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Recensione Roberto Saviano

Roberto Saviano

Gomorra

Mi raccomando: se proprio proprio vi intestardite nel voler leggere “Gomorra” (Mondadori) di Roberto Saviano, fatelo a piccole dosi dopo cena.
Personalmente ve lo sconsiglio caldamente: trattasi di un libraccio che comincia con un container stracolmo di cadaveri cinesi e continua sino alla fine parlando di morti ammazzati, spazzatura, cementificazioni selvagge, campi concimati con compost ai metalli pesanti, mozzarelle ottenute dal latte di bufale pascolanti su quei campi e droga tagliata male sperimentata sulla pelle di visitors malcapitati tossicodipendenti.
Non leggetelo! Vi rovinerà le cene!
A meno che non abbiate voglia di mettere in moto il vostro cervello.
Io purtroppo l'ho letto e ve lo garantisco: da il voltastomaco!
Non prima di aver fatto girare quelli che gli uomini hanno attaccati al basso ventre e le donne non hanno.
Io un libro del genere non l'avrei mai e poi mai comprato. L'ho letto accidentalmente solo perché in queste vacanze di Natale me l'hanno regalato e, non avendo di meglio da fare, mi sono messo a leggerlo sicuro di riporlo sulla libreria dopo tre pagine e dimenticarlo insieme a una nutrita collezione di libri che ho cominciati e che non ho mai finiti di leggere.
Invece è successo un miracolo che non m'era mai successo prima con i libri di denuncia: l'ho letto fino alla fine e dopo averlo letto ho ingaggiato grandi discussioni sulla camorra con chiunque mi sia malcapitato a tiro.
Come si spiega questo, per me, arcano?
La verità è che Saviano è un genio di prim'ordine, tipo un Leonardo da Vinci che nel dipingere un quadro ne dipingeva almeno due in uno. Con la scusa di scrivere un libro sulla camorra e sui suoi morti ammazzati ha in realtà scritto tre o quattro libri in uno. Il libro scritto nero su bianco parla di camorra e morti ammazzati, un libro sottinteso parla del nostro sistema politico, un altro libro sospeso nell'etere parla del nostro sistema di informazione ed un altro ancora parla di istituzioni inefficaci. Insomma, si legge una parola scritta che parla di criminalità e violenze inaudite ma il cervello si attiva full time sull'intero nostro sistema economico, politico, mediatico ed istituzionale. Ecco spiegato l'arcano: non ho fatto in tempo ad annoiarmi col déjà vu o col solito folklore nostrano ed è andata a finire che mi sono letto tutto il libro per intero. Il libro sembra una cronaca approfondita sulla camorra ma in realtà non racconta la cronaca camorristica: la spiega. Racconta la cronaca ma ne spiega i meccanismi, la psicologia, i contorni e le implicazioni sull'intera società nazionale e persino internazionale. Quando non mette le cose nero su bianco ti induce a pensarle. Riguardo alla camorra è una cosa mai successa prima in Italia. Spesso Saviano spiega la camorra senza scrivere alcuna spiegazione. Per farlo usa il trucco che solo i bravi scrittori sanno usare: scrive nella piena fiducia dell'intelligenza e dell'immaginazione del lettore. Insomma Saviano ha saputo scrivere un libro mettendo in pratica l'abilità di saper accendere il cervello del lettore e mantenerlo acceso. Notoriamente un qualsiasi buon libro, per essere tale, non si fa leggere passivamente ma innesca l'immaginario e la partecipazione sensoriale e intellettiva del lettore. E in questa abilità Saviano si dimostra un campione di prim'ordine, quindi il libro piace anche perché non si rivolge a un substrato amorfo, passivo o naive, come spesso accade con i libri noiosi.
Vediamo un po' di cronaca spicciola scegliendo fra quella più pacifica e quieta nell'ordinaria e folle routine partenopea presentataci dai media come mero folklore:
Vincenzo Esposito fu ucciso nel 1997 a 21 anni nel rione Monterosa. Era andato con la moto in quel posto per chiedere ai ragazzi come mai il giorno prima avevano maltrattato alcuni suoi amici. Vincenzo si presentò sul posto senza togliersi il casco: lo scambiarono per un killer e lo ammazzarono senza pietà come giustamente si fa laddove prima si spara e poi si ragiona.
