Potrebbe essere l'incubo di uno scrittore: finire rinchiuso per anni nello stesso carcere con un critico letterario. Un critico che per di più ti conosce e ti segue da sempre, e indovina il finale di tutti i tuoi gialli. In cella, al refettorio, in infermeria non ti dà tregua: cova propositi sinistri, vuole proporti una scommessa. Ti sfida a scrivere un giallo davanti a lui, convinto di poter indovinare anche così chi è l'assassino. La posta in gioco è altissima: la libertà. Difficile resistere e tu cedi: concepisci la storia, la scandisci sui tasti di una vecchia macchina da scrivere, subisci le continue interruzioni del critico. "L'ispettore non mi piace, lo preferisco meno impulsivo". "No, no, qui non si sogni di cavarsela con una sintesi, voglio gustarmi il dialogo battuta per battuta". Intanto Baby Evert, ragazza solare e coraggiosa, muore in circostanze misteriose, e nella famiglia del suo amante, sposatissimo finanziere cinquantenne, penetrano spifferi, esplodono uragani. Personaggi e storie invadono la cornice fin troppo tranquilla e silenziosa del carcere modello di Santa Vittoria. Già, ma cosa ci fanno in galera uno scrittore e un critico letterario? Hanno violato le leggi degli uomini o della letteratura? Un giallo matrioska che sferra il contropiede all'ultima riga. |