, accompagnati da numerosi disegni. Tra dicembre e il febbraio del 1914 a Roma entra in contatto con il movimento futurista e partecipa all'Esposizione Libera Futurista Internazionale organizzata dalla Galleria Sprovieri. Rientrato in Trentino, alla notizia dello scoppio della 1ª guerra mondiale torna a Roma, ove diviene allievo prediletto di Balla, e viene ufficialmente ammesso nel gruppo dei pittori e degli scultori futuristi. Nel 1915 la sua sperimentazione sui "complessi plastici" confluisce nel manifesto Ricostruzione futurista dell'universo, firmato assieme a Balla, che proietta il Futurismo nella vita, oltre la pittura e la scultura, verso le arti applicate. Con l'entrata in guerra dell'Italia si arruola volontario. Al fronte scopre la differenza tra ideologia interventista e realtà della guerra: ammalato, viene esonerato dal servizio militare. Al rientro a Roma prepara una grande mostra che terrà nella primavera del 1916, anno intenso che lo vede concentrato soprattutto sul Teatro sperimentale, con vari progetti per una coreografia che prevede l'uso di costumi mobili, rumoristi e luminosi. Verso la fine dell'anno conosce Diaghilev, impresario dei Balletti Russi, che visita il suo studio e gli commissiona scene e costumi plastici per Il canto dell'usignolo con musiche di Stravinskij, e Il giardino zoologico di Cangiullo su musiche di Ravel, che non si realizzeranno. In quel periodo incontra anche il ballerino Massine, il poeta Cocteau e molti artisti, fra cui Picasso, Larionov e la Gontcharova. All'inizio del 1917 incontra Gilbert Clavel, decadente poeta svizzero con interessi esoterici. Per il suo libro, Un Istituto per Suicidi, realizza illustrazioni a metà tra futurismo ed espressionismo. Con Clavel a Capri progetta il "Teatro Plastico" nel quale attori e ballerini sono sostituiti da marionette di legno, con musiche di Malipiero, Tyrwhitt, Casella e Bartok (che si cela dietro lo pseudonimo di Chemenow). Durante il soggiorno caprese concepisce l'idea dei suoi famosi arazzi, audacissimi mosaici in stoffe colorate, nati forse anche per l'esigenza di riciclare i tessuti acquistati per realizzare i costumi de Il canto dell'usignolo. Nel febbraio del 1919 tiene una personale da Bragaglia, a Roma, quindi, dopo un soggiorno a Viareggio e la partecipazione all'importante mostra d'avanguardia al Kursaal (dove espone accanto a De Chirico, Carrà, Ferrazzi, e altri), è presente con gran numero di opere a Milano all'Esposizione Nazionale Futurista, alla Galleria Moretti di Palazzo Cova, dove Marinetti raduna il meglio dei futuristi superstiti e le giovani leve per rilanciare il "Futurismo del dopoguerra". Nella tarda primavera del 1919 ritorna a Rovereto, ancora distrutta dagli eventi bellici e, in quel clima di ricostruzione, fonda la sua Casa d'arte futurista, ove intende produrre arazzi, cartelli pubblicitari, mobili e suppellettili per decorare la nuova casa futurista. Sono di quel periodo quadri di grande suggestione, e di accento quasi metafisico, come Città meccanizzata dalle ombre e La casa del Mago che confermano l'atipicità della sua militanza futurista, più adesione agli ideali che agli stilemi del futurismo, e lo sviluppo di uno stile solo suo. Del 1920 sono le prime importanti commissioni per la Casa d'Arte, come i due grandi arazzi realizzati per Umberto Notari e una serie di cartelli pubblicitari di prodotti italiani promossi dalla Fiera Navigante nei porti del Mediterraneo. Nel gennaio del 1921, grande mostra personale a Palazzo Cova, Milano, poi trasferita da Bragaglia a Roma, dove nel settembre dello stesso