Un errore, dunque.
Spiacevole?
Macché!
Tragico!
Vincenzo non era mica uno qualunque!
Vincenzo era “o principino”! Vincenzo era il nipote prediletto dei sovrani Licciardi da Secondigliano!
Quando gli esecutori se ne accorsero avrebbero voluto ammazzarsi subito da soli senza allungare la propria agonia in attesa di essere ammazzati da altri.
Nel giro di pochi giorni morirono 14 persone, coinvolte a vario titolo nella morte del principino.
Gennaro Licciardi, detto “a scigna” (la scimmia), fece poi compilare la lista degli altri responsabili di quel tragico errore e la fece affiggere sulla facciata della chiesa della Resurrezione. Chi doveva morire doveva cominciare a tremare subito. Non solo. Chi doveva morire avrebbe fatto meglio a issarsi sul patibolo da solo, evitando così inutili ritorsioni sui suoi familiari innocenti. Inoltre i familiari innocenti avrebbero fatto meglio a consegnare il loro inutile morto vivente prima di diventare colpevoli loro stessi e subirne le efferate conseguenze.
La mattanza continuò sulla base della lista della resurrezione, ma non solo.
Facciamola breve facendo qualche nome scelto fra gli ultimi a morire: Modestino Bosco, 35 anni, lo massacrarono in un garage. Pochi giorni dopo uccisero Bruno Mancini, pregiudicato vicino al clan Di Lauro. Poche ore dopo fu il turno di Alfonso Pezzella, 56 anni, falegname. Aveva deciso di interrompere il pagamento dei debiti d'usura. Poi un ennesimo innocente fu ammazzato per una rapina: l'edicolante Salvatore Buglione, 51 anni.
Cronaca di ordinaria follia, in parte già nota a chi nel corso degli anni ha avuto la capacità e la pazienza di collegare i vari omicidi e le varie stragi invece di vederli come episodi sporadici che avvengono accidentalmente un giorno sì e l'altro pure. Su questo fronte Saviano fa un lavoro per chi non l'avesse già fatto per conto suo.
Per il resto la vita a Napoli scorreva tranquilla come al solito: scippi, rapine, estorsioni, scazzottate, vetrine mitragliate per testare la qualità dei Kalashnikov, qualche spuria coltellata, spaccio di droga, turisti con Rolex quotati bene su e-bay, usura, turisti americani che si oppongono allo scippo riuscendo a bloccare lo scippatore ma venendo poi malmenati dalla popolazione accorsa a liberare il malcapitato scippatore e tenere lontane le macchine di carabinieri e polizia. Quanto sopra più che nel libro è meglio descritto in un articolo di Saviano pubblicato su L'Espresso. Saviano non lo dice mai, né nel libro e né nell'articolo che ho citato, ma ci costringe violentemente a pensarlo: il territorio campano è un vero Eden ben gestito dal governatore della Campania, dal sindaco di Napoli e dal presidente della Provincia. Un trio uno e trino insediato su delle poltrone rese immacolate dal voto popolare comprato. Un trio malato diventato sano poiché scelto da un popolo malato. Un popolo malato diventato sano scegliendosi un trio malato. Squillino le trombe, trombino le squillo, ora pro nobis, amen.
Un'altra cosa che Saviano non scrive ma ci costringe a pensare è che, grazie a San Gennaro, a Napoli non si tocca mai il fondo dell'abisso: tutte le volte che si sta per toccare il fondo di un abisso si apre una botola sotto la quale c'è un altro abisso il cui fondo è dotato di un'altra botola che si apre da sola per attraversare un altro abisso ancora più in fondo. Insomma: il fondo del fondo non si tocca mai. Si trova sempre un'altra botola di salvezza che si apre automaticamente impedendo che la caduta per gravità faccia spiaccicare l'intera società partenopea sull' ultimo fondo. A volte è un fondo nazionale, a volte è un fondo comunale, altre volte è un fondo europeo e altre volte è un fondo provinciale. C'è una miriade di fondi che si avvicendano, si intersecano e si interscambiano. Una serie di fondi che si chiudono solo se se ne apre un altro. A Napoli un fondo che si apre alla bisogna si trova sempre, quindi nessuno si fa mai veramente del male come Dio comanda. Sempre grazie a San Gennaro, ma, occorre riconoscerlo, anche grazie a qualche commissario straordinario che, abbi pietà santissimo San Gennaro, fa il miracolo di istituzionalizzare l'emergenza trasformandola in emergenza vita natural durante con grande sfoggio di pecunia pubblica ben distribuita in giuste mani pigliatutto.
Siamo al 2008 e per fortuna il percorso è migliorato da quel remoto 1996 del leggendario 'Pippotto', detto ''o terrore', che appena quattordicenne faceva decine di rapine in un'ora e migliorava le sue performances sniffando costosissima coca. Oggi siamo molto più avanti; abbiamo fatto grandi progressi. Infatti oggi la coca a Napoli ha raggiunto prezzi bassissimi, si trova anche a 10 euro a dose ed è il carburante migliore per mantenere alte le performances nella dedizione totale al furto, alla rapina, allo scippo, all'estorsione, all'usura, allo spaccio, al cazzotto e al coltello. Quando necessario la performance alta rende pronti anche all'omicidio, perché no? Di un morto in più o in meno in un territorio che vede centinaia di morti ammazzati ogni anno non se ne accorge nessuno. Cocaina a basso prezzo. Efficienza per tutti a basso prezzo sotto forma di polverina bianca, in grado di non far sentire la stanchezza. Infatti poco tempo fa un ragazzo di vent'anni in un'ora ha scippato quattro donne, tra cui una disabile. Una nuova leggenda? No! Oggi è la normalità. Grazie alla coca, si capisce!
Ma prima di Saviano cosa sapevamo della Camorra?
Non sapevamo nulla.
Al massimo ci raggiungeva qualche nota di folklore.
Quasi quasi sto pensando che forse è meglio se leggete il libro. Non per niente! Scusate! E' che se non avete letto il suo libro continuerete a non sapere nulla della camorra. Fatelo dopo cena, ma leggetelo. Scusate se di colpo ho cambiato idea. Scrivendo questa recensione mi sto convincendo che la camorra conviene comunque conoscerla anche se disturba la digestione. Se non sapete nulla della camorra non sapete nulla manco dell'Italia.
Non avete voglia di leggervi sto libro di Roberto Saviano?
Pazienza.
Non avete soldi per comprarlo?
Maledizione!
Beh, va bene, ma leggetevi almeno, questo suo reportage gratis:
http://espresso.repubblica.it/dettaglio/Inferno-napoletano/1378147//0
Ma torniamo al libro:
"Gomorra" è un mix tra romanzo e reportage giornalistico. Se siete di stomaco delicato fatevi forza perchè "Gomorra" parla anche di una grande emergenza rimossa: la camorra. Infatti non è solo per le allucinanti efferatezze che viene il voltastomaco. Se i media nazionali l'hanno rimossa non è un caso! Per gli stomaci delicati la camorra non fa e non deve fare notizia. Agli stomaci delicati, educati e per bene, è meglio non far sapere cosa è la camorra. Per questi stomaci è bene creare un enorme vuoto informativo che azzera il fenomeno. Basta far passare in sordina che la camorra fa più morti della mafia e di molte altre guerre. D'altra parte la camorra oggi ci mette del suo per non farsi scoprire e quindi per non disturbare gli stomaci sensibili. Oggi la camorra non ripete l'errore di ammazzare dei giornalisti come faceva negli anni '80. Così si evitano troppe luci su un'organizzazione criminal-militare elevata a Sistema, a impero finanziario-imprenditoriale illegale, con le mani sullo smaltimento dei rifiuti, delle costruzioni, della droga dell'usura e dell'alta moda. Al Sud come al Nord. Più evoluta, più moderna e più raffinata della mafia. Con doppie, triple e quadruple connivenze con il sistema politico e imprenditoriale "legale". Queste cose le dico io, non le dice Saviano nel suo libro. Chiedo scusa per la crudezza. Agli stomaci delicati, si capisce! A quelli ben serviti da Rai, Mediaset, La Repubblica, Il corriere della Sera, La Stampa, Il Messaggero. Insomma chiedo scusa per la crudezza a tutti quelli ben serviti con i guanti bianchi dal grande e diffuso circuito mediatico e informativo nazional-popolare istituzionale.