anno, su incarico di Gino Gori, inizia i lavori di allestimento del Cabaret del Diavolo, sorta di bolgia dantesca frequentata da futuristi, dadaisti, anarchici ed artisti in genere per il quale realizza arredo e le decorazioni murali, ora perduti. Nel maggio è a Torino alla mostra futurista al Winter Club. Nel gennaio e febbraio del 1923 in occasione delle due famose Veglie futuriste di ridecora la Casa d'Arte di Rovereto, con la collaborazione, tra gli altri, di Carlo Belli, Fausto Melotti e Gino Pollini. Il 10 gennaio del 1924, nell'ambito della tournée del Nuovo Teatro Futurista, mette in scena al Trianon di Milano il balletto meccanico (o delle locomotive) titolato Anihccam del 3000 poi replicato in oltre venti città italiane. In quell'occasione realizza i suoi famosi panciotti futuristi indossati anche da Marinetti, Jannelli, Somenzi ed Azari. Al Iº Congresso Futurista tenuto a Milano offre al padre del futurismo il "ritratto psicologico" Marinetti temporale patriottico. Nel 1925 si tiene a Parigi l'Esposizione Internazionale di Arti Decorative, che consacrerà definitivamente l'Art Déco: qui rappresenta l'Italia insieme a Prampolini e a Balla. In dicembre rientra in Italia e, nel febbraio del 1926 partecipa alla Iª Mostra del Novecento a Milano, e quindi all'esposizione itinerante di Arte Italiana che tocca New York, Washington e Boston. All'Esposizione Internazionale del Teatro a New York, curata da Friedrich Kiesler, espone i suoi progetti per Stravinskij e quelli dei Balli Plastici. Infine, partecipa alla XV Biennale di Venezia con grandi opere di pittura e stoffe colorate. Nel 1927 si concentrano alcune importanti realizzazioni. Innanzitutto il famoso Depero futurista 1913-1927, altrimenti noto come "libro bullonato", ovvero un libro-oggetto ideato come sorta di autocelebrazione di quasi tre lustri di attività artistica nel Futurismo (1913-1927), con un'originale legatura ideata dall'amico futurista, ed editore del volume, Fedele Azari: niente colla e filo, ma due grossi bulloni che trapassano tutto il libro. Il testo è impresso su vari tipi di carta: sottile, grossa, bianca e di vari colori e impaginato con lettere di vari formati, parole e frasi che scorrono in varie direzioni - orizzontale, verticale, diagonale, ad angolo retto, in forma circolare o quadrata o triangolare, o in forme alfabetiche - con palesi intenti di rinnovamento dello strumento tipografico, investito di nuove valenze estetiche. Poi il Padiglione del Libro alla III Biennale di Arti Decorative tenuta a Monza nel 1927, realizzato in enormi, cubitali, forme tipografiche, e varie mostre, tra cui l'importante rassegna Trentaquattro pittori futuristi tenuta in dicembre alla Galleria Pesaro di Milano. Gli anni dal 1924 al 1928 sono i più intensi per quanto concerne lattività 'pubblicitaria, per ditte quali Bianchi, Linoleum, Pathé, Strega, Schering, Verzocchi, Presbitero, Maga, Vido, Banfi, e altre, ma soprattutto Campari, per cui realizza oltre cento celebri bozzetti. Nel settembre 1928 parte per New York, dove già in dicembre tiene una personale, seguita da molte altre nel 1929 e nel 1930. Realizza le ambientazioni del Ristorante Zucca e della sala da pranzo del Ristorante Enrico and Paglieri, studia soluzioni sceniche e costumi per il Roxy Theatre, costumi per il balletto American Sketches e coreografie in cui lascia il ballerino libero di piroettare sulla scena, vestito solo di un'aderente calzamaglia decorata con i suoi motivi futuristi. Lavora anche nel settore della pubblicità e dell'illustrazione realizzando copertine di riviste quali Vogue, Vanity