Possono gli stomaci sensibili venire a sapere che la camorra è incoffessabilmente una grande risorsa per il Paese? (Sono sempre io che ciancio, sebbene indotto Saviano). Certo che no! Infatti i media che contano non ce lo fanno sapere. I media parlano di qualcuno sparato oggi e di qualcuno sparato pure domani. Una cosa endemica e quasi folkloristica con la quale siamo oramai abituati a convivere e verso la quale siamo oramai diventati immuni. Nessun disturbo grave. Una cosa noiosa che ci tocca sopportare con fastidio quando la sera ceniamo e la TV del soggiorno trasmette il TG1. E magari stiamo cenando con una saporita mozzarella di bufala campana che ha pascolato su prati concimati col compost a base di Mercurio, Piombo, Nikel, Cadmio, Stagno, diossina, ceneri volatili, Zinco, Rame, atrazina, morchie da vernici, Cromo e Arsenico. Tutta roba salutare. Roba DOC proveniente dalle fabbriche del Nord che fanno affari d'oro con la camorra dei rifiuti. Tutta roba che, per non fare un torto a nessuno, ritorna poi sulle tavole del Nord sotto forma di mozzarella di bufala campana. Mozzarella di bufala che i clan camorristici campani usano per ripulire fiumi di denaro sporco. Di fronte a questo roseo panorama si capisce come mai Il Corriere della sera reputi il problema criminalità in Campania un mero folklore, una materia poco elegante con la quale il più autorevole quotidiano italiano non ci si sporca le mani. Tanto meno Rai e Mediaset. Sporadicamente La Repubblica e L'Espresso si ricordano di essere dei giornali.
In “Gomorra” Saviano racconta anche il maxi-processo Spartacus, il più grande processo contro la criminalità organizzata degli ultimi 10 anni, svoltosi nell'indifferenza più totale dei nostri media caserecci. Giustamente, per carità! Il processo si è concluso nel settembre 2005. Nel giorno del verdetto il tribunale di S. Maria Capua a Vetere si è trasformato in un gigantesco bunker con 200 tra poliziotti e carabinieri, con addirittura dei cani anti bomba ed elicotteri di sorveglianza. Ma, sempre giustamente e sempre per delicatezza verso gli stomaci degli italiani, nessuna troupe televisiva Rai o Mediaset, nessun corrispondente dei quotidiani nazionali. Dell'importanza del processo si accorgono solo le emittenti estere. D'altronde in Italia la camorra comanda tutto e tutti, politici e giornalisti compresi. Teniamo tutti famiglia e la camorra si preoccupa amorevolmente della sensibilità degli stomaci degli italiani, che non digeriscono la camorra ma digeriscono la sua mozzarella condita con i più bei veleni del Nord. Il potentissimo clan dei casalesi, ossia gli imputati del processo Spartacus, ama il silenzio e non ama disturbare la cena degli italiani.
Poi, dulcis in fundo, last but not least, c'è una considerazione che nessuno dovrà mai e poi mai arrivare a poter fare: che l'Italia sia una Repubblica fondata sulla camorra piuttosto che sul lavoro! Se la facessimo ci vergogneremmo di essere italiani. Non solo! Che figura ci faremmo col resto del mondo se il mondo sapesse che il famigerato fiore all'occhiello dell'Italia, ossia il famigerato made in Italy, campa floridamente sull'operato di una camorra che ha portato la Cina in Campania ed il Katangamenistan in Puglia affinchè le nostre grandi griffes possano produrre per due lire in Campania e Puglia piuttosto che nella Cina e nel Katangamenistan originali? Certamente ci vergogneremmo! Quindi noi non abbiamo nessuna camorra. Hanno ragione Il Corriere della Sera, La Repubblica, Rai e Mediaset. Mai e poi mai si può pensare che l'Italia sia una Repubblica fondata sulla camorra! Non abbiamo eserciti di professionisti di altissimo livello nel ramo del taglio e del cucito pagati quattrocento euro al mese in Campania e Puglia. Stiamoci zitti zitti e nascondiamo in casa nostra i panni sporchi e il fatto che abbiamo la Cina in Campania e il Katangamenistan in Puglia. Cina e Katangamenistan italiani che fanno marciare l'intero paese e sono quel sommerso che tranquillizzava l'uomo di Arcore ieri e sicuramente tranquillizza l'uomo di Bologna oggi. Oh! Non scherziamo col fuoco! Sulla camorra fiorisce una grossa fetta del PIL nazionale (è sempre la mia boccaccia che parla sotto l'influsso mefistofelico di Saviano. Davvero un terribile suggeritore! Un vero diavolo!). Sì, dev'essere così! La camorra tranquillizza anche l'uomo di Bologna. Non si spiegherebbe altrimenti come mai il grande circuito informativo nazional-popolare continua a nascondercela. Cribbio! Gli volete dare si o no un esercito armato fino ai denti alla Milena Gabanelli affinché faccia quello che una delle rare giornaliste italiane vorrebbe fare?
Boni! State boni!
E' giusto, non si discute! Meglio starcene zitti zitti nella nostra casetta protetta amorevolmente da mamma Rai, con addomesticamento e papagna incorporati. Possiamo noi dire che siamo un paese che basa parte delle sue fortune sulle bande criminali? E che siamo diventati? L'Afghanistan dell'oppio? O la Colombia della coca? Non se ne parla proprio! E infatti non se ne parlava; fintanto non è comparso sulla scena un ragazzo campano laureato in filosofia che s'è messo in testa che la parola serve a qualcosa. Errore! Serve solo a rovinarci la cena! Prima che lui ci rovinasse la cena eravamo più contenti, spensierati e felici! Avevamo una dignità e un orgoglio. Datemi una zattera! Mare! Portami via, mare! Voglio imbarcarmi per andare ad approdare su lidi lontani! Anzi, aspetta! No! Meglio scegliere quella nave in attesa di salpare, carica di eserciti pronti a sconfiggere la camorra e il suo soylent green!
Roberto Saviano: un grande che a 26 anni aveva già vissuto più della stragrande maggioranza di noi altri comuni mortali e ha deciso di darcene un'ampia prova scrivendo “Gomorra”.
Noi invece, da bravi cittadini, pagheremo sempre il canone Rai e metteremo i soldi nella banca online dell'uomo nero, eseguendo le sue volontà impartiteci magistralmente via etere, via cavo, via carta stampata, via internet e via in cerca di una boccata d'aria fresca senza dovergli versare un obolo per ogni battito di ciglia che facciamo, compreso l'acquisto di “Gomorra”. Cribbio!
E stai buono! Miseria! Un po' di dignità, please!
Saviano ha tentato di annullarci mostrandoci un'Italia che tutti i media nazionali tentano con ogni mezzo di nasconderci per non ammazzarci tutti quanti in un delirio inflazionistico di disamore per il nostro paese. Lo dichiaro colpevole in primo grado.
Caro Roberto, sei formalmente sospettato d'aver tentato di amazzarci tutti quanti come italiani! Sappi che ti è andata buca ed hai sortito l'effetto opposto. Sia chiaro! Siamo saliti sulla nave contro la camorra esattamente come quel Papillon che buttò in mare un sacco pieno di noci di cocco, ci salì sopra scegliendo l'onda giusta, e scappò via mare dalla Guyana francese per andare a scrivere un libro di successo.
Se altro non potremo fare contro la camorra, perlomeno parleremo o scriveremo usando parole. Parole di pietra.
Caro Roberto, col tuo libro ci hai messi in cella di isolamento per due giorni e siamo sopravvissuti solo nutrendoci di cimici, esattamente come Papillon nella Guyana francese, ma ti è andata buca: siamo ancora vivi. Siamo più vivi di prima e lanciamo un inno alla vita esattamente come fece Steve McQueen non appena salì sulla zattera che lo riportò verso la vita.

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