Fair, Sparks, The New Yorker, New Auto Atlas, Atlantica ed altre. Mentre è negli Stati Uniti il suo nome compare tra i sottoscrittori del manifesto L'aeropittura futurista. Espone nel 1931 con il gruppo futurista alla I Quadriennale nazionale d'arte a Roma. Nello stesso anno pubblica il Numero Unico futurista Campari. Nel 1932 pubblica il Manifesto dell'arte pubblicitaria futurista e partecipa con una sala personale alla XVIII Biennale di Venezia, e in gruppo alla V Triennale di Milano. Nel 1933 pubblica a Rovereto, dove vive, la rivista Dinamo futurista e nel 1934 presso Morreale a Milano il volume Liriche radiofoniche. Nello stesso anno partecipa alla I Mostra di Plastica Murale a Genova e nel 1936 alla XX Biennale di Venezia. Dalla seconda metà degli anni Trenta, poco a poco si defila, ritirandosi sempre più nel suo Trentino: la pittura indulge spesso su tematiche alpine, recuperando il folclore locale e stemperando la tavolozza verso colori autunnali. Si dedica alle molteplici applicazioni del Buxus, un materiale che ricicla sottoprodotti di lavorazione, usato per impiallacciare i mobili, che ben si addice al periodo autarchico, con cui produce mobili, oggetti e pannelli decorativi. Realizza pubblicità per varie corporazioni e per il gruppo Enit, e nel 1940 pubblica una monumentale autobiografia, Fortunato Depero nelle opere e nella vita, in cui riassume quasi trent'anni di attività artistica. Nel 1941 esegue un grande mosaico a Roma in vista dell'esposizione E42. Si ritira poi nella quiete alpestre di Serrada sino alla conclusione del secondo conflitto mondiale, e là inizia a riorganizzare il suo materiale e a pensare concretamente al suo museo. Finita la guerra, come altri futuristi deve fare i conti con al sua adesione al fascismo. Dal 1947, per due anni, è di nuovo a New York, che però trova cambiata, ostile (il futurismo è ritenuto l'arte del fascismo). Riesce comunque a tenere due mostre personali e a diffondere "So I think So I paint", la traduzione in inglese dell'autobiografia del 1940. Tornato a Rovereto, lavora intensamente e pubblica nel 1950 il Manifesto della pittura e plastica nucleare. Nel 1951 partecipa alla IX Triennale di Milano con una sala personale e nel 1952 è nella sala dei maestri alla XXVI Biennale di Venezia. Realizza quindi il grande allestimento e l'arredo della sala del Consiglio Provinciale a Trento (1953-56). Nel 1955 partecipa alla VII Quadriennale romana e, l'anno seguente, avvia la realizzazione del suo museo, il primo futurista in assoluto, che viene inaugurato nell'agosto del 1959. Nello stesso anno è presente alla mostra commemorativa per il cinquantenario del primo manifesto futurista. Muore a Rovereto il 29 novembre 1960. La prima retrospettiva si svolge nel 1962 alla Galleria Toninelli di Milano, a cura di Guido Ballo; ne segue un'altra alla Galleria d'Arte Moderna di Villa Reale, sempre a Milano, a cura di Agnoldomenico Pica, nel 1966; poi alla Galleria Martano/Due, di Torino, a cura di Luigi Lambertini, nel 1969; al Museo Civico di Bassano del Grappa, a cura di Bruno Passamani, nel 1970; a Castel Mareccio di Bolzano, a cura di Enrico Crispolti, nel 1983; al Museo Depero di Rovereto, a cura di Maurizio Scudiero, nel 1986 e nel 1989. Negli ultimi anni (1990-2004) il Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto (Mart) ha tenuto una serie di mostre in Italia ed all'estero, sia antologiche, sia su aspetti particolari dell'opera dell'artista, che ne hanno veicolato ulteriormente il nome ed accresciuta la notorietà